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Citt: motivi parziale condivisione legge mobbing

23.03.2005
16:07
(ACON) Trieste, 23 mar - COM/AB - Combattere il mobbing rientra certamente nella cultura del rispetto dei diritti della persona e della tutela della sua integrità psicofisica. L'Italia è in ritardo rispetto agli altri Paesi europei e quindi la proposta di legge approvata ieri dal Consiglio non può che essere apprezzata. La mancata piena condivisione del gruppo dei Cittadini per il Presidente nasce però dal fatto che l'unica vera arma a disposizione contro il mobbing è la prevenzione e, nell'ambito dell'informazione, la necessità di far emergere un sentimento di condanna sociale nei confronti degli autori di queste azioni, piuttosto che alimentare aspettative altrettanto difficilmente governabili nei lavoratori presunti 'mobbizzati' attraverso il proliferare di centri d'ascolto autonomamente gestiti.

Il riconoscimento del mobbing come malattia professionale spetta alle Aziende sanitarie e rende obbligatoria la denuncia e l'obbligo di accertamenti d'ufficio per la ricerca degli eventuali responsabili. Questo si traduce nella apertura di numerose pratiche che andando a ingolfare in maniera indiscriminata strutture già sovraccariche non potranno garantire risposte adeguate.

Per i Cittadini sarebbe più utile finanziare progetti che privilegino l'aspetto dell'informazione e della formazione contribuendo a mettere in atto politiche di prevenzione vere e proprie coinvolgendo i lavoratori, i datori di lavoro e le loro associazioni utilizzando, però, gli strumenti istituzionali già esistenti evidenziando i referenti di una rete di prevenzione e valorizzandone le competenze.

Non saranno perciò gli sportelli o i centri d'ascolto a risolvere il problema. Se da un lato saranno essenziali per farlo emergere, dall'altro, potrebbero avere un effetto devastante nel momento in cui non si saranno individuati strumenti e competenze per risolvere il problema. Anche perché siamo convinti - concludono Maria Teresa Bassa Poropat, Piero Colussi, Uberto Fortuna Drossi e Maurizio Paselli - che il problema non possa essere risolto attraverso una legge spot che non prevede finanziamenti adeguati, ma solo all'interno di una legge quadro in materia di lavoro che in maniera organica affronti il tema della tutela della salute e della sicurezza negli ambienti lavorativi.