UAR: Rosolen, riforma sanità piena di aspetti negativi
(ACON) Trieste, 27 apr - COM/AB - Numerose sono le perplessità
e altrettanto numerosi gli aspetti negativi che emergono dal
documento progettuale del nuovo assetto sanitario della nostra
regione proposto dal presidente Tondo e della sua Giunta.
Perplessità che derivano dalla modalità bulgara con la quale è
stato proposto e diffuso il documento in oggetto, e soprattutto
dalla sua struttura contorta e velleitaria.
Ad affermarlo è Alessia Rosolen, consigliere regionale di
Un'Altra Trieste, che aggiunge.
Una serie di domande iniziali sorge spontanea: quali sono i
tecnici che stanno dietro al piano del presidente? Chi sono i
referenti ai quali si può fare riferimento per una contestazione
scientificamente corretta? Quali sono gli indicatori clinici che
hanno determinato questa scelta di ristrutturazione?
La logica che sottende questa operazione appare più legata a una
visione tecnico-funzionalista che a una progettazione di cultura
sanitaria. Essa fa parte di quella mentalità grettamente
burocratica che pensa che gli affari umani possono essere gestiti
da semplici detentori degli uffici e del potere burocratico. La
trasformazione proposta è la conferma di un'idea sfalsata e
pericolosa: il voler forzare la sanità ad adattarsi al meccanismo
aziendalistico, rendendo perciò subalterno il senso della cura e
della presa in carico.
Alcuni quesiti, peraltro, devono essere proposti al Governatore:
l'accorpamento e la centralizzazione - i due criteri fondanti del
documento - confondono una medicina omologante che pretende di
avvalersi di principi tecnici, sottraendo ogni valore alle
specificità e al senso di appartenenza. Questa riorganizzazione
sanitaria, in perfetta coerenza con il principio di
aziendalizzazione e quindi di Area Vasta, coincide con una
distorsione del concetto di salute. La misurazione dei bisogni di
cura non può essere costretta entro i parametri della crisi
economica, in quanto allora l'efficienza diventa soltanto il
paradigma della conformità alle regole di mercato.
Si continua a dire che troppi dirigenti si oppongono a questa
riorganizzazione soltanto per poter mantenere e gestire i loro
centri di potere e di privilegio. Questa insinuazione deve essere
documentata. Da troppo tempo il potere degli uffici, che è poi il
potere amministrativo di dirigenti cooptati da logiche di
partito, decide, sceglie sulla testa degli ammalati e degli
operatori.
Inoltre, mentre i tecnici interessati e a conoscenza del problema
espongono contraddizioni e opposizioni, mentre i politici - o
sedicenti tali - delle aree interessate stigmatizzano per motivi
diversi modalità e obiettivi del piano, il Governatore persegue
con cinismo la sua decisione sulla testa di tutti gli attori
interessati.
Questa mentalità globalizzante e livellatrice, che non tiene
conto delle esigenze di salute locale, ma pretende una
imposizione di fatto su una base equivoca di dubbie necessità
inderogabili e predefinite, si inserisce perfettamente in quel
ragionamento politico di pianificazione virtuale che ha
dimostrato il suo fallimento.
I modelli basati sulla centralizzazione burocratica dell'autorità
sanitaria non hanno funzionato, non potendo risolvere in termini
astratti i problemi delicati che sussistono nella gestione delle
problematiche dei territori troppo ampi.
Dal punto di vista strettamente tecnico, questo piano presenta il
rischio reale di azzeramento delle specificità cliniche e delle
eccellenze di cura presenti nelle singole Aziende sanitarie,
concentrando il funzionamento della macchina soltanto sulle
dinamiche amministrative ed economiche. Pensare di ridurre il
costo della sanità con una grossolana operazione di taglio è
semplicemente velleitario e mistificante. Nella sanità sarebbe
meglio incentivare piccole strutture di documentata abilità, di
facile accessibilità e di discreta autogestione, tutto ciò a
beneficio degli operatori, degli utenti e dell'intera comunità.
Non è concepibile che un progetto di salute, che di per sé
implica il rispetto della persona, venga declinato seguendo
griglie di impostazione prettamente burocratico-economicista,
scomunicando il fattore umano al quale deve per statuto
riferirsi. Una cosa è applicare normative internazionali di
efficacia, efficienza e sicurezza, come nel caso tanto dibattuto
dei famosi punti nascita, altro è dare in mano a burocrati
incompetenti la possibilità di valutare e decidere su argomenti
estranei alla loro cultura, tanto più estromettendo i tecnici da
un giudizio di valore e da una valutazione specialistica.
L'opposizione a questo progetto - conclude Rosolen - è quindi
dovuta alle modalità totalitarie con il quale è stato prodotto e
portato avanti, alle scadenti analisi con le quali sono state
valutate le ricadute sulla cittadinanza nel lungo tempo, ai dubbi
risultati di salute, di praticità e di economia che si possono
onestamente intravedere.