SEL: Gratton visita carcere di Gorizia di via Barzellini
(ACON) Trieste, 27 ott - COM/AB - Il consigliere regionale di
SEL Alessio Gratton, eletto nella circoscrizione di Gorizia, ha
visitato il carcere goriziano di via Barzellini.
"Quella che ho visto è una struttura obsoleta, che letteralmente
cade a pezzi, anche se dopo anni di tribolazioni è partita la
ristrutturazione (ancora parziale e che vedrà la conclusione del
primo lotto la prossima primavera). Ma, a mio modo di vedere,
questo non può essere sufficiente. Una struttura pensata agli
inizi del '900 non può ancora essere funzionale agli scopi che si
prefigge di rieducazione e reinserimento nella società dei
detenuti".
Aggiunge il consigliere: "Anche dalle parole degli stessi
operatori di sicurezza è emersa chiaramente una sensazione di
disagio, come se quel luogo potesse limitare quella che dovrebbe
essere l'attività di recupero del detenuto. Ciononostante essi
svolgono egregiamente il loro lavoro pur tra mille difficoltà"
"La verità è che il problema sta a monte, a livello legislativo,
se le carceri sono sovraffollate e non più funzionali: o si
comincia a rivedere la classificazione dei reati, e quindi la
depenalizzazione di quelli minori, o la situazione peggiorerà
inevitabilmente".
Gratton pone quindi l'accento su quello che la Regione può fare
al momento: "Abbiamo già presentato una mozione che verrà
discussa questa settimana in Consiglio regionale, che chiede
innanzitutto di far tornare in capo alla sanità regionale la
gestione del servizio sanitario penitenziario, come hanno già
peraltro fatto molte altre Regioni, in modo da avere un controllo
diretto. Questo passo rappresenta un primo atto di civiltà al
quale ne dovranno seguire altri a livello nazionale".
Gratton si sofferma poi sul colloquio avuto con uno dei detenuti:
"Mi ha toccato il cuore conoscere la storia di quel ragazzo di 28
anni, e da sei in Italia. Un ragazzo che ha sempre lavorato,
vittima della crisi economica si è ritrovato senza lavoro e
conseguentemente senza permesso di soggiorno, quindi dichiarato
clandestino e trattenuto nel CIE di Gradisca. Accusato di
danneggiamento (in attesa di giudizio), senza nessuno al mondo,
si ritrova relegato in carcere. Senza mai aver fatto nulla di
male a nessuno. Chi come lui ha perso il lavoro ha commesso un
reato per lo stato italiano: quello di clandestinità. È evidente
che la Bossi-Fini presenta grosse lacune in termini di diritti
umani, per usare un eufemismo".