CR: modifiche L.R.26/14, relatore minoranza Zilli (5)
(ACON) Trieste, 22 giu - MPB - Anche Barbara Zilli (LN) ,
secondo relatore di minoranza per il progetto di modifica
dell'art. 27 della legge 26/2014, ha letto all'Aula la sua
relazione, definendo il provvedimento un vero e proprio
ventaglio di correzioni e novità alla già ripetutamente emendata
legge di riordino del sistema Regione-Autonomie locali in FVG, ed
elencandone i tratti essenziali.
Le funzioni obbligatorie ex art.26 che le Uti dovranno esercitare
in fase di avvio per conto dei Comuni sono ridotte da 5 a 2: la
programmazione europea (con decorrenza dal 1°luglio 2016) e il
sistema locale dei servizi sociali, il cui avvio è differito
all'1 gennaio 2017. Conseguentemente, l'alveo delle funzioni
facoltative ex art.27 viene ulteriormente ampliato. Degno di
segnalazione è il potenziamento dell'esercizio delle funzioni nei
subambiti, per il cui funzionamento viene introdotta un'ulteriore
deroga al criterio demografico, letteralmente sgretolato nel
corso dell'iter di modifica della legge. Si registra un'ulteriore
dilatazione - fino al gennaio 2018 - dell'avvio a pieno regime
delle funzioni previste in seno alle Uti. Grazie all'ultima
metamorfosi della L.26 vengono riconosciuti i principi di
sussidiarietà e di leale collaborazione tra enti locali quali
motori efficienti di un autentico modello di organizzazione
amministrativa regionale. Infatti viene restituita, seppur con
dubbi sistemi applicativi, dignità all'associazonismo tra Comuni,
disancorandolo da severi criteri demografici, legandoli ad ambiti
di adeguatezza più circostritti e sostituendo la pesante macchina
burocratica delle Uti con lo strumento leggero ed efficace delle
convenzioni tra Comuni.
In altri termini, a suon di modifiche e correzioni, il modello
Uti si è allontanato inesorabilmente dalla sua originaria
essenza, diventando un mostro vorace di risorse e creatore di una
surreale e contradditoria stratificazione normativa. Un tanto
perché la foga riformatrice della Giunta ha necessariamente
dovuto scontrarsi con l'impossibilità applicativa di tale modello
organizzativo, indigesto ai Comuni perché imposto senza supporto
logico - giuridico e noncurante delle virtuose relazioni che gli
stessi hanno saputo costruire nei decenni.
Non solo. Il già contorto tracciato della L. 26/14 ha dovuto fare
i conti con le pronunce del TAR regionale, le cui statuizioni
hanno permesso di spazzare via l'obbligatorietà, dichiarando
illegittimo l'esercizio del potere sostitutivo ex art. 60, che
oggi meriterebbe davvero di essere eliminato dal fin troppo
intricato impianto normativo.
Invero, il TAR ha annullato le delibere della Giunta regionale
relative alla nomina dei sei commissari ad acta, nonché tutti gli
atti dagli stessi adottati. Ergo, le 6 Uti (della Val Canale -
Canal del Ferro, dell'Alto Friuli, del Friuli Centrale, del Medio
Friuli, del Natisone e del Livenza) sono ad oggi illegittimamente
costituite, avendo approvato statuti che sono stati travolti
dalla dichiarazione di illegittimità.
Qual è il destino di queste 6 Unioni? Sarà sufficiente ancorarsi
alle novità normative di cui alla L.R. 3/2016?
Al di là delle asserzioni giuridiche, che devono trovare naturale
risposta in altre sedi, nella saga delle Uti la grande assente è
stata la politica con la p maiuscola. E ulteriore prova ne è il
fatto che all'interno dello stralcio non si rinviene alcuna
proposta di modifica del tanto criticato fondo di perequazione
sulla cui rimodulazione la Giunta lavora da mesi ormai,
noncurante della richiesta unanime di una sua eliminazione.
Nella discussione in Commissione si è esplicitamente fatto
intendere che qualche indicazione se non risolutiva, quantomeno
blandamente migliorativa, dovrebbe essere predisposta dalla
Giunta durante i lavori in Aula. Non possiamo che attendere prima
di giudicare la proposta che verrà presentata anche se i
precedenti non inducono all'ottimismo.
Un'altra questione spinosa risiede nella previsione dell'art. 38
bis recante "Disposizioni in materia di subentro", laddove
espressamente sono derogate le previsioni dei piani di
successione e subentro relativi alle Comunità montane redatti dai
Commissari straordinari e viene cancellato, tra gli altri, il
criterio di allocazione territoriale dei beni immobili ai fini
della loro destinazione, calamitandoli tutti nel patrimonio delle
Uti. L'illogicità di tale previsione è di tutta evidenza.
Il pacchetto di disposizioni (da art. 17 ad art 21) di modifica
della L.r. 9/2009, recante "Disposizioni in materia di sicurezza
e di ordinamento della polizia locale" contiene una previsione
francamente eccessiva e inadeguata alla realtà regionale per
quanto attiene i principi organizzativi, laddove eleva
addirittura a 15 il numero di operatori per il corpo di polizia
locale.
Quanto, infine, al pacchetto di emendamenti relativi al
trasferimento delle funzioni dalle Province alla Regione, ebbene,
tale operazione delinea l'ente regione come un pachiderma
ingombrante che non persegue più gli obiettivi di legislazione e
programmazione, preferendo zavorre amministrative meglio
gestibili nei sistemi di area vasta.
Concludendo, l'opera di maquillage qui proposta dalla Giunta ad
un testo contorto e stratificato pur essendo così recente e, si
badi, relativo ad una riforma che è ancora ferma ai blocchi di
partenza, non fa che evidenziarne le innegabili fragilità.
Bene farebbe, una volta per tutte, la Giunta a discutere in seno
al Tavolo politico il futuro degli enti locali di questa Regione,
tenendo in considerazione anche i contributi propositivi offerti
dall'opposizione (come ad esempio la proposta di legge regionale
n. 71) invece di ostinarsi a emendare unilateralmente e
all'infinito una legge le cui fondamenta non potranno di certo
trovare idoneo sostegno postumo nel modificato Statuto regionale.
Ha quindi preso avvio il dibattito generale.
(segue)
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