CR: riforma commercio, dibattito generale (8)
(ACON) Trieste, 30 ott - ET - La domenica non va passata a
passeggiare per i centri commerciali, grande disgrazia della
regione e creatori di cattedrali nel deserto che hanno svuotato i
centri storici. Giorgio Venier Romano (UDC) non ha dubbi, è il
commercio minuto che andrebbe favorito: la società che invecchia
ha bisogno di negozi nei centri urbani. Troppe anche le 29
domeniche, però l'impegno della Giunta di lavorare sulla materia
in capo a un anno è serio. Il risultato più importante è aver
rovesciato un concetto; l'apertura domenicale non è più una
regola ma un'eccezione.
Alle promesse elettorali non stanno facendo seguito i fatti - ha
evidenziato Alessandro Tesini (PD) - e sussiste un grande
problema nella forma. La questione di governo è regolamentata, ma
il presidente Tondo ha aggirato l'ostacolo, l'ha trasformata in
un surrogato, anche se la sostanza è chiara. È una questione
vitale e una fattispecie ben definita nei procedimenti che
regolamentano i rapporti tra Giunta e Consiglio.
Paolo Menis (PD) ha fatto una lista degli interessi in campo. I
gestori vogliono libertà per seguire le regole di mercato, i
piccoli commercianti si difendono da anni con le unghie e con i
denti e farebbero volentieri a meno delle aperture domenicali. Le
maestranze - spesso donne - non amano lavorare di domenica ma vi
sono costrette, i sindacati sono in difficoltà a difendere i
diritti dei lavoratori, gli utenti sono accerchiati dall'offerta
dei centri commerciali. Menis si dice contrario ai grossi centri
e a tutte le domeniche aperte, favorevole ai negozi vicini ai
cittadini, però accusa l'attuale disegno di legge di mancare di
prospettiva. È solo un compromesso.
(segue)