CR: Giorno della Memoria, orazione ufficiale prof. Zannini (2)
(ACON) Trieste, 31 gen - AB - L'orazione ufficiale del
professor Andrea Zannini è iniziata con una ricostruzione storica
di quegli eventi. I primi prigionieri arrivarono ad Auschwitz nel
settembre del 1940 e un anno dopo iniziarono le uccisioni di
massa. Dei 1,3 milioni di persone che transitarono per quel campo
di sterminio, 1,1 furono uccise: il 90% erano ebrei, assieme a
250mila polacchi, 23mila Rom e Sinti, ma anche prigionieri
politici, criminali, asociali, emigranti, omosessuali, Testimoni
di Geova. E poi, quelli che venivano definiti diversi e
inferiori, uccisi per non intralciare la macchina tedesca
lanciata alla conquista del Mondo.
Anche un numero impreciso di nostri corregionali venne deportato
e morì ad Auschwitz o lungo il viaggio per un qualche campo di
concentramento e di sterminio. Nel complesso, dalle province
nord-adriatiche, Lubiana esclusa, furono inviate nei campi
tedeschi circa 8220 persone, quasi un quarto dei deportati
dall'Italia.
Zannini ha quindi ricordato il campo di detenzione di San Sabba a
Trieste, gestito da una novantina di "specialisti" venuti dai
campi tedeschi, dove furono uccise nel forno crematorio tra le
tre e le quattromila persone tra ebrei, partigiani sloveni,
italiani e croati, dissidenti politici e semplici sospetti, donne
e ragazzi di ogni età. I deportati politici verso la Germania
dalla sola provincia di Udine furono 1158, di cui 58 donne; di
questi, 673 morirono in campi di concentramento, 515
sopravvissero.
Ma gli stereotipi del bravo italiano e del cattivo tedesco - così
ancora il docente - non aiutano però a capire ciò che accadde in
queste terre: prima ancora dell'occupazione tedesca che seguì l'8
settembre '43 si era sperimentato il sistema dei campi di
concentramento dei civili: a Gonars e a Visco, dopo l'annessione
della Slovenia al Regno, migliaia di civili sloveni e croati, di
Rom e Sinti, erano stati internati e tenuti in condizioni
disumane. Circa 500 persone, comprese donne e bambini, vi
morirono di stenti e di malattie.
Il Giorno della Memoria è stato istituito in Italia nell'anno
2000: ricordare - ha affermato l'oratore - è senza dubbio
doveroso, ma senza provare a capire le cause e le ragioni
dell'Olocausto ci condanniamo ogni anno a ricominciare a
ricordare da capo, così il Giorno della Memoria scade a
ricorrenza celebrativa: "Un quadro appeso a una parete", come
ebbe a dire il sociologo polacco di origini ebraiche Zygmunt
Bauman, recentemente scomparso.
A giudizio di Zannini, da parte di alcuni si è cercato di
relativizzare l'Olocausto, sostenendo che in fin dei conti i
genocidi appartengono alla storia dell'umanità, dimenticando la
sua evidente unicità e novità. Altri hanno voluto affievolirne il
senso addebitando ai gulag staliniani il primato storico del
concentrazionismo, passando sopra alle grandi differenze
ideologiche e materiali tra le forme di sterminio di massa
attuale dai due totalitarismi. Vi è poi una categoria morale che
tende ad affievolire la nostra capacità di comprendere
l'Olocausto: quella di considerarlo il male assoluto, qualcosa di
mostruoso e irripetibile, in fin dei conti estraneo alla natura
dell'uomo.
L'Olocausto non può invece considerarsi una parentesi
occasionale, ma un evento che ha le sue radici e la sua logica
nella nostra stessa civiltà europea. I totalitarismi e la loro
realizzazione più spietata, l'Olocausto, sono stati il frutto
dell'incontro tra gli strumenti della modernità tecnologica e
organizzativa da una parte, e le tensioni irrisolte della
modernità politica e ideologica dall'altra.
Zannini ha pertanto sostenuto che ciò che un Paese non deve
perdere non è la memoria, è la storia: dobbiamo studiare e
insegnare a ripensare continuamente la storia dell'Olocausto e
questo deve essere parte integrante della nostra società civile,
della nostra idea di comunità civile.
Se la memoria a volte sbaglia, la storia dà la possibilità di
avere dei punti fissi: uno di questi è il fatto che gli italiani
di religione ebraica avessero contribuito all'unificazione e alla
nascita del nostro Paese e dunque espellerli dalla nazione è
stato un crimine che ha macchiato in primis la casa reale Savoia,
che quelle leggi ha sottoscritto ed è stata meritatamente mandata
in esilio dalla nostra Costituzione.
Oppure che le forze che hanno lottato contro il regime
nazifascista - dai comunisti ai laici, ai moderati, ai cattolici,
fino ai monarchici - tutte insieme, stanno alla base della
Repubblica, delle nostre libertà politiche e civili.
La seconda chiave per far sì che il Giorno della Memoria non si
trasformi poco per volta in una vuota celebrazione - ha ammonito
Zannini - sta in un'altra parola dal significato antico:
politica. Ridare credibilità e fiducia alla politica e alla "res
publica", cioè al governo, nella dizione latina dell'espressione,
è obiettivo indispensabile per evitare che lo spettro sempre
presente della dittatura si materializzi.
Le democrazie europee sono giovani, hanno qualche decina d'anni,
massimo un secolo. Il progetto politico nato dalle ceneri
dell'Olocausto, quello dell'unificazione europea - ha concluso -
ci ha dato il più lungo periodo di pace interna che il Continente
abbia mai sperimentato nella sua storia: 65 anni. Se si vuole
rilanciarlo bisogna ridare alla politica quella dignità e quel
prestigio che sembra aver perso perché, come ha scritto Cicerone:
"Il più alto uso della virtù che un uomo possa fare è quello di
governare un popolo".
L'Aula ha quindi osservato un minuto di raccoglimento.
(foto, immagini tv)
(segue)