PD: Comunità montane, manca un progetto, continuano gli spot
(ACON) Trieste, 04 ago - COM/AB - Le dichiarazioni del
presidente della Regione Renzo Tondo rese nell'incontro con i
neo-commissari delle Comunità montane dimostrano ancora una volta
come questa maggioranza regionale sia priva di un progetto reale
per le autonomie locali del Friuli Venezia Giulia.
Lo sostengono i consiglieri regionali del PD Enzo Marsilio,
Sandro Della Mea e Franco Iacop che aggiungono.
Continua la politica degli spot, degli annunci delle cose da fare
e in definitiva si procede con le contraddizioni del presidente
Tondo e della sua maggioranza che spesso cambia idea e, in
genere, ci abitua a vivere alla giornata. In questi giorni,
proceduto alle nomine dei commissari delle Comunità montane, in
tutta fretta dopo che qualcuno si era accorto che potevano cadere
i presupposti del provvedimento di commissariamento, il
presidente Tondo annuncia che l'obiettivo prioritario dei
commissari sarà di ridurre drasticamente le spese (si vedrà poi
quanto costerà ogni commissario), di accelerare l'iter
amministrativo delle pratiche e di risolvere i problemi della
montagna.
Impossibile. Come può un dirigente regionale o un segretario
comunale, a cui serviranno mesi per comprendere tutte le attività
e le funzioni delle Comunità montane e con un mandato di un anno
(mentre ci doveva essere la riforma delle autonomie locali entro
il 31 dicembre 2009 come indicato nell'ordine del giorno
presentato alla Giunta dalla Lega), risolvere i problemi della
montagna e di una istituzione pubblica comunque complessa quale
la Comunità.
Si richiama la volontà di un incontro con tutti i sindaci dei
Comuni montani per esaminare assieme la riforma delle autonomie
locali con riferimento alle esigenze della montagna. Ma di quale
riforma si tratta? Qual è la proposta della Giunta Tondo sul
riassetto delle autonomie locali? Non c'è nulla, nonostante gli
annunci che si susseguono e che giungono da più parti. Si afferma
la volontà di coinvolgere i sindaci, quando con la scelta di
nominare i commissari si incorre in un chiaro quanto evidente
atto di sfiducia nei loro confronti, considerati incapaci di
gestire il loro ente comprensoriale.
Il ricorso di Tondo all'annunciato confronto con i sindaci, più
che un'adesione sincera e convinta ai principi di democrazia e di
concertazione, che richiedono il confronto con i principali
rappresentanti del territorio, appare come una necessità per
corrispondere alle previsioni della sentenza della Corte
costituzionale del 2001, pena l'invalidità del provvedimento
stesso.
L'affermazione poi che le Comunità montane nel tempo hanno perso
l'elasticità iniziale e la reale rappresentatività politica
complessiva, svela la vera motivazione che ha portato alla loro
chiusura: altroché disegno strategico di riforma, si vuole
ricondurre a un controllo centralista anche le istituzioni oggi
rette dalle espressioni dei territori.
Se poi tutto andrà a rotoli poco importa. Ciò che conta di più è
riuscire a dare la sensazione di saper cambiare,
indipendentemente dal risultato finale. Siamo certi che in questo
modo non solo non si ridurrà alcuna spesa, ma non si potranno
nemmeno dare risposte convincenti alle esigenze della montagna,
mentre si indebolirà ancora di più la sua autonomia e quindi la
sua capacità di scelta e, alla fine, non si garantirà alcuna
riforma utile ed efficace perché non sarà né partecipata né
condivisa.