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UAR: Rosolen, riforma sanità piena di aspetti negativi

27.04.2012
13:07
(ACON) Trieste, 27 apr - COM/AB - Numerose sono le perplessità e altrettanto numerosi gli aspetti negativi che emergono dal documento progettuale del nuovo assetto sanitario della nostra regione proposto dal presidente Tondo e della sua Giunta. Perplessità che derivano dalla modalità bulgara con la quale è stato proposto e diffuso il documento in oggetto, e soprattutto dalla sua struttura contorta e velleitaria.

Ad affermarlo è Alessia Rosolen, consigliere regionale di Un'Altra Trieste, che aggiunge.

Una serie di domande iniziali sorge spontanea: quali sono i tecnici che stanno dietro al piano del presidente? Chi sono i referenti ai quali si può fare riferimento per una contestazione scientificamente corretta? Quali sono gli indicatori clinici che hanno determinato questa scelta di ristrutturazione?

La logica che sottende questa operazione appare più legata a una visione tecnico-funzionalista che a una progettazione di cultura sanitaria. Essa fa parte di quella mentalità grettamente burocratica che pensa che gli affari umani possono essere gestiti da semplici detentori degli uffici e del potere burocratico. La trasformazione proposta è la conferma di un'idea sfalsata e pericolosa: il voler forzare la sanità ad adattarsi al meccanismo aziendalistico, rendendo perciò subalterno il senso della cura e della presa in carico.

Alcuni quesiti, peraltro, devono essere proposti al Governatore: l'accorpamento e la centralizzazione - i due criteri fondanti del documento - confondono una medicina omologante che pretende di avvalersi di principi tecnici, sottraendo ogni valore alle specificità e al senso di appartenenza. Questa riorganizzazione sanitaria, in perfetta coerenza con il principio di aziendalizzazione e quindi di Area Vasta, coincide con una distorsione del concetto di salute. La misurazione dei bisogni di cura non può essere costretta entro i parametri della crisi economica, in quanto allora l'efficienza diventa soltanto il paradigma della conformità alle regole di mercato.

Si continua a dire che troppi dirigenti si oppongono a questa riorganizzazione soltanto per poter mantenere e gestire i loro centri di potere e di privilegio. Questa insinuazione deve essere documentata. Da troppo tempo il potere degli uffici, che è poi il potere amministrativo di dirigenti cooptati da logiche di partito, decide, sceglie sulla testa degli ammalati e degli operatori.

Inoltre, mentre i tecnici interessati e a conoscenza del problema espongono contraddizioni e opposizioni, mentre i politici - o sedicenti tali - delle aree interessate stigmatizzano per motivi diversi modalità e obiettivi del piano, il Governatore persegue con cinismo la sua decisione sulla testa di tutti gli attori interessati.

Questa mentalità globalizzante e livellatrice, che non tiene conto delle esigenze di salute locale, ma pretende una imposizione di fatto su una base equivoca di dubbie necessità inderogabili e predefinite, si inserisce perfettamente in quel ragionamento politico di pianificazione virtuale che ha dimostrato il suo fallimento.

I modelli basati sulla centralizzazione burocratica dell'autorità sanitaria non hanno funzionato, non potendo risolvere in termini astratti i problemi delicati che sussistono nella gestione delle problematiche dei territori troppo ampi.

Dal punto di vista strettamente tecnico, questo piano presenta il rischio reale di azzeramento delle specificità cliniche e delle eccellenze di cura presenti nelle singole Aziende sanitarie, concentrando il funzionamento della macchina soltanto sulle dinamiche amministrative ed economiche. Pensare di ridurre il costo della sanità con una grossolana operazione di taglio è semplicemente velleitario e mistificante. Nella sanità sarebbe meglio incentivare piccole strutture di documentata abilità, di facile accessibilità e di discreta autogestione, tutto ciò a beneficio degli operatori, degli utenti e dell'intera comunità.

Non è concepibile che un progetto di salute, che di per sé implica il rispetto della persona, venga declinato seguendo griglie di impostazione prettamente burocratico-economicista, scomunicando il fattore umano al quale deve per statuto riferirsi. Una cosa è applicare normative internazionali di efficacia, efficienza e sicurezza, come nel caso tanto dibattuto dei famosi punti nascita, altro è dare in mano a burocrati incompetenti la possibilità di valutare e decidere su argomenti estranei alla loro cultura, tanto più estromettendo i tecnici da un giudizio di valore e da una valutazione specialistica.

L'opposizione a questo progetto - conclude Rosolen - è quindi dovuta alle modalità totalitarie con il quale è stato prodotto e portato avanti, alle scadenti analisi con le quali sono state valutate le ricadute sulla cittadinanza nel lungo tempo, ai dubbi risultati di salute, di praticità e di economia che si possono onestamente intravedere.