SEL: Titolo V riforma neocentralista, Regioni facciano argine
(ACON) Trieste, 2 apr - COM/AB - "Avremmo potuto affrontare la
discussione in quest'Aula svestendoci del nostro ruolo di
consiglieri regionali e vestendo quello di parlamentari, usando
questa seduta come cassa di risonanza per esprimere le nostre
peggiori critiche alla proposta del Governo. Oggi invece è
importante per noi esprimerci nel merito della sola parte della
riforma che ci compete, quella del titolo V della Costituzione:
su questo, il testo della Conferenza delle Regioni si mette di
traverso rispetto alle proposte del Governo, rivendicando
competenze, poteri e la valorizzazione delle esperienze di
autogoverno delle Regioni e del migliore regionalismo italiano,
senza chiederci di sostenere il disegno complessivo dell'intera
riforma che invece non possiamo condividere. Su questo abbiamo
chiesto e ottenuto una modifica che circoscrive l'assenso del
Consiglio alla sola parte del documento delle Regioni in cui si
chiede che l'attuale ipotesi di riforma del Titolo V venga
modificata restituendo potere alle Regioni e alla specialità. Su
questo esprimiamo un sì convinto, perché sono innanzitutto le
Regioni che possono costruire un argine contro un disegno
neocentralista che allontanerebbe ulteriormente i cittadini dal
luogo dove vengono prese le decisioni".
Lo ha dichiarato Giulio Lauri, capogruppo di Sinistra Ecologia
Libertà in Consiglio regionale, intervenendo nel dibattito sulla
riforma del Titolo V.
"La proposta di riforma della Costituzione di Matteo Renzi
-continua Lauri - nasce da un accordo extraparlamentare fra lo
stesso Renzi e Silvio Berlusconi sulla legge elettorale. La
contrastiamo con convinzione perché, oltre a scardinare un
delicato equilibrio di poteri, garanzie e controgaranzie
istituzionali dietro le parole velocità e semplificazione, si
nasconde la riproposizione di un Parlamento in cui siederanno
solo uomini e donne nominati dai partiti ed eletti senza
preferenze, appartenenti quasi tutti ai tre partiti più grandi,
PD, Forza Italia e M5S, in cui non avranno più voce quelle forze
che non riusciranno a superare soglie di sbarramento molto alte".
"Una riforma che viene sostenuta brandendo l'argomento della
riduzione dei costi della politica che deriverà dal non pagare
più l'indennità dei senatori eletti in modo indiretto, ma che ci
sembra francamente sbagliato: se è questo il problema - conclude
Lauri - perché Renzi non dimezza gli stipendi dei parlamentari? E
un'ultima domanda: la governabilità in questi ultimi anni è stata
messa in crisi dalle forze minori o dalle divisioni nei partiti
più grandi, a cominciare da PD e Pdl?"