PD: Menis, carceri sovraffollate e sanità penitenziaria
(ACON) Trieste, 25 mag - COM/AB - È bastata qualche protesta,
legittima, del personale carcerario a riaprire il dibattito sul
drammatico sovraffollamento del sistema carcerario italiano,
peccato che sia solo propaganda visto che i problemi del settore
sono anche altri. Oltre al sovraffollamento - che il
centrosinistra denuncia da anni - esistono molti altri problemi,
come ad esempio la mancata riforma della sanità penitenziaria,
ferma da oltre dieci anni. A commentare le recenti notizie degli
organi di stampa è Paolo Menis, consigliere regionale del PD che,
assieme all'eurodeputata Serracchiani e ad alcuni colleghi di
partito, è impegnato da mesi in una ricognizione del sistema
penitenziario regionale.
Sovraffollamento e carenza di personale sono indubbiamente i
punti più critici, spiega il democratico, ma non certo gli unici.
Pensiamo ad esempio alla riforma della sanità penitenziaria,
avviata nel 1998 e non ancora conclusa. Di questa però nessuna
parla, meno che mai gli esponenti del Governo che avrebbero tutti
gli strumenti per attuarla, perché, evidentemente, non è in grado
di smuovere i giusti interessi, diversamente dal Piano carceri.
L'attuazione delle norme che prevedono il trasferimento delle
funzioni in materia sanitaria dal ministero al Servizio sanitario
nazionale porterebbe a un deciso miglioramento delle condizioni
di detenzione con uno sforzo assolutamente minimo. Nella nostra
Regione, ad esempio, come evidenzierò in una mozione che
presenterò a giorni, sarebbe sufficiente che si nominassero i
rappresentanti delle Commissioni paritetiche. Sarebbe dunque
sufficiente un minimo sforzo per ottenere un grande risultato,
quello rendere più accettabili e dignitose le condizioni di vita
in carcere, in cui a oltre il 40% dei reclusi è stata
diagnosticata una malattia infettiva e al 20% una o più patologie
psichiatriche.
Molti appelli sono pura propaganda per tentare di ridare
credibilità alla presunta panacea, il cosiddetto Piano carceri,
che a giudizio degli addetti ai lavori sarebbe vanificato ancora
prima di essere operativo visti i ritmi di crescita della
popolazione carceraria. Con gli stessi soldi del piano (circa 500
milioni di euro) si potrebbero - conclude Menis - finanziarie
oltre 10mila progetti tutorati, avviando un serio percorso di
recupero, con costi ridotti (un detenuto in affido costa un
decimo che in carcere) e maggiore sicurezza visto la recidiva
che, in caso di applicazione di misure alternative, è dimezzata
rispetto a quella registrata in carcere. Per costruire un sistema
carcerario dignitoso e degno di una società civile non servono
solo mattoni.