Cr: ddl 71 riforma enti locali, relatore minoranza Capozzella (5)
(ACON) Trieste, 13 nov - RCM - "L'unico dato certo di questa
riforma è che le Unioni territoriali intercomunali (Uti)
spariranno. I Comuni potranno scegliere di continuare
l'esperienza associativa, ma sotto un altro nome: le
Comunità".
Così il secondo relatore di minoranza del disegno di legge di
riforma degli enti locali, Mauro Capozzella (M5S), che aggiunge:
"La volontarietà di questi strumenti di aggregazione raggiunge in
questo ddl la sua massima declinazione, fino a diventare libera e
incontrollata autodeterminazione. Non solo i Comuni, di qualunque
dimensione, vengono lasciati liberi di aderire o meno a
qualsivoglia Comunità, ma non vengono delineati né vincoli
geografici, né funzioni da gestire in forma associata attraverso
il nuovo ente. Non sono previsti neppure contributi all'avvio e
non vengono declinate regole o obblighi".
Nel riassumere le disposizioni del provvedimento, Capozzella cita
i nuovi enti di decentramento territoriale, che avranno la
funzione di gestire l'edilizia scolastica di secondo grado
lasciando ai Comuni la proprietà degli edifici e le relative
responsabilità. "Auspichiamo che tali enti siano in grado di
fronteggiare un'emergenza che non si può più rimandare e che si
gioca sulla pelle delle nuove generazioni. Permane qualche dubbio
sulla loro capacità di fronteggiare la situazione rispetto a un
organico non adeguato, unitamente alla convinzione che la sola
funzione dell'edilizia scolastica e la dimensione territoriale di
tali nuovi soggetti siano insufficienti rispetto alle vere
esigenze del territorio.
"L'errore di fondo in cui la Giunta incappa, a mio parere, è la
convinzione che valorizzare il ruolo delle realtà locali e delle
peculiarità del territorio voglia dire lasciare ai singoli la
totale libertà di determinarsi; libertà tale da poter decidere se
aderire o meno a forme di aggregazione che oggi risultano
imprescindibili in un'azione amministrativa efficace ed
efficiente. Questo almeno per le realtà territoriali di piccole
dimensione, che da una aggregazione razionale uscirebbero
rafforzati".
Sintomatico infatti, per Capozzella, è che si sia scelto "di non
operare così nei territori di montagna, in cui l'adesione alle
rispettive Comunità è obbligatoria. Tutto questo mi porta a dire
che sarebbe più utile che l'adesione alle Comunità, almeno sotto
una certa soglia, fosse obbligatoria e questo non solo per dare
uniformità a un territorio che da questa riforma rischia di
uscire disomogeneo, ma anche per dare a questo strumento la reale
capacità di incidere positivamente sulle politiche regionali".
A suo dire, ci vorrebbe più coraggio perché le Comunità
dovrebbero rappresentare "un primo passo verso un naturale
sviluppo delle aggregazioni, prevedendo che dopo un periodo di
convivenza attraverso l'istituzione delle Comunità, gli enti che
ne facciano parte possano convogliare a giuste nozze creando un
vero e nuovo ente che sia sintesi ed espressione delle precedenti
realtà associative".
(foto su www.consiglio.regione.fvg.it; immagini alle tv)
(segue)