Giorno Ricordo: Egea Haffner, il dramma della bambina con la valigia
(ACON) Trieste, 17 feb - "Quella foto è ormai molto conosciuta:
stavo per lasciare la mia città, era l'estate del 1946 e, insieme
alla mamma con poche cose al seguito, avrei raggiunto la
Sardegna, dove avremmo trovato ospitalità. Uno scatto suggestivo,
anche se frutto di una messinscena organizzata dallo zio Alfonso,
dal grande valore simbolico in quanto testimonia la grande
tragedia".
Queste parole riassumono in maniera eloquente il toccante e
lucido intervento di Egea Haffner davanti al Consiglio regionale
del Friuli Venezia Giulia, ospite in videoconferenza delle
commemorazioni legate al Giorno del Ricordo in apertura della due
giorni di lavori d'Aula a Trieste.
Egea Haffner ha portato la sua drammatica testimonianza al
termine dell'introduzione del presidente del Consiglio, Piero
Mauro Zanin, e dopo la proiezione di uno struggente filmato
d'epoca che si è concluso proprio con la sua immagine legata a
quel 6 luglio 1946, quando una bimbetta con i boccoli, un vestino
di seta e i sandaletti bianchi volgeva lo sguardo orgoglioso
lontano dall'obiettivo del fotografo Giacomo Szentiványi. Tra le
sue mani solo un ombrellino e una piccola valigia in pelle con
una scritta eloquente: Esule giuliana 30.001. Egea stava
lasciando Pola, dove era nata il 3 ottobre 1941, pronta per
imbarcarsi alla volta di Cagliari.
L'istantanea è diventata quasi un simbolo del dramma degli esuli
di ogni età, costretti ad abbandonare le proprie terre per andare
incontro a un futuro pieno di incognite in luoghi sconosciuti.
Non a caso, una volta estratta dall'archivio di famiglia, la foto
sarebbe stata scelta per le locandine di alcune esposizioni
tematiche e per la copertina di varie pubblicazioni, apparendo
anche su un manifesto ufficiale dell'Associazione Nazionale
Venezia Giulia e Dalmazia (Anvgd).
Un'immagine, quella della bambina con la valigia, che a tutt'oggi
continua a provocare emozioni. Egea non aveva ancora festeggiato
i cinque anni quando dovette lasciare l'Istria. "Mio nonno era
morto di crepacuore, papà Kurt era stato prelevato a casa nel
1945 e di lui non si era saputo più nulla. Tra lutti e tragedie,
mamma Ersilia - ha ricordato Egea Haffner, ripercorrendo la
storia della sua famiglia - era stata costretta a raggiungere la
sorella Angiolina in Sardegna".
Una vicenda terribile, fatta di affetti troncati e di persone
disperse a centinaia di chilometri di distanza. Due anni più
tardi Egea avrebbe però raggiunto la nonna e gli zii materni a
Bolzano, senza essere costretta a sperimentare le dure condizioni
di un campo profughi. Oggi, mamma di due figlie e nonna di sei
nipotini, vive a Rovereto, in Trentino.
"Nel marzo del 1947 - ha concluso - la mamma mi affidò a loro e
iniziai le scuole. Poi il lavoro e, infine, una famiglia.
Tuttavia, non ho dimenticato nulla e, quando mi è possibile,
porto sempre la mia testimonianza nelle scuole, affinché sia di
aiuto alle nuove generazioni per comprendere e tenere viva la
memoria".
ACON/DB-fc