UDC: Sasco,in sanità lavorare per la vita e non per la morte
(ACON) Trieste, 08 feb - COM/AB - Il capogruppo UDC in
Consiglio regionale Edoardo Sasco, in occasione del primo
anniversario della scomparsa di Eluana Englaro, riafferma che in
Friuli Venezia Giulia la sanità deve lavorare per la vita e non
per una cultura di morte
Il gruppo consiliare regionale dell'UDC rinnova gli stessi
sentimenti espressi lo scorso anno, quando cioè eravamo
trepidanti per la sorte di questa giovane donna che, tramite
valutazioni fatte altrove, aveva coinvolto anche la nostra
regione. Con l'on. Carlo Casini, presidente del Movimento per la
Vita, alla Stazione Marittima di Trieste avevamo organizzato in
quei giorni un convegno intitolato "Eluana è tutti noi", con il
quale volevamo ribadire il nostro no a ogni scelta che portasse
alla morte di una persona non in grado di nutrirsi da sola, alla
quale non andavano tolti cibo e acqua. Chiedevamo ai medici della
nostra regione di lavorare per la vita, perché nessuno ne può
disporre in quanto sacra e inviolabile in ogni momento e in ogni
situazione. Anche se uno paradossalmente chiedesse di morire,
dobbiamo aiutarlo a vivere e i medici devono lavorare per la vita
e non per la morte.
Questi concetti - aggiunge Sasco - li ribadiamo alla vigilia
dell'approvazione del nuovo Piano sanitario regionale, che
coincide con il primo anniversario della scomparsa di Eluana,
evidenziando così quale tipo di sanità vogliamo in futuro nella
nostra regione. Dobbiamo cioè credere nel valore della vita, che
in occasione di questa vicenda è stato smarrito per difendere
sciaguratamente il diritto di morire, diritto che è stato
purtroppo ribadito in diverse sedi, facendolo passare come un
atto dovuto, nonostante l'assessore alla sanità Kosic si fosse
dichiarato contrario fin dagli inizi di questo triste evento.
Sasco si dice pienamente d'accordo con quanto recentemente
affermato dal vescovo di Trieste mons. Giampaolo Crepaldi e
auspica che il Parlamento possa riprendere con urgenza la
discussione e l'approvazione di norme che garantiscano la
certezza di cure idonee e di adeguata assistenza nella fase
terminale dell'esistenza, ovvero quando le condizioni personali
non consentano di provvedere in maniera autonoma alle necessità
vitali fondamentali, nella piena convinzione che nel nostro Paese
nessuno debba più morire di fame e di sete.