Sel-FVG: Lauri, non riaprire Cie, meglio acc. diffusa nei Comuni
(ACON) Trieste, 3 gen - COM/MPB - "Il modello concentrazionario
dei Centri di identificazione ed espulsione per la gestione
dell'accoglienza dei migranti è fallito, e riportarlo in vita
così come sembra voler fare il Ministro dell'Interno Minniti,
oltre che irrispettoso dei diritti umani, sarebbe un errore anche
dal punto di vista della sicurezza. In Friuli Venezia Giulia lo
sappiamo bene perché abbiamo dovuto gestire per molti anni la
presenza sul nostro territorio del Cie di Gradisca, e i cittadini
alle ultime elezioni regionali hanno votato per una coalizione
che aveva fra i punti qualificanti del programma proprio la
chiusura di quel centro, obiettivo perseguito con grande
convinzione dalla maggioranza di centrosinistra e dalla
Presidente Serracchiani e raggiunto così come era stato promesso
ai cittadini: più che accettare di entrare nel merito su quale
sarebbe la struttura più adatta ad ospitare un nuovo CIE in
Friuli Venezia Giulia, per evitare una sua riapertura nei
rapporti col Governo è importante e necessario garantire lo
stesso impegno che ci ha contraddistinto quando ne chiedevamo la
chiusura".
Lo ha dichiarato Giulio Lauri, consigliere regionale di Sinistra
ecologia libertà per il Friuli Venezia Giulia, commentando oggi
il contenuto della circolare ministeriale con cui il Ministro
dell'Interno del Governo Gentiloni manifesta la possibilità che
vengano riaperti in ogni regione italiana quei Centri di
identificazione ed espulsione che gli ultimi governi avevano
chiuso.
"I fatti di cronaca accaduti ieri e l'altra notte nel veneziano
in un cosidetto Centro di prima accoglienza a Cona - per
struttura e configurazione straordinariamente simile al Cie di
Gradisca, così come testimoniato anche dalle immagini riportate
dalle TV - non fanno che confermare il fallimento di modelli di
accoglienza "concentrazionaria" in grandi strutture con standard
di vivibilità e salute peggiori di quelle previste dalle norme di
legge che regolano la costruzione e la conduzione delle carceri e
già oggetto di attenzione da parte delle autorità di vigilanza
sanitaria e degli organismi internazionali che si occupano del
rispetto dei diritti umani: in queste strutture, anche grazie a
gestioni discutibili da parte degli Enti preposti, non solo si
sono verificati in passato spesso casi in cui ai migranti non è
stato garantito il diritto alla salute previsto dalla
Costituzione per chiunque sia ospite nel nostro Paese, ma il
regime di assenza di libertà a cui sono sottoposti gli ospiti
indistintamente, e cioè indipendentemente da quali siano state le
cause per cui non sono più, o ancora, titolari del permesso di
soggiorno, sono stati frequentemente causa di rivolte e problemi
di ordine pubblico.
"Invece che ipotizzare la riapertura dei Cie, lungi dal metterci
al riparo dalla presenza in Italia di potenziali terroristi che
possono essere riaccompagnati direttamente alla frontiera quando
ne sussistano gli estremi di legge, così come è ripetutamente
avvenuto anche nel recente passato, il Governo dovrebbe prendere
a modello il Sistema di accoglienza diffusa che si sta
sperimentando in Friuli Venezia Giulia, applicandolo con ancora
più determinazione e diffondendolo in tutti i Comuni italiani,
fatto che comporterebbe una sensibile riduzione dei disagi dovuti
alla relativamente elevata presenza di migranti negli ancora
pochi Comuni che aderiscono già al sistema.
E, se oltre a chiedere una maggiore e più concreta solidarietà
agli altri Paesi europei, si volessero toccare le leggi che
regolano la presenza degli immigrati irregolari sul nostro
territorio, le scelte da compiere sarebbero semmai quelle di
agire modificando gli articoli 13 e 14 del Testo unico
sull'immigrazione laddove non contengono alcuna distinzione sulle
condizioni di non regolarità dei migranti presenti sul territorio
nazionale, siano esse dovute alla banale perdita del lavoro
oppure al fatto che i migranti abbiano compiuto dei reati nel
nostro paese e abbiano per questo scontato o meno eventuali
condanne".