PD: Pupulin, azione di svaligiamento della sanità di Pordenone
(ACON) Trieste, 28 feb - COM/AB - Tutto fa pensare che ci possa
essere un programma per ridimensionare l'ospedale di S. Maria
degli Angeli di Pordenone o, nel caso meno grave, che manchi un
serio progetto di prospettiva.
Lo afferma Paolo Pupulin, consigliere regionale del PD, che
aggiunge.
L'operazione Ospedali riuniti si è consumata con la semplice
decisione di incorporare gli ospedali periferici di rete
nell'ospedale di centrale di Pordenone, con la conseguenza che la
riorganizzazione, in larga parte, si viene configurando come una
concentrazione delle attività principali e specialistiche in tale
nosocomio, a scapito delle esperienze significative degli
ospedali di rete.
Si interpretano così le stesse esternazioni quotidiane sulla
situazione di continua emergenza del Pronto soccorso principale e
delle relative trascurate criticità dei vari Pronto soccorso,
operanti spesso in condizioni a rischio.
La reazione delle forze politiche, in particolare quelle della
maggioranza di centro destra, e pure delle rappresentanze
economiche e sociali di fronte a questi mutamenti appare in
generale inadeguata, o almeno poco reattiva. Si concentra
l'attenzione sull'investimento straordinario sul nuovo ospedale
in Comina, i cui tempi di realizzazione nel migliore dei casi
saranno lontani nel tempo. Ci si occupa di problemi secondari e
non si comprende il nocciolo del problema, che sta nella
sostenibilità dei servizi erogati e tra questi soprattutto
quelli che riguardano l'area della medicina interna, sia
degenziale che specialistica. Le stesse strutture chirurgiche e
di eccellenza non possono funzionare se le fondamenta non
tengono.
C'è troppa disattenzione su come progressivamente viene
impoverita la base portante dell'ospedale. Si dà per scontato che
in generale funzioni, ed è proprio questo fatto che facilita il
lavoro di chi lavora per declassare Pordenone. I settori in fase
di chiusura o soggetti a un serio ridimensionamento stanno
aumentando. La specializzazione più considerata, anche fuori
regione, quella della chirurgia della mano, vede una prospettiva
nebulosa, vista l'annunciata uscita del primario, professionista
di valore, che è riuscito a darle una qualificazione apprezzata e
una capacità di attrazione che può facilmente andare dispersa.
Non ci si dica che tutto dipende da autonome decisioni, e non
dalle condizioni difficili in cui nell'ultimo periodo tale
specializzazione è stata messa nelle condizioni di operare. Il
reparto di otorinolaringoiatria, non sta meglio. Il suo primario
un serio e attivissimo professionista, andrà in pensione entro un
periodo non lungo, mentre collaboratori di valore sono stati
lasciati andare in un altro ospedale, nell'udinese.
La chirurgia vascolare potrebbe perdere per pensionamento
nell'arco di non molto tempo il primario, nel frattempo si è
lasciato fuggire in Veneto (dove gli si è subito offerta la
possibilità di valorizzarne la professionalità), quello che
veniva considerato il suo migliore collaboratore. Per neurologia
e la Stroke Unit, ha chiesto il pensionamento il primario, e non
sembra vi sia intenzione di sostituire la sua funzione in tempi
brevi. Per le specialità mediche la situazione dei vari servizi
risulta molto precaria. Servizi come epatologia o ematologia
appaiono in fase di progressivo ridimensionamento. Dei sei
specialisti in ematologia presenti due anni fa, ne sono rimasti
due, uno dei quali sembra intenzionato ad andarsene. Per il
servizio di reumatologia nessuno sembra porsi il problema della
sostituzione del primario precedente, che ha assunto compiti di
direzione (come viene invece normalmente previsto per l'attività
nei confronti dei ricoverati).
Le medicine, che vedevano in organico di otto medici più uno per
ognuno dei due reparti, sono scese a sei medici in un reparto e a
sette più uno nell'altro, con un unico primario che gestisce
entrambi i reparti (provvisorio o no, per ora c'è l'abolizione di
un primariato). Nelle attività specialistiche, si pretende
l'orario straordinario obbligatorio per tutti i rimasti, senza
adeguamento della retribuzione, sotto il pesante rischio di
dequalificazione. Il risultato è che chi può se ne va, rendendo
sempre più critici e ingestibili i carichi di lavoro per chi
rimane e portando a un inevitabile impoverimento delle attività
specialistiche mediche, soprattutto quelle più impegnative e di
maggior prestigio.
Se questo scenario corrisponde, anche solo in parte, a verità -
evidenzia Pupulin - ritengo sia difficile smentire un programma
di ridimensionamento della struttura ospedaliera della provincia
di Pordenone, nell'ambito del servizio regionale della sanità. Ha
poco da vantarsi il presidente della Regione Tondo dei risultati
della sua attività di riforma del sistema sanitario regionale. La
percezione sempre più diffusa è purtroppo contraria, quella d'una
progressiva ma inarrestabile regressione di un sistema che veniva
fino a poco tempo fa giudicato tra i migliori e più avanzati del
paese. Nel caso di Pordenone, la superficialità e il
pressappochismo con i quali si è avviata l'operazione di
concentrazione ospedaliera sul nosocomio di Pordenone, con
l'aggiunta dei sostanziali tagli lineari della spesa sanitaria e
del turn over dei dipendenti, non poteva che riflettersi sulla
qualità e sulla tempestività dei servizi.
Mentre tutti guardano e attendono la Comina - conclude Pupulin -
si consuma un'azione di svaligiamento della sanità di Pordenone.