II Comm: illustrati due progetti di legge su apicoltura
(ACON) Trieste, 20 nov - DT - Un provvedimento che
disciplinasse e promuovesse, anche prendendo spunto dalle novità
legislative statali, l'apicoltura c'era già. L'aveva presentato
la Giunta Illy, era stato approvato dalla Commissione, aveva
ottenuto il via libera dall'UE, ma poi era decaduto viste le
elezioni anticipate. Adesso l'Esecutivo Tondo lo ripropone, senza
sostanziali modifiche, anche se dovrà ripercorre nuovamente
l'intero iter di approvazione. Sovrapponile al progetto di legge
della Giunta la proposta firmata da Giorgio Venier Romano (UDC) e
Roberto Novelli (Pdl). A illustrare i due provvedimenti, lo
stesso presidente della II Commissione consiliare Maurizio Franz
(LN).
Intanto, però, qualche numero: secondo i Consorzi apistici
provinciali in Friuli Venezia Giulia operano circa 1.400
apicoltori (erano 2 mila nel 1985) che detengono oltre 25 mila
alveari (dati 2007). La produzione di miele è intorno alle 300
tonnellate all'anno (pochissimo il polline e la pappa reale).
Negli ultimi due anni i Consorzi hanno segnalato una perdita di
circa il 30-40% di api all'anno (anche se poi gli apicoltori
provvedono al loro reintegro). Il numero delle colonie negli
ultimi 20 anni è costante, nonostante l'uso incontrollato di
fitofarmaci e l'alterazione dell'ambiente. Studi recenti hanno
quantificato il lavoro dell'ape: mantenendo la biodiversità e con
l'impollinazione, al mondo agricolo produce redditi pari a circa
10 miliardi di euro, 100 volte più di quanto non si guadagni
vendendo miele, cera, polline, propoli e pappa reale. E' bene
ricordare che senza insetti impollinatori oltre 20 mila specie di
piante scomparirebbero.
Queste le premesse che hanno portato ai 19 articoli del testo
della Giunta e di quello dei due consiglieri che, innanzitutto,
riconosce l'importanza dei quattro Consorzi provinciali cui si è
aggregato l'80% degli apicoltori del Friuli Venezia Giulia. Ciò
consente agli stessi Consorzi di attivare una capillare
assistenza tecnico-sanitaria su tutto il territorio grazie a una
figura specifica, gli esperti apistici, sui quali la norma punta
molto per elevare ulteriormente le qualità dei prodotti frutto
della fatica di questi insetti: per questo viene previsto che
siano in possesso del diploma e che abbiano superato un corso di
apicoltura della durata non inferiore a cento ore (tra parte
teorica e pratica) e che, successivamente, frequentino corsi di
aggiornamento. Tutto sotto l'ombrello organizzativo dei Consorzi
incaricati anche della formazione professionale della maggior
parte degli apicoltori della regione. A ciò collabora anche il
Laboratorio apistico regionale, istituito alla facoltà di agraria
dell'università di Udine, che rimane il riferimento scientifico
per eccellenza.
Sono altri due i compiti dei Consorzi: essere informati
dell'ubicazione, della consistenza e del trasferimento degli
alveari (e di questo verranno incaricate le Commissioni
provinciali), e gestire, anzi incentivare la pratica del
nomadismo che consente di spostare le api in zone non sfruttate.
Comunicazioni che vanno girate alla Regione, alla Provincia e
all'Azienda sanitaria.
Un altro articolo prevede che, accanto a quello nazionale, il
settore si doti pure di un programma regionale triennale che
stabilisca gli obiettivi e le modalità di concessione dei
finanziamenti che andranno stornati alle Province. Risorse che
serviranno a stimolare lo sviluppo e le dimensioni delle aziende
e a favorire l'ammodernamento delle attrezzature (il che vuol
dire migliorare la qualità dei prodotti). A vigilare sul rispetto
della norma saranno le Province e le Aziende sanitarie, a queste
ultime il compito pure di sanzionare.
La norma prevede anche il divieto di utilizzare prodotti
fitosanitari tossici per le api durante la fioritura delle
piante, mentre un decreto della Giunta ogni anno aggiornerà le
tecniche per prevenire i danni causati alle api anche al di fuori
del periodo di fioritura dei frutteti e delle altre colture.