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CR: legge tutela friulano, discussione generale (4)

24.10.2007
14:36
(ACON) Trieste, 24 ott - ET - Il Consiglio regionale ha ripreso l'esame della legge sulla tutela del friulano con il dibattito generale.

È giusto difendere la cultura friulana, ma questo valore non può divenire un cavillo per spendere soldi nelle scuole senza efficacia, non pareggiando le differenze sociali che vanno a discapito della preparazione dei ragazzi e del loro futuro lavorativo. Per Roberto Asquini (FI) i problemi riguardano la destinazione delle risorse, i progetti scolastici e le questioni d'identità, soprattutto nelle comunità che devono poter decidere in autonomia. Le radici vanno sì difese, ma nelle famiglie, invece si inventa un nuovo curriculum scolastico non spendibile nella vita professionale.

Per Gaetano Valenti (FI) la legge non risponde ai più ampi interessi dei cittadini della nostra regione. Si appesantiscono gli oneri finanziari a carico degli enti locali e si rende difficile l'adesione ad un progetto culturale quale quello della valorizzazione di una lingua minoritaria da parte dei Comuni. Politicizzando eccessivamente la questione si potrebbe incorrere in situazioni poco chiare, dove il pronunciamento delle forze politiche nelle sedi istituzionali potrebbe non essere scontato.

Il friulano è un valore e quindi il suo insegnamento deve avere una costestualizzazione culturale. Per Massimo Blasoni (FI) non vi sono dubbi, la legge sul friulano non va contrastata, ma va emendata e la sua portata deve essere contenuta dal punto di vista dell'uso pubblico della lingua. Ai Comuni deve essere facilitato il meccanismo di scelta, anche se c'è il rischio della doppia perimetrazione. Manca poi una maggiore definizione del ruolo delle associazioni e il ruolo dell'università è troppo compresso.

La legge di tutela nazionale, la 482, ha portato conseguenze che contraddicono la sua impostazione primaria, aperta e con un richiamo a grandi valori, e ha portato alla nascita di piccole identità, rafforzando polemiche, divisioni, posizioni estreme. Adriano Ritossa (AN) trova che dietro la norma regionale di tutela vi sia un mare magnum di interessi particolari, lontani dalla promozione della cultura e della lingua. La legge 15 del 1996 ha avuto delle ricadute positive sul territorio, ma ha anche facilitato la nascita di associazioni di dubbio valore scientifico e creato un notevole indotto attorno alle traduzioni ufficiali e forti spinte autonomistiche.

(segue)