Giorno Memoria: Candotto, parlare ai giovani perché orrore non torni
(ACON) Trieste, 1 feb - "La nostra vita era appesa a un filo:
numeri, eravamo semplici numeri e io ero il 69.610.
Neunundsechzigtausendsechshundertzehn! Eravamo soltanto dei
pezzi, non esseri umani: nullità. I tedeschi gridavano, sempre.
Non parlavano mai. Quello che racconto è la pura verità ma, se
non l'avessi vissuta di persona per un lungo anno, stenterei a
crederci persino io".
Il silenzio generale dell'Aula e una palpabile commozione hanno
accompagnato queste parole che riassumono il lungo intervento
davanti al Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia di Mario
Candotto, 94enne di Ronchi dei Legionari, uno dei pochi
sopravvissuti alle sofferenze vissute nel campo di concentramento
nazista di Dachau in Germania.
Emozionato ma estremamente lucido, simbolo di grande forza
d'animo ed enorme dignità, Candotto ha portato la sua drammatica
testimonianza al termine dell'intervento del presidente
dell'Assemblea Fvg, Piero Mauro Zanin, in occasione delle
celebrazioni del Giorno della Memoria che hanno caratterizzato
l'apertura lavori della prima seduta consigliare del 2021.
Parole laceranti, salutate da un applauso interminabile. "Sono
state 158 le persone deportate da Ronchi e 75 di esse non hanno
più fatto ritorno a casa. È importante - ha esordito Candotto -
la possibilità di essere qui a parlare davanti a tutti voi a 70
anni di distanza da questi fatti. Una volta, invece, esisteva
solo indifferenza. La mia fortuna è stata quella di essere stato
scelto per andare a lavorare in fabbrica e, quando hanno visto la
mia abilità al tornio, di rimanervi. Solo lì mi sentivo un essere
umano".
Aveva soltanto 18 anni, Candotto, quando il 24 marzo 1944 era
stato prelevato insieme ai genitori e alle due sorelle: gli
uomini verso Dachau, le donne verso Auschwitz in Polonia. Due
spie avevano fatto arrestare 70 ronchesi e lui stesso aveva perso
due giovani fratelli, entrambi partigiani, che aveva aiutato
facendo la staffetta. "Sveglia alle 4.30, alle 7 in fabbrica e,
in mezzo, un tormento di due ore per l'appello. E fame, tanta
fame: una parola semplice - ha aggiunto - ma, quando ti prende le
viscere, non riesci nemmeno a ragionare".
Candotto ha anche ricordato la morte del papà sacrestano che "non
ha resistito, mentre mia mamma chissà se è stata piegata dagli
stenti o da un colpo di pistola?". La sua è una delle ultime voci
in grado di testimoniare un dramma come quello dell'Olocausto e
la sua presenza costante nelle scuole costituisce più che mai un
insegnamento e: "Perché i giovani devono sapere cosa è successo -
ha ribadito - e fare di tutto, affinché non si ripeta mai più".
ACON/DB-fc