Citt: motivi parziale condivisione legge mobbing
(ACON) Trieste, 23 mar - COM/AB - Combattere il mobbing rientra
certamente nella cultura del rispetto dei diritti della persona e
della tutela della sua integrità psicofisica. L'Italia è in
ritardo rispetto agli altri Paesi europei e quindi la proposta di
legge approvata ieri dal Consiglio non può che essere apprezzata.
La mancata piena condivisione del gruppo dei Cittadini per il
Presidente nasce però dal fatto che l'unica vera arma a
disposizione contro il mobbing è la prevenzione e, nell'ambito
dell'informazione, la necessità di far emergere un sentimento di
condanna sociale nei confronti degli autori di queste azioni,
piuttosto che alimentare aspettative altrettanto difficilmente
governabili nei lavoratori presunti 'mobbizzati' attraverso il
proliferare di centri d'ascolto autonomamente gestiti.
Il riconoscimento del mobbing come malattia professionale spetta
alle Aziende sanitarie e rende obbligatoria la denuncia e
l'obbligo di accertamenti d'ufficio per la ricerca degli
eventuali responsabili. Questo si traduce nella apertura di
numerose pratiche che andando a ingolfare in maniera
indiscriminata strutture già sovraccariche non potranno garantire
risposte adeguate.
Per i Cittadini sarebbe più utile finanziare progetti che
privilegino l'aspetto dell'informazione e della formazione
contribuendo a mettere in atto politiche di prevenzione vere e
proprie coinvolgendo i lavoratori, i datori di lavoro e le loro
associazioni utilizzando, però, gli strumenti istituzionali già
esistenti evidenziando i referenti di una rete di prevenzione e
valorizzandone le competenze.
Non saranno perciò gli sportelli o i centri d'ascolto a risolvere
il problema. Se da un lato saranno essenziali per farlo emergere,
dall'altro, potrebbero avere un effetto devastante nel momento in
cui non si saranno individuati strumenti e competenze per
risolvere il problema. Anche perché siamo convinti - concludono
Maria Teresa Bassa Poropat, Piero Colussi, Uberto Fortuna Drossi
e Maurizio Paselli - che il problema non possa essere risolto
attraverso una legge spot che non prevede finanziamenti adeguati,
ma solo all'interno di una legge quadro in materia di lavoro che
in maniera organica affronti il tema della tutela della salute e
della sicurezza negli ambienti lavorativi.