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SEL: Titolo V riforma neocentralista, Regioni facciano argine

02.04.2014
17:01
(ACON) Trieste, 2 apr - COM/AB - "Avremmo potuto affrontare la discussione in quest'Aula svestendoci del nostro ruolo di consiglieri regionali e vestendo quello di parlamentari, usando questa seduta come cassa di risonanza per esprimere le nostre peggiori critiche alla proposta del Governo. Oggi invece è importante per noi esprimerci nel merito della sola parte della riforma che ci compete, quella del titolo V della Costituzione: su questo, il testo della Conferenza delle Regioni si mette di traverso rispetto alle proposte del Governo, rivendicando competenze, poteri e la valorizzazione delle esperienze di autogoverno delle Regioni e del migliore regionalismo italiano, senza chiederci di sostenere il disegno complessivo dell'intera riforma che invece non possiamo condividere. Su questo abbiamo chiesto e ottenuto una modifica che circoscrive l'assenso del Consiglio alla sola parte del documento delle Regioni in cui si chiede che l'attuale ipotesi di riforma del Titolo V venga modificata restituendo potere alle Regioni e alla specialità. Su questo esprimiamo un sì convinto, perché sono innanzitutto le Regioni che possono costruire un argine contro un disegno neocentralista che allontanerebbe ulteriormente i cittadini dal luogo dove vengono prese le decisioni".

Lo ha dichiarato Giulio Lauri, capogruppo di Sinistra Ecologia Libertà in Consiglio regionale, intervenendo nel dibattito sulla riforma del Titolo V.

"La proposta di riforma della Costituzione di Matteo Renzi -continua Lauri - nasce da un accordo extraparlamentare fra lo stesso Renzi e Silvio Berlusconi sulla legge elettorale. La contrastiamo con convinzione perché, oltre a scardinare un delicato equilibrio di poteri, garanzie e controgaranzie istituzionali dietro le parole velocità e semplificazione, si nasconde la riproposizione di un Parlamento in cui siederanno solo uomini e donne nominati dai partiti ed eletti senza preferenze, appartenenti quasi tutti ai tre partiti più grandi, PD, Forza Italia e M5S, in cui non avranno più voce quelle forze che non riusciranno a superare soglie di sbarramento molto alte".

"Una riforma che viene sostenuta brandendo l'argomento della riduzione dei costi della politica che deriverà dal non pagare più l'indennità dei senatori eletti in modo indiretto, ma che ci sembra francamente sbagliato: se è questo il problema - conclude Lauri - perché Renzi non dimezza gli stipendi dei parlamentari? E un'ultima domanda: la governabilità in questi ultimi anni è stata messa in crisi dalle forze minori o dalle divisioni nei partiti più grandi, a cominciare da PD e Pdl?"