GM: Piccin, su chiusure domenicali marcia indietro tutta politica
(ACON) Trieste, 16 mar - COM/AB - "Questo è lo specchio della
politica del Pd".
Non ha dubbi la consigliera regionale del Gruppo Misto Mara
Piccin nel commentare la bocciatura da parte della maggioranza
dell'emendamento che lei e il collega Claudio Violino hanno
presentato per estendere a 12, una al mese, il numero delle
chiusure domenicali obbligatorie. Proposta su cui la Giunta
regionale aveva lasciato campo libero al Consiglio, che dapprima
aveva sostenuto che avrebbe presentato un emendamento in merito e
poi si è rimangiato la parola.
La Piccin ha mantenuto l'emendamento perché "la maggioranza Pd si
doveva prendere la responsabilità e votare. E ha deciso di
bocciare le chiusure domenicali in più che venivano chieste
rispetto a quelle presenti in una proposta di legge largamente
insufficiente allo scopo. Fra l'altro, l'emendamento non
comportava alcun onere al bilancio regionale, quindi la marcia
indietro è solo ed esclusivamente politica. Nella sfida contro lo
strapotere della grande distribuzione non si vuole andare fino in
fondo".
"Quello delle chiusure domenicali e del giusto riposo dei
lavoratori è un tema che mi è sempre stato a cuore - spiega la
consigliera - e la volontà asserita da questa maggioranza di
introdurre un pacchetto di giornate festive a chiusura
obbligatoria non poteva che trovare il mio pieno appoggio, se
fosse stata portata effettivamente a termine. Invece erano solo
belle parole".
La battaglia è prima di tutto sociale, quindi, ma è anche
relativa alla nostra autonomia. "Se vogliamo esercitare appieno
la nostra specialità - pensa la Piccin - dobbiamo innanzitutto
distinguerci dalla normativa nazionale, figlia di un liberismo
cieco, che non tiene minimamente conto dei risvolti sociali di
una deregulation selvaggia, che opera un vero e proprio
stravolgimento del tempo-famiglia per centinaia e centinaia di
dipendenti costretti a fare i forzati della domenica. L'80 % di
esse sono donne che devono abdicare anche nelle giornate festive
al loro ruolo di madri: fra l'altro dovrebbero lavorare con
retribuzioni e contratti dignitosi e non con voucher da 7,5 euro,
che in molti casi arrivano a 6, e costringono i lavoratori,
giovani in particolare, a uno stato di precarietà permanente in
un clima lavorativo da fabbriche ottocentesche. Il Consiglio
regionale vuole dare risposta anche a queste problematiche?"