PD: Pupulin, crisi economica, scelte e tempi della politica
(ACON) Trieste, 07 mag - CON/AB - Crisi economica, misure per
contrastarle, scelte e tempi della politica. Su tutto ciò si
sofferma il consigliere regionale del PD Paolo Pupulin.
I cittadini credono sempre meno a una politica degli annunci.
Sono sempre più convinti che i tempi della politica siano troppo
distanti da quelli con cui si confrontano quotidianamente le
persone e le imprese. Gli esempi purtroppo sono quotidiani: si
decide dopo tante riflessioni e incertezze di intervenire con
azioni di sostegno ai disoccupati senza alcun reddito, passano
mesi e mesi dalla finanziaria, vengono accantonati quasi 7
milioni di euro per avviare progetti di Pubblica utilità. Si
arriva in questi giorni finalmente alla presentazione di un
regolamento dalle procedure complicatissime sia per le
amministrazioni locali che per i soggetti attuatori (imprese,
cooperative, associazioni), si individuano i destinatari nelle
persone disoccupate da almeno 12 mesi, che devono pure essere
donne over 35 o uomini over 40. Per il resto, i nuovi disoccupati
senza reddito, che hanno finito la CIG e anche la mobilità, si
arrangino. Per loro neppure una possibilità temporanea di lavoro,
che attenui la condizione disperante in cui sono finiti, senza
responsabilità.
C'è di che restare senza parole. Lo stesso piano triennale
approvato in settimana dalla Giunta tiene poco conto di quanto il
mondo del lavoro sia, nell'ultimo anno, profondamente cambiato.
Partiamo dalle grandi aree nelle quali si pensa di suddividere
le azioni della regione. Finora gli strumenti di integrazione al
reddito dei lavoratori colpiti dalla crisi si sono dimostrati
poco efficaci. I contratti di solidarietà difensiva, cioè quelli
per suddividere la riduzione dei tempi di produzione, sono stati
utilizzati poco per scarsa propensione delle imprese e in alcuni
casi per oggettive difficoltà di organizzazione del lavoro. L'una
tantum a favore dei collaboratori a progetto, rimasti senza
contratto, a causa di regolamenti astrusi e altamente selettivi,
alla fine ha riguardato pochissime persone (poco più di 50 in
Friuli Venezia Giulia in tutto il 2009, in Italia 2000). Le
modifiche marginali apportate non cambiano la situazione.
Le uniche misure che sembrano aver funzionato sono quelle passate
attraverso il fondo del Mediocredito del Friuli Venezia Giulia,
proprio di quell'istituto di cui si intenderebbe vendere gran
parte delle azioni di proprietà della Regione. Serve, dunque,
un'operazione trasparenza. Sono certo che verrebbe allo scoperto
uno scenario molto diverso di quello che si tenta di
rappresentare.
In questo momento è, piuttosto, urgente impegnarsi, soprattutto
in sede nazionale, per allungare i termini del ricorso alla CIG,
passando dagli attuali 12 mesi a 24. Nel caso di cassa in deroga
dai 6 mesi attuali ad almeno 12. Si tratterebbe di misure
destinate a impedire un rapido passaggio dalla sospensione dal
lavoro allo status di disoccupato. Tra l'altro, visto che le
risorse del 2009 non sono state completamente utilizzate, non ci
dovrebbero essere ostacoli economici almeno per i prossimi due
anni.
Un capitolo del nuovo piano triennale che merita una manutenzione
straordinaria riguarda le modalità di erogazione degli incentivi
alle imprese per favorire nuova occupazione. E' incomprensibile
che rimangano ancora in vigore norme capestro che prevedono la
condizione di disoccupato, anche con le ultime modifiche
comunicate alla stampa, da oltre 12 mesi per poter essere
sostenuto nel rientro al lavoro da sostegni e incentivi
economici. Quando un criterio come questo, in forma ancora più
discriminatoria, fu introdotto eravamo ancora fuori da una
situazione di crisi che ha fatto sì che la diffusione della CIG e
della disoccupazione crescesse in modo esponenziale, non
risultando solo patrimonio delle aree e settori dichiarati in
stato di crisi, ma assumendo una connotazione generale. Nessun
motivo può adesso giustificare la continuità d'una
discriminazione così pesante.
Credo, a questo punto, che vada ridisegnato tutto il sistema
degli incentivi, cercando di mettere in campo soluzioni che
favoriscano tutte le possibili forme di accompagnamento al
lavoro, con il minor formalismo possibile. Certamente non sta né
in cielo né in terra che un disoccupato debba essere aiutato solo
se da più di 12 mesi non trova autonomamente un lavoro.
Ugualmente non è chiaro, nella bozza di piano triennale, se gli
incentivi per stabilizzare i precari, alla data dell'1 gennaio
2010, o se comunque si riferiscano ancora ai lavoratori che
abbiano vissuto, cosa allucinante, nella condizione di precarietà
per un periodo di almeno 36 mesi negli ultimi 5 anni.
Infine sulla riorganizzazione del sistema. Il rafforzamento,
presso le Province, dei Centri per l'impiego, deve consistere
nella trasformazioni degli stessi in strumenti attivi di
ricollocazione al lavoro, non di soggetti burocratici come
spesso, non certo per causa loro, sono rimasti per troppo tempo.
Lo stesso ragionamento vale per le forme di collaborazione con le
agenzie private, a cui negli ultimi tempi sono state affidate
tante attività di riconversione formativa. L'intervento pubblico,
piuttosto che alla semplice formazione, dovrebbe essere collegato
all'azione di reinserimento in un nuovo posto di lavoro.
Un'attività sperimentata in altre regioni anche vicine, che ha
dato buoni risultati. Come ben si vede non è impossibile
rispondere in tempi reali ai problemi dei cittadini.