Cr: ddl 71 riforma enti locali, relatore minoranza Bidoli (6)
(ACON) Trieste, 13 nov - RCM - La cosiddetta riforma delle
Unioni territoriali intercomunali (Uti), che ha visto la luce con
la legge regionale 26/2014, non è riuscita a dare risposta alle
criticità con cui gli enti locali devono confrontarsi
quotidianamente e che rischiano di paralizzare la loro attività.
La fine delle Province ha fatto allontanare il territorio da
alcuni processi decisionali a causa dell'accentramento di
funzioni in capo alla Regione, con conseguente trasferimento di
personale all'amministrazione regionale medesima.
Lo ha detto Giampaolo Bidoli (Patto), terzo relatore di minoranza
del disegno di legge n. 71 sul coordinamento di funzioni e
servizi tra gli enti locali.
Con questo provvedimento - ha aggiunto -, diamo il via a un'altra
riforma del sistema di governance regionale dove le protagoniste
sono le Comunità, le Comunità di montagna e la Comunità
collinare. Sono proposti strumenti già noti e in cui si introduce
una nuova sovrastruttura locale (la Comunità) che, abbandonato
ogni approccio impositivo, sarà caratterizzata dalla massima
libertà di scelta di adesione per i Comuni, ma seppure invocate a
gran voce da lungo tempo, la norma non contiene incentivi
economici o di altro tipo per queste nuove forme di gestione del
territorio, lasciando i Comuni, ancora una volta, abbandonati a
loro stessi.
La Regione - ha spiegato ancora Bidoli - in questo modo abdica al
ruolo di indirizzo e programmazione generale che naturalmente le
compete, lasciando uno spazio di libertà totale i cui esiti,
senza una visione-guida di ampio respiro, rischiano di frustrare
le possibilità di lavoro associato e coordinato tra i vari enti
locali. Il Consiglio delle autonomie locali ha individuato alcune
questioni dirimenti il funzionamento delle Comunità: il principio
di adeguatezza, la necessità di un sostegno economico per i costi
di avvio, la valorizzazione della promozione e sviluppo del
territorio attraverso un'attività di programmazione pluriennale
guidata dalla Regione, la previsione di definire la forma di
governo attraverso gli Statuti e non esclusivamente ex lege. Ci
auguriamo che queste richieste, e in generale le richieste che
arrivano dai sindaci, trovino ascolto.
Anche per lui, gli enti regionali di decentramento amministrativo
sono l'embrione delle vecchie/nuove Province, perciò
rappresentano "una soluzione provvisoria in cui verranno allocate
alcune funzioni (prima delle Province, poi delle Uti) in attesa
che si istituiscano i nuovi enti di area vasta. Non possiamo fare
ameno di chiederci se sia veramente necessario istituire un ente
che nasce commissariato, o se non si possa trovare una forma
istituzionale meno laboriosa per dare risposte amministrative nel
campo dell'edilizia scolastica, e quale sia la strada che si
prospetta per questi enti nell'immediato e nel prossimo futuro".
Un'ultima perplessità, per Bidoli, arriva dal coordinamento delle
misure introdotte dal ddl: con le Comunità si crea un ulteriore
livello di ente locale, perciò ci troveremo "con ben quattro
livelli di governo territoriale. Sarà necessario un pesante
sforzo per identificare gli strumenti per amministrare questa
complessità evitando di cadere in uno stato caratterizzato dalla
confusione, dall'immobilismo e dalla mancanza di una visione
organica del sistema".
(foto su www.consiglio.regione.fvg.it; immagini alle tv)
(segue)
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