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Comunicato del Garante Citti: Il Comune di Trieste continua a negare pari dignità sociale alle coppie omosessuali che intendono costituire un’ unione civile.

Il Garante regionale per le persone a rischio di discriminazione esprime forti perplessità sulla recente deliberazione della Giunta comunale di Trieste (n. 719 del 29 dicembre 2016), con la quale viene confermata la decisione dell’Amministrazione comunale di  mantenere distinte e separate le sedi  per la celebrazione dei matrimoni civili,  rispetto a quella messa a disposizione per la costituzione delle unioni civili, così come di individuare   nuove sedi aggiuntive per la celebrazione dei soli matrimoni civili.

Il Garante regionale per le persone a rischio di discriminazione ritiene che tale delibera, al pari di  quella precedente (n. 453 del 22.09.2016), sia discriminatoria ed illegittima, in quanto in palese violazione della clausola generale di equivalenza di cui al comma 20 dell’art. 1 della legge n.76/2016 per cui alle unioni civili devono essere estese tutte le leggi e i provvedimenti amministrativi (e dunque anche quelli comunali) in materia di matrimonio. Al fine di adeguarsi alla norma di legge nazionale, il  Comune di Trieste dovrebbe  semplicemente estendere anche alla costituzione delle unioni civili le norme previste dall’apposito regolamento comunale per la celebrazione dei matrimoni civili e relative deliberazioni giuntali relative a sedi e tariffario. Ugualmente, a parere del  Garante, non appare  giuridicamente fondato  il  trattamento differenziato operato dall’Amministrazione comunale in termini di esercizio del potere di delega da parte del Sindaco ex  art. 1 comma 3 D.P.R. n. 396/2000 per l’identificazione dei soggetti abilitati alla celebrazione del matrimonio rispetto a quelli abilitati alla costituzione delle unioni civili.  Con riferimento a prassi e decisioni amministrative analoghe a quelle triestine, rispettivamente del Comune di  Padova ( Veneto) e di quello di Stezzano (Lombardia),  la giustizia amministrativa ha recentemente riconosciuto che la sostanziale parificazione della nozione di coniuge con quella di persone unita civilmente, tanto negli aspetti dei rapporti personali che patrimoniali e successori, pur nella distinzione dei relativi e specifici istituti, fa sì che la richiamata  ‘clausola di equivalenza’ deve estendersi anche al momento costituivo del vincolo, obbligando dunque  il  Comune ad assicurare la   costituzione dell’unione civile  in maniera non difforme  rispetto a quanto previsto per la celebrazione del matrimonio quanto a sedi, tariffe e soggetti abilitati e delegati alla celebrazione (si veda TAR Lombardia, sezione di Brescia, sentenza 29 dicembre 2016; TAR Veneto, sez. I ordinanza cautelare 7 dicembre 2016).

Il Garante regionale, pertanto, esprime amarezza per il perpetuarsi sull’argomento di provvedimenti da parte del  Comune di Trieste che oltre ad apparire sempre più palesemente illegittimi alla luce dei recenti pronunciamenti giurisprudenziali dei diversi TAR, sembrano veicolare un messaggio discriminatorio contrario al principio fondamentale di pari  dignità sociale delle persone a prescindere dal loro orientamento sessuale.