Tutore minori: Milanese su strutture accoglienza a Trieste
(ACON) Trieste, 15 lug - COM/AB - La notizia apparsa nei giorni
scorsi relativa al fatto che il Comune di Trieste intende
modificare radicalmente il proprio impegno nella struttura di
accoglienza per minori, non è una buona notizia.
Ad affermarlo è Francesco Milanese, Tutore pubblico dei minori
della Regione, che aggiunge:
I sindacati denunciano la volontà di chiudere le comunità,
l'Amministrazione locale, invece, dice che si tratta di chiudere
per riaprire preferendo l'accoglienza nel segmento mamma bambino.
Di fatto, si tratta di una scelta estremamente grave, che da
qualsiasi parte la si voglia guardare corrisponde a un
arretramento del Comune e a un suo riposizionamento nell'impegno
dei servizi di accoglienza.
Il Comune di Trieste è, e mi auguro di poter dire, resta, l'unico
Comune della nostra Regione ad avere Comunità pubbliche di
accoglienza dei minori fuori dalla famiglia. E' un Comune in cui
la tradizione di un impegno pubblico a favore dell'infanzia e
dell'adolescenza ha radici lontane, ma non per questo ha impedito
il sorgere di realtà anche private di eccellenza. A Trieste vi è
l'unico ospedale infantile regionale, a Trieste ci sono società
sportive, associazioni giovanili, comunità di accoglienza, a
Trieste c'erano, come detto, le uniche comunità pubbliche per
minori.
Questo, del ruolo pubblico dell'Amministrazione locale - aggiunge
Milanese - può rappresentare un modello virtuoso di integrazione
tra pubblico e privato in un settore nevralgico della tutela dei
cittadini così indeboliti da precoci esperienze di incuria,
maltrattamento, abbandono. Quella a cui ci si trova di fronte non
pare dunque una scelta tecnica, ma più chiaramente una scelta
politica e che pare coerentemente perseguita anche in altri
settori delle politiche di accoglienza dei minori.
Ridurre il ruolo dell'ente locale a una pura regia, senza
l'azione di governo dei servizi stessi, significa anche ridurre
l'intervento del Comune a un mero ruolo economico-finanziario.
Anche qui, una certa miopia si manifesta perché si valuta la
spesa sociale per i minori come un costo, mentre dovrebbe
chiaramente essere considerata un investimento che si capitalizza
solo nel medio periodo con il miglioramento dei presidi di
prevenzione del disagio adulto e della cronicizzazione della
precarietà sociale.
Pare, infine, grave la scelta di preferire l'accoglienza madre
bambino a quella esclusivamente rivolta ai più piccoli, in quanto
corrisponde a un arretramento dell'azione del Comune verso quei
bambini che per ragioni serissime non possono vivere in famiglia
e dunque necessitano di una accoglienza più forte, di una
protezione maggiore, di un ruolo pubblico di tutela che non può
essere progressivamente smantellato con pretestuose ragioni di
bilancio.
In tal senso - conclude Milanese - l'azione del Comune di
promuovere l'affido familiare e le famiglie professionali pare
corrispondere all'uso strumentale della solidarietà che le
famiglie sanno comunque esercitare a copertura di un disimpegno
da un segmento strategico dal percorso di protezione, tutela e
riabilitazione dei bambini più deboli.
Non corrisponde a questo il senso, né la lettera della
Convenzione Internazionale di New York sui diritti dei fanciulli,
che chiede alle pubbliche autorità di farsi carico
prioritariamente dell'interesse del minore qualsiasi decisione
stiamo prendendo.