PD: Lupieri, discriminatorie le modifiche a legge famiglia
(ACON) Trieste, 11 mar - COM/AB - L'articolo 1 del disegno di
legge di modifica alla normativa sui servizi all'infanzia e alla
famiglia dispone "interventi in favore delle famiglie, con
priorità per quelle in possesso dei requisiti di cui all'art. 29
della Costituzione, assicurando parità di trattamento e
considerazione per tutti i figli a carico".
Si tratta - a giudizio del consigliere regionale del PD Sergio
Lupieri - di una totale contraddizione, in quanto se c'è priorità
per la famiglia sposata, non può essere assicurata parità di
trattamento per tutti i figli, sia di famiglie sposate che non
sposate.
L'assessore Molinaro giustifica la priorità per le famiglie
sposate in quanto così dispone il programma di governo del
presidente Tondo approvato da questa maggioranza. Peccato -
commenta Lupieri - che così si perda il principio di inclusività
e di universalità degli interventi, e si crei differenziazione
tra i nuclei famigliari intervenendo nelle loro scelte di vita e
non garantendo a tutti gli stessi diritti.
Vanno aiutate invece tutte le famiglie - sostiene il consigliere
del PD - indipendentemente dalla loro connotazione giuridica,
soprattutto in una situazione di crisi come quella attuale.
Il disegno di legge della Giunta è ulteriormente discriminatorio
in quanto richiede per l'accesso alla Carta famiglia il requisito
degli 8 anni di residenza in Italia, di cui 1 in regione,
violando l'articolo 2 della Convenzione ONU per i diritti del
fanciullo che riporta l'assoluto divieto di ogni forma di
discriminazione nei confronti dei minori. Inoltre, prevede che
gli interventi sociosanitari integrati siano attuati al di fuori
della pianificazione dei Piani di zona, del programma delle
attività territoriali e locali. Non si specifica con quali
modalità attuative si potranno realizzare, in quanto non si parla
di ambiti socio assistenziali, ma genericamente di servizi del
territorio, non ben definiti. Una vera rivoluzione per la
programmazione degli interventi sociosanitari che prevedeva il
Servizio sociale dei Comuni e le Aziende per i servizi sanitari,
unitamente al terzo settore, protagonisti nella costruzione degli
strumenti in grado di dare risposta ai problemi dei loro
territori.