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PD: Menis, su Crocifisso rispetto tradizioni non imposizione

19.11.2009
11:26
(ACON) Trieste, 19 nov - COM/AB - Com'era prevedibile, la decisione della Corte europea in merito alla rimozione del Crocifisso ha scatenato reazioni bi-partisan a difesa di quello che viene considerato un simbolo della nostra stessa identità.

Personalmente - afferma il consigliere regionale del PD Paolo Menis - ho già preso posizione al riguardo rispetto chi la pensa diversamente, ma sinceramente credo che il problema sia un altro. Mi sarei aspettato infatti che un mondo politico maturo potesse andare al di là del semplice riferimento al fatto concreto e cogliesse invece lo spunto per intavolare un ben più interessante confronto sul rapporto tra identità e rispetto (dell'identità) degli altri.

Sono da sempre accesso sostenitore della necessità di perseguire l'obiettivo dell'integrazione e ritengo che il processo di interrelazione tra culture e popoli diversi sia già in atto da tempo. Cercare di fermarlo o di impedirlo è anacronistico oltre che inutile. Non a caso però, trattando l'argomento, ho spesso usato il termine "sfida" e credo che renda bene il percorso che abbiamo davanti. La domanda vera non è se dobbiamo mettere o togliere il Crocifisso in classe ma, su un piano ben più alto, che cosa dobbiamo accettare e cosa dobbiamo invece difendere per tutelare la nostra identità e nello stesso tempo rispettare quella degli altri in una chiave di rispetto reciproco. Il Crocifisso è solo un passaggio di questo ragionamento. Prima, ad esempio, c'è stata la polemica sul burqua a riempire le pagine dei giornali e molte altre ne seguiranno. Possiamo rispondere e dividerci volta per volta sulle singole questioni, oppure lasciare la prospettiva particolare e cercare di definire dei punti fermi nel nostro rapporto con le altre culture.

In sostanza dei riferimenti condivisi. Dove cercarli?

Non credo sia necessario andare molto lontano, probabilmente è sufficiente guardare ai principi democratici che reggono il nostro ordinamento per trovare la soluzione. La nostre conquiste di civiltà, l'uguaglianza come valore assoluto, la pari dignità tra uomo e donna, il prevalere dell'interesse pubblico rispetto a quello privato quando sono incompatibili saranno il metro di riferimento lungo la via dell'accoglienza.

Alla luce di questi parametri sarà semplice deduzione logica difendere la nostra contrarietà ad esempio al burqua perché si oppone a una legge del nostro Stato che impone a tutti di rendere il viso riconoscibile per la tutela dell'incolumità pubblica e come tale va rispettata. Sulla base del principio di uguaglianza, invece, dovremo essere disposti ad aprirci all'aiuto verso gli altri, se più bisognosi, senza discriminazioni di razza o religione perché così recita la nostra Costituzione all'articolo 3. E ancora, saremo legittimati a chiedere a tutti coloro che arrivano in Italia il rispetto delle nostre leggi, fondamento della convivenza civile e presupposto dell'ordinamento e via discorrendo.

Rispetto della legge e dei principi fondamentali dell'ordinamento come guida dunque, ma non solo. Ho parlato di tradizione e di identità due aspetti collegati al nostro sistema normativo, ma non coincidenti. Ogni popolo e ogni nazione hanno infatti una loro storia e un propria tradizione che insieme contribuiscono a creare la loro identità. In che modo questo aspetto può essere gestito nell'incontro con l'altro? Con il rispetto.

A ben guardare si ritorna anche qui a un principio fondamentale quello del diritto civile che proclama il neminem laedere (non offendere a nessuno) secondo cui la mia libertà finisce dove comincia la lesione di quella dell'altro. È il caso da cui siamo partiti, quello del Crocifisso. Può la sua affissione in un luogo pubblico, atto di per sé conforme alla nostra tradizione di nazione a prevalenza di fede cristiana, essere considerata un offesa o limitare la libertà altrui? Non credo che nessuno possa arrivare a sostenere tanto e, più in generale credo che ogni simbolo religioso (a meno che non offenda esplicitamente un altrui credo) non abbia questo potere e come tale debba essere ammesso. Lo stesso vale per le altre manifestazioni religiose che andranno assoggettate allo stesso principio ispiratore.

Diverso sarebbe invece il discorso se il rispetto delle nostre tradizioni si traducesse in un'imposizione, essa si, lesiva dell'altrui libertà. Sarebbe il caso, ad esempio, dell'imposizione a chi non è credente di seguire obbligatoriamente le lezioni di religione. In questo caso l'opposizione sarebbe ferma nel condannare un gesto che và contro il riconoscimento della libertà personale.