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Tutore minori: Milanese su strutture accoglienza a Trieste

15.07.2005
11:29
(ACON) Trieste, 15 lug - COM/AB - La notizia apparsa nei giorni scorsi relativa al fatto che il Comune di Trieste intende modificare radicalmente il proprio impegno nella struttura di accoglienza per minori, non è una buona notizia.

Ad affermarlo è Francesco Milanese, Tutore pubblico dei minori della Regione, che aggiunge:

I sindacati denunciano la volontà di chiudere le comunità, l'Amministrazione locale, invece, dice che si tratta di chiudere per riaprire preferendo l'accoglienza nel segmento mamma bambino. Di fatto, si tratta di una scelta estremamente grave, che da qualsiasi parte la si voglia guardare corrisponde a un arretramento del Comune e a un suo riposizionamento nell'impegno dei servizi di accoglienza.

Il Comune di Trieste è, e mi auguro di poter dire, resta, l'unico Comune della nostra Regione ad avere Comunità pubbliche di accoglienza dei minori fuori dalla famiglia. E' un Comune in cui la tradizione di un impegno pubblico a favore dell'infanzia e dell'adolescenza ha radici lontane, ma non per questo ha impedito il sorgere di realtà anche private di eccellenza. A Trieste vi è l'unico ospedale infantile regionale, a Trieste ci sono società sportive, associazioni giovanili, comunità di accoglienza, a Trieste c'erano, come detto, le uniche comunità pubbliche per minori.

Questo, del ruolo pubblico dell'Amministrazione locale - aggiunge Milanese - può rappresentare un modello virtuoso di integrazione tra pubblico e privato in un settore nevralgico della tutela dei cittadini così indeboliti da precoci esperienze di incuria, maltrattamento, abbandono. Quella a cui ci si trova di fronte non pare dunque una scelta tecnica, ma più chiaramente una scelta politica e che pare coerentemente perseguita anche in altri settori delle politiche di accoglienza dei minori.

Ridurre il ruolo dell'ente locale a una pura regia, senza l'azione di governo dei servizi stessi, significa anche ridurre l'intervento del Comune a un mero ruolo economico-finanziario. Anche qui, una certa miopia si manifesta perché si valuta la spesa sociale per i minori come un costo, mentre dovrebbe chiaramente essere considerata un investimento che si capitalizza solo nel medio periodo con il miglioramento dei presidi di prevenzione del disagio adulto e della cronicizzazione della precarietà sociale.

Pare, infine, grave la scelta di preferire l'accoglienza madre bambino a quella esclusivamente rivolta ai più piccoli, in quanto corrisponde a un arretramento dell'azione del Comune verso quei bambini che per ragioni serissime non possono vivere in famiglia e dunque necessitano di una accoglienza più forte, di una protezione maggiore, di un ruolo pubblico di tutela che non può essere progressivamente smantellato con pretestuose ragioni di bilancio.

In tal senso - conclude Milanese - l'azione del Comune di promuovere l'affido familiare e le famiglie professionali pare corrispondere all'uso strumentale della solidarietà che le famiglie sanno comunque esercitare a copertura di un disimpegno da un segmento strategico dal percorso di protezione, tutela e riabilitazione dei bambini più deboli. Non corrisponde a questo il senso, né la lettera della Convenzione Internazionale di New York sui diritti dei fanciulli, che chiede alle pubbliche autorità di farsi carico prioritariamente dell'interesse del minore qualsiasi decisione stiamo prendendo.