UDC: Molinaro, qualcuno ha paura dell'autonomia
(ACON) Trieste, 19 dic - COM/AB - "Indubbiamente la prima volta
dell'Assemblea del Friuli in Consiglio regionale sta alimentando
un dibattito salutare che, quantomeno, suscita un'operazione
verità intorno al tema. Quando, come consiglieri regionali della
Casa delle Libertà, abbiamo presentato un emendamento in tal
senso, conoscevamo già il peso numerico dei contrari, anche tra
le file della CdL stessa. Ciò che non immaginavamo era la
reazione stizzita e la chiusura culturale prima e politica poi,
emersa nei numerosi interventi che si sono succeduti".
A sostenerlo è il consigliere regionale UDC Roberto Molinaro che
aggiunge:
"Tra mercoledì e giovedì scorsi, a Trieste è successo qualcosa
cui porre rimedio: gli interventi del consulente del momento
sulle questioni istituzionali e la Lettera ai Friulani a firma
del presidente della Regione evidenziano, da soli, più che
abbondantemente il passaggio. Tra le molte cose dette ve ne sono
alcune che non possono essere taciute, in un momento dove le
peculiarità dei territori s'impongono".
"Basti pensare - sottolinea Molinaro - a ciò che sta capitando
con la questione elettrodotti, per il suo impatto ambientale ed
economico, nonché alle prospettive di medio periodo della tutela
della salute, dove stiamo rischiando di tornare allo scontro come
dieci anni fa, ai tempi della ben nota legge regionale 13 del
1995".
"Alla base di queste prese di posizione - a giudizio del
consigliere centrista - vi è una questione: quella dell'autonomia
e della capacità di autogoverno dei singoli territori. La
maggioranza regionale e i suoi consulenti sostengono che la nuova
legge in materia di autonomie locali fa coesistere, al massimo
livello, tale possibilità. Purtroppo non è così. Basta ricordare
due esempi, tra i molti che si possono fare. Partiamo dal primo:
gli ambiti per lo sviluppo economico e sociale, di livello
intercomunale (vale a dire il nuovo modello di rappresentanza per
i Comuni nei confronti della Regione) agiranno secondo gli
obiettivi fissati dalla Giunta Regionale, mentre le risorse che
potranno utilizzare dovranno essere oggetto di un apposito
accordo. Il secondo riguarda, invece, le risorse finanziarie
destinate a Comuni e Province per attuazione degli interventi
che, anziché essere assegnate con criteri oggettivi,
continueranno a essere gestire dagli assessori del momento, con
la tradizionale discrezionalità. Una concessione, quella
dell'autonomia locale, molto lontana dal principio costituzionale
e più vicina all'esigenza tutta politica (e di parte) di
governare l'intero sistema".
"E' in questo contesto - evidenzia Molinaro - che va letto il
trattamento riservato alla questione Assemblea del Friuli in
merito alla quale, al di là della difesa d'ufficio delle proprie
posizioni già note da tempo, il presidente della Regione nella
sua lettera manda due messaggi agli addetti ai lavori, piuttosto
che ai cittadini. Agli autonomisti friulani manda a dire,
indirettamente, che contano poco o nulla, delineando impegni in
scenari di modificazioni territoriali regionali, quelli del
Friuli storico che, attualmente, nessuno pensa. A quanti
vorrebbero diversi assetti istituzionali ricorda, invece, il peso
della democrazia. Si vede che il referendum sostenuto e perso per
la provincia dell'Alto Friuli ha insegnato qualcosa. Messaggi che
esprimono una difficoltà ma non spiegano un comportamento
politico in sé inspiegabile, se non con riferimento a emozioni
del momento, che fanno dimenticare alcuni riferimenti normativi".
"Nella nuova legge ordinamentale in materia di autonomie locali,
anche accogliendo un emendamento presentato dall'UDC, si è
cercato di caratterizzare nell'ambito dei principi, il contesto
Friuli Venezia Giulia, analogamente a quanto già il Consiglio
regionale aveva approvato nel progetto di nuovo Statuto di
autonomia speciale. In tale prospettiva, dopo che erano state
definite in linea generale le possibilità di associazione tra le
Province, si era inteso introdurre una facoltà, e non altro, che
le province di Udine, Pordenone e Gorizia potessero riunire
congiuntamente, previa comune intesa, i loro Consigli provinciali
per la trattazione di problematiche istituzionali, economiche e
sociali. Tali enti avrebbero potuto anche dare vita a
un'associazione, che poteva assumere o meno la denominazione di
Assemblea del Friuli, per l'attuazione di progetti specifici,
relativi alle funzioni assegnate alle Province stesse. Per tali
progetti, risorse economiche e personale sarebbero state messe a
disposizione delle province stesse, senza nessun incremento
della spesa pubblica".
"Analoga previsione - conclude Molinaro - era contenuta nella
prima bozza di disegno di legge della Giunta Illy, nota come
'Beltrame uno', fatta circolare il mese d'aprile 2004. Mi
domando: dove sta la imposizione dall'alto? Dove sta la
violazione costituzionale paventata? Era nient'altro che una
semplice opportunità, che viceversa avrebbe caratterizzato
significativamente una legge in buona parte sbagliata. In altre
parole, una previsione normativa da molti caldeggiata,
perfettamente coerente con la rimanente parte dell'impianto
normativo. Evidentemente le ragioni della contrapposizione sono
altre. Il Friuli forse fa paura? La risposta è purtroppo
affermativa, perché ciò che Illy e la sua maggioranza vogliono
pervicacemente perseguire è altro: una deregulation degli assetti
istituzionali del territorio regionale, per continuare come oggi
con Trieste caput mundi".