IV Comm: Giunta illustra ddl costruzioni in zona sismica
(ACON) Trieste, 09 giu - DT - Ventidue articoli per rimodernare
l'ordinamento sulle costruzioni in zona sismica ormai datato (la
norma regionale è del 1988). Così, il disegno di legge della
Giunta è stato illustrato dall'assessore all'Ambiente Vanni Lenna
alla IV Commissione, presieduta da Alessandro Colautti (PdL).
Tre i capitoli: il primo affronta la disciplina della costruzione
in zona sismica accogliendo tutto quanto è già stato fatto in
campo nazionale; il secondo introduce un principio cardine, l'uso
del territorio rispettoso delle sue caratteristiche fisiche; il
terzo contiene le norme finanziarie: per il 2009, a compensare i
nuovi adempimenti tecnici e burocratici, e la formazione del
personale andranno ai Comuni di Trieste, Udine, Gorizia e
Pordenone 40 mila euro, 10 mila euro ciascuno.
Il punto di partenza è l'incolumità delle persone, riducendo ogni
rischio terremoto in Friuli Venezia Giulia attraverso la
salvaguardia della stabilità e della sicurezza delle costruzioni
nelle zone dichiarate sismiche. Per questo, diviene obbligatoria
l'autorizzazione scritta all'inizio dei lavori se si volesse
costruire (ex novo, ma anche soltanto restaurare o risanare, o se
si volesse modificare la destinazione d'uso di edifici e di
opere) in una zona sismica - fanno eccezione opere ed edifici non
strategici situati in zone a bassa sismicità - e viene definita
nei minimi particolari l'intera procedura.
Saranno i Comuni, i migliori interpreti delle esigenze di tutela
del territorio e degli interessi della collettività, a rilasciare
l'autorizzazione all'inizio dei lavori e a vigilare sul rispetto
delle norme da parte di chi edifica in una zona a rischio. Spetta
alla Regione, invece, garantire un livello omogeneo di
trattamento del territorio (dalla classificazione delle zone
sismiche all'aggiornamento dei gradi di sismicità, per citare due
esempi) ed eventualmente sostituirsi ai Comuni stessi nel caso
siano inadempienti. E spettano alla Regione anche le deroghe per
i centri storici: laddove, infatti, non si possano rispettare le
norme tecniche per salvaguardarli, allora l'Amministrazione può
fare un'eccezione.
Ma non si può garantire l'incolumità ai cittadini senza mettere
in sicurezza anche le infrastrutture e il patrimonio
ambientale-culturale. E nemmeno si può sfruttare il territorio
senza rispettare la sua vulnerabilità: il che significa
conoscere, studiare, valutare le caratteristiche del suolo. Tutto
questo, nel disegno di legge si traduce nella classificazione
della regione in tre ambiti (ogni Comune presenta una relazione
tecnica che poi passa il vaglio della Regione), caratterizzati da
un diverso grado di pericolosità sotto il profilo geologico,
idraulico e delle valanghe. Ci sono, pertanto, le aree sicure,
quelle potenzialmente pericolose e le aree pericolose: in questi
ultimi due casi sarà il parere geologico fornito sempre dalla
Regione a verificare la compatibilità della pianificazione
urbanistica di un Comune con le condizioni di quel territorio.
(immagini tv)