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Turore minori interviene sulla morte di un bambino

19.01.2006
17:40
(ACON) Trieste, 19 gen - COM/AB - Il Pubblico tutore dei minori Francesco Milanese è intervenuto in merito a un caso particolare che ha coinvolto un bambino.

"Un bambino è morto nell'ospedale. In questi giorni, mentre sui nostri tetti cadeva la neve, lui si è spento. Aveva due anni e mezzo, era affetto da una grave malattia, ma la scienza medica ci dava una buona speranza di poterlo salvare, se solo in tempo utile si fosse potuto provvedere ad un trapianto di midollo compatibile. Da un anno e più era in ospedale, non per attendere l'intervento, ma solo per attendere che la burocrazia gli concedesse quel tesserino sanitario con il quale avere accesso al registro internazionale del midollo. Non è un caso di malasanità, non è il caso sul quale fare qualunquismo da bar e prendersela con un generico malato sistema. Nessuno purtroppo si farà carico di quella morte, solo la sua giovane mamma che lo riaccompagnerà nel Paese da cui proveniva per seppellirlo e averne pietà. Sì, non tutte le morti sono uguali, quel bambino era straniero e siccome straniero per molti "non aveva diritto,... non era previsto che fosse concesso ..." Quel piccolo e chi ha cercato di aiutarlo, la benemerita Fondazione Lucchetta e la instancabile dottoressa Andolina che la anima, si è scontrato contro il muro dei "non si può, la legge non prevede". Fino a che, recentemente, sono arrivati nel mio ufficio. Come Pubblico Tutore dei minori ho ottenuto quel tesserino, semplicemente riformulando la questione ai medesimi funzionari a partire dalla analisi letterale della Convenzione internazionale dei diritti del fanciullo, che per il nostro Paese è una legge vincolante perché ratificata dal Parlamento e dunque norma di diritto e rango costituzionale. Non strane o raffinate argomentazioni dunque, ma la lettura di una norma presente che evidentemente qualcuno si è scordato di leggere e che impegna il nostro Stato a garantire ai bambini, indipendentemente dalla condizione di cittadinanza, di avere accesso al complesso dei servizi medici e di riabilitazione di cui hanno bisogno (art.24). Ci voleva tanto? Sì, ci voleva la buona volontà, merce rara in una società ove pare che lo sport più praticato sia quello di riparare la propria incapacità dietro la responsabilità di qualcun altro. Ci voleva la buona volontà per cercare di mettere in atto le azioni giuste per una civiltà dei diritti quale noi presumiamo essere e in nome della quale osiamo anche ritenerci superiori agli stranieri. Invece si è messo in atto solo lo sbarramento della peggiore burocrazia cieca, quella che non risponde neppure di no, quella che resta inerte, salvo poi destarsi quando la scuote il Gabibbo di turno. Morire perché si è malati sta nell'ordine delle cose, anche se la morte di un bambino è più dura da accettare, ma morire sull'uscio della terra promessa della più alta qualità medica, sapendo che ci sono gli strumenti per impedire che questa malattia distrugga quella vita, solo perché si aspetta il biglietto di ingresso, che senso ha? Io mi chiedo, che paura faceva un bambino di due anni e mezzo? Portava via il posto a qualche italiano? Perché rendergli impossibile per via amministrativa di avere accesso a ciò che la scienza avrebbe reso possibile e che la legge già definisce come un suo diritto fondamentale? Di fronte alla insensatezza di questa storia non riesco a mantenere ferme le mie certezze e certi discorsi sulla nostra civiltà sui diritti fondamentali della persona, sui valori che vogliamo difendere in uno scontro tra civiltà mi fanno più che altro orrore. Vorrei chiedere a tutti noi, a noi occidentali ricchi, a noi credenti e atei, a noi orgogliosi di vivere in una civiltà capace di accumulare enormi ricchezze materiali e scientifiche dimenticando a quale prezzo ciò sia avvenuto, a noi liberali o solidaristi così accecati da noi stessi da credere che ogni nostra conquista sia un beneficio per l'umanità, vorrei chiedere: ma a cosa è servito diventare tanto ricchi se non sappiamo più salvare i bambini?"