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SA-SEL: Pustetto, bisogna sapere cosa succede al CIE di Gradisca

02.12.2010
17:39
(ACON) Trieste, 2 dic - COM/DT - Abusi, maltrattamenti e discrezionalità che riguardano non solo il CIE di Gradisca, ma un po' tutti i centri di identificazione ed espulsione sparsi per l'Italia, dove le rivolte sono aumentate da quando il periodo di detenzione è passato dagli iniziali 30 giorni agli attuali 6 mesi. Queste notizie vengono riportate dai giornali e per i contenuti allarmanti il consigliere regionale della SA-SEL Stefano Pustetto ha organizzato una conferenza stampa, a Trieste, alla quale hanno partecipato Giuliana Sgrena, giornalista e dirigente nazionale di Sinistra Ecologia e Libertà, e un esponente del Comitato Primomarzo di Trieste.

Tutto è partito da alcuni articoli comparsi sui mezzi di informazione il 22 e 23 novembre scorsi, in cui si parlava di atti di autolesionismo da parte di alcuni internati, che si sarebbero cuciti le labbra per denunciare la loro condizione e gli inaccettabili e ingiustificati tempi di detenzione (peraltro ben maggiori rispetto a quelli previsti dalla legge Bossi-Fini).

"A questa notizia - ha spiegato Pustetto - è seguita la mia richiesta formale alla Prefettura di Gorizia di poter accedere al CIE e acclarare così la veridicità delle notizie pubblicate sui quotidiani locali. Dopo numerosi rimpalli e pur avendone la competenza, la stessa Prefettura ha giustificato il ritardo all'autorizzazione di visita con la mancata risposta del ministro dell'Interno cui aveva girato la richiesta. Ma non si riesce proprio a capire la motivazione per cui si debba chiedere a Roma se un consigliere regionale possa entrare al CIE visto che esibendo semplicemente il tesserino può entrare in un carcere di massima sicurezza, come quello di Tolmezzo (a cui Pustetto ha già fatto visita).

"A questo punto - rileva ancora - tutti i sospetti sono legittimi e viene da pensare che questi ritardi non siano casuali, ma finalizzati a non far entrare un testimone scomodo che magari si mette a fare domande indiscrete. Perché non c'è una regolamentazione per entrare al CIE che, di fatto, è un carcere, anche se non ci sono le regole che invece valgono per quest'ultimo? Perché per quelle strutture vige un'assoluta discrezionalità, quasi godessero dello status di extraterritorialità?

"Questo è un problema politico che uno Stato civile deve poter risolvere, si deve poter conoscere cosa succede all'interno di questa struttura e bisogna poterlo sapere in tempi utili, non a distanza di mesi. È dovere di un consigliere sapere e controllare cosa si sta verificando. Quella in cui ci troviamo - conclude Pustetto - è una situazione inquietante, perché accettare questa discrezionalità vuol dire rendersi corresponsabili di quanto accade tra quelle mura sigillate".