Turore minori interviene sulla morte di un bambino
(ACON) Trieste, 19 gen - COM/AB - Il Pubblico tutore dei minori
Francesco Milanese è intervenuto in merito a un caso particolare
che ha coinvolto un bambino.
"Un bambino è morto nell'ospedale. In questi giorni, mentre sui
nostri tetti cadeva la neve, lui si è spento. Aveva due anni e
mezzo, era affetto da una grave malattia, ma la scienza medica ci
dava una buona speranza di poterlo salvare, se solo in tempo
utile si fosse potuto provvedere ad un trapianto di midollo
compatibile. Da un anno e più era in ospedale, non per attendere
l'intervento, ma solo per attendere che la burocrazia gli
concedesse quel tesserino sanitario con il quale avere accesso al
registro internazionale del midollo. Non è un caso di malasanità,
non è il caso sul quale fare qualunquismo da bar e prendersela
con un generico malato sistema. Nessuno purtroppo si farà carico
di quella morte, solo la sua giovane mamma che lo riaccompagnerà
nel Paese da cui proveniva per seppellirlo e averne pietà. Sì,
non tutte le morti sono uguali, quel bambino era straniero e
siccome straniero per molti "non aveva diritto,... non era
previsto che fosse concesso ..." Quel piccolo e chi ha cercato di
aiutarlo, la benemerita Fondazione Lucchetta e la instancabile
dottoressa Andolina che la anima, si è scontrato contro il muro
dei "non si può, la legge non prevede". Fino a che, recentemente,
sono arrivati nel mio ufficio. Come Pubblico Tutore dei minori ho
ottenuto quel tesserino, semplicemente riformulando la questione
ai medesimi funzionari a partire dalla analisi letterale della
Convenzione internazionale dei diritti del fanciullo, che per il
nostro Paese è una legge vincolante perché ratificata dal
Parlamento e dunque norma di diritto e rango costituzionale. Non
strane o raffinate argomentazioni dunque, ma la lettura di una
norma presente che evidentemente qualcuno si è scordato di
leggere e che impegna il nostro Stato a garantire ai bambini,
indipendentemente dalla condizione di cittadinanza, di avere
accesso al complesso dei servizi medici e di riabilitazione di
cui hanno bisogno (art.24). Ci voleva tanto? Sì, ci voleva la
buona volontà, merce rara in una società ove pare che lo sport
più praticato sia quello di riparare la propria incapacità dietro
la responsabilità di qualcun altro. Ci voleva la buona volontà
per cercare di mettere in atto le azioni giuste per una civiltà
dei diritti quale noi presumiamo essere e in nome della quale
osiamo anche ritenerci superiori agli stranieri. Invece si è
messo in atto solo lo sbarramento della peggiore burocrazia
cieca, quella che non risponde neppure di no, quella che resta
inerte, salvo poi destarsi quando la scuote il Gabibbo di turno.
Morire perché si è malati sta nell'ordine delle cose, anche se la
morte di un bambino è più dura da accettare, ma morire sull'uscio
della terra promessa della più alta qualità medica, sapendo che
ci sono gli strumenti per impedire che questa malattia distrugga
quella vita, solo perché si aspetta il biglietto di ingresso, che
senso ha? Io mi chiedo, che paura faceva un bambino di due anni e
mezzo? Portava via il posto a qualche italiano? Perché rendergli
impossibile per via amministrativa di avere accesso a ciò che la
scienza avrebbe reso possibile e che la legge già definisce come
un suo diritto fondamentale? Di fronte alla insensatezza di
questa storia non riesco a mantenere ferme le mie certezze e
certi discorsi sulla nostra civiltà sui diritti fondamentali
della persona, sui valori che vogliamo difendere in uno scontro
tra civiltà mi fanno più che altro orrore. Vorrei chiedere a
tutti noi, a noi occidentali ricchi, a noi credenti e atei, a noi
orgogliosi di vivere in una civiltà capace di accumulare enormi
ricchezze materiali e scientifiche dimenticando a quale prezzo
ciò sia avvenuto, a noi liberali o solidaristi così accecati da
noi stessi da credere che ogni nostra conquista sia un beneficio
per l'umanità, vorrei chiedere: ma a cosa è servito diventare
tanto ricchi se non sappiamo più salvare i bambini?"