Garante: Comune TS nega pari dignità sociale a coppie omosex
(ACON) Trieste, 13 gen - COM/AB - Walter Citti, Garante
regionale per le persone a rischio di discriminazione, esprime
forti perplessità sulla recente delibera della Giunta comunale di
Trieste (n. 719 del 29 dicembre 2016), con la quale viene
confermata la decisione dell'Amministrazione comunale di
mantenere distinte e separate le sedi per la celebrazione dei
matrimoni civili, rispetto a quella messa a disposizione per la
costituzione delle unioni civili, così come di individuare
nuove sedi aggiuntive per la celebrazione dei soli matrimoni
civili.
Ritiene infatti che, al pari di quella precedente (n. 453 del
22.09.2016), sia discriminatoria e illegittima, in quanto in
palese violazione della clausola generale di equivalenza di cui
al comma 20 dell'art. 1 della legge n.76/2016 per cui alle unioni
civili devono essere estese tutte le leggi e i provvedimenti
amministrativi (e dunque anche quelli comunali) in materia di
matrimonio.
Per adeguarsi alla norma di legge nazionale, il Comune di Trieste
dovrebbe semplicemente estendere anche alla costituzione delle
unioni civili le norme previste dall'apposito regolamento
comunale per la celebrazione dei matrimoni civili e relative
deliberazioni giuntali relative a sedi e tariffario.
Ugualmente, a parere del Garante, non appare giuridicamente
fondato il trattamento differenziato operato dall'Amministrazione
comunale in termini di esercizio del potere di delega da parte
del sindaco ex art. 1 comma 3 D.P.R. n. 396/2000 per
l'identificazione dei soggetti abilitati alla celebrazione del
matrimonio rispetto a quelli abilitati alla costituzione delle
unioni civili.
Con riferimento a prassi e decisioni amministrative analoghe a
quelle triestine, rispettivamente del Comune di Padova (Veneto) e
di quello di Stezzano (Lombardia), la giustizia amministrativa ha
recentemente riconosciuto che la sostanziale parificazione della
nozione di coniuge con quella di persone unita civilmente, tanto
negli aspetti dei rapporti personali che patrimoniali e
successori, pur nella distinzione dei relativi e specifici
istituti, fa sì che la richiamata clausola di equivalenza deve
estendersi anche al momento costituivo del vincolo, obbligando
dunque il Comune ad assicurare la costituzione dell'unione civile
in maniera non difforme rispetto a quanto previsto per la
celebrazione del matrimonio quanto a sedi, tariffe e soggetti
abilitati e delegati alla celebrazione (si veda TAR Lombardia,
sezione di Brescia, sentenza 29 dicembre 2016; TAR Veneto, sez. I
ordinanza cautelare 7 dicembre 2016).
Citti esprime pertanto amarezza per il perpetuarsi sull'argomento
di provvedimenti da parte del Comune di Trieste che, oltre ad
apparire sempre più palesemente illegittimi alla luce dei recenti
pronunciamenti giurisprudenziali dei diversi TAR, sembrano
veicolare un messaggio discriminatorio contrario al principio
fondamentale di pari dignità sociale delle persone a prescindere
dal loro orientamento sessuale.