LN: Zilli, Governo declassa quattro ospedali, la colpa è di Serracchiani
(ACON)Trieste, 2 gen - COM/MPB - "Roma vuole declassare quattro
ospedali del Friuli Venezia Giulia? Gemona, Maniago, Cividale e
Sacile sono, agli occhi del Ministero, poco più che sale
d'attesa? Questa volta, puntare l'indice contro il governo
centrale sarebbe un errore. Roma emette un certificato di morte.
Ma la vera colpevole è Debora Serracchiani".
Queste le parole di Barbara Zilli, consigliere regionale della
Lega Nord, che reitera la sua "piena condanna politica rispetto a
un massacro sanguinoso che la presidente si ostina a chiamare
riforma".
"Da mesi - spiega Zilli - la Lega denuncia che molti ospedali
rischiano di perdere tutto, divenendo, nei fatti, ricoveri per
pazienti in predicato di essere traferiti altrove. Adesso, Roma
ci dà ragione: la Giunta Serracchiani ha macellato la nostra
sanità, un'eccellenza in campo internazionale, e ha avuto la
spudoratezza di vendere questo scempio come una riforma virtuosa.
Ecco i risultati reali della presidenza della vice segretaria del
Pd: la strage dei posti letto, dei reparti di emergenza, e dello
stato sociale. Vittima tra le vittime, come sempre, l'Alto
Friuli: basta prendere una cartina geografica per capire quali
sono i territori che perdono di più. La desertificazione della
montagna e delle periferie continua senza pietà".
Ancora Zilli: "Il Ministero non fa che prendere atto dei
risultati prodotti dalla carneficina griffata Serracchiani -
Telesca. L'errore è a monte, nasce in questa regione. È
disgustoso il siparietto messo in piedi dalla Giunta, che si
ripara dietro "questioni tecniche" e pretende di minimizzare una
vicenda di enorme gravità. Rivendica il merito di non essersi
vista impugnare la legge? Ovvio. Roma non ricorre contro una
legge masochista e autolesionista. Lascia che il Friuli Venezia
Giulia si autoflagelli. Ma, in realtà, i cittadini sono solo
vittime del cinismo di chi punta ad altri palcoscenici, e non si
fa scrupoli nel sacrificare la sanità pubblica di una regione
sull'altare della propria ambizione".