Vajont: Zanon (Futura), figlio di tragedia oggi simbolo di rinascita
(ACON) Trieste, 10 lug - "La storia del Comune di Vajont è
esempio virtuoso di ripartenza, un modello di ricostruzione e
riscatto che, in un certo modo, ha anticipato di qualche anno, un
altro leggendario emblema di rinascita, rappresentato dalla
ricostruzione del Friuli post terremoto. L'immane tragedia che ha
dato origine a questo paese non può e non deve essere
dimenticata, soprattutto in quanto monito, affinché l'uomo abbia
il massimo rispetto per la natura e per l'ambiente e non permetta
che si ripetano simili tragedie, poiché, chi non ricorda ripete".
Così il consigliere regionale Emanuele Zanon, di Regione Futura,
che ha partecipato alle commemorazioni per il 50° anniversario
della fondazione del Comune di Vajont, in rappresentanza del
Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia su delega del suo
presidente, Piero Mauro Zanin.
"Oggi, anche sulla base di questa esperienza, dobbiamo rivolgere
il pensiero al futuro - ha proseguito Zanon -, con occhi di
speranza e fiducia per affrontare una nuova difficile prova, che
è la ripresa dopo la crisi sanitaria, economica e sociale che in
quest'ultimo anno ha imperato a causa della pandemia da Covid".
Nella sua nota, Zanon entra nei dettagli della storia della
nascita del paese, "legata in forma indissolubile all'immane
tragedia causata dalla frana del monte Toc, pernicioso evento del
9 ottobre 1963, ancora vivo e presente nella memoria collettiva
dell'intera nazione, che ha lasciato un'indelebile lacerazione
nella nostra storia recente. Al dramma delle morti, si aggiunse
un ulteriore evento traumatizzante, quello dell'esodo e della
successiva ricostruzione materiale e immateriale di questa
comunità che con referendum del 6 aprile 1964 (pur in un clima di
acceso confronto) optò per costruire un nuovo paese a valle in
località Ponte Giulio, nell'area denominata Bosco dell'Impero,
integrata nella fiorente cittadina di Maniago".
"A seguito della travagliata decisione del Consiglio comunale del
23 aprile 1971, con la legge regionale 22 del 16 giugno 1971
venne stabilito il riconoscimento dell'insediamento abitativo di
Erto e Casso, formatosi nel territorio del Comune di Maniago,
prima come isola amministrativa di Erto e Casso, e poi, con
l'entrata in vigore della stessa legge, la scissione in due
comuni (Erto e Casso, Vajont). Non tutti i circa 1.800 cittadini
di Erto e di Casso decisero di lasciare i loro vecchi abitati,
così nel 1971 solo 732 persone trasferirono la loro residenza a
Vajont, dando origine ad un contenuto ma significativo nucleo di
abitanti".
"Si trattava di un nuovo paese che ha dovuto costruire, insieme
alle strutture materiali, anche l'insieme di tali valori
intangibili, cioè l'ethnos", ha commentato l'esponente di Regione
Futura.
"Con lo sguardo odierno, possiamo affermare che quella sfida è
stata positivamente superata, anche grazie alla funzione
unificante della Chiesa, della parrocchia, dei luoghi e
istituzioni civiche, delle occasioni di aggregazione sociale,
anche attraverso i preziosi sodalizi del volontariato.
Cinquant'anni fa non è nato solo un nuovo paese, ma è rinata una
nuova comunità - afferma Zanon -, che ha saputo da un lato
mantenere saldi i legami con le proprie origini e dall'altro
essere aperta e inclusiva nei confronti dei nuovi abitanti,
popolazione che attualmente conta circa 1.800 residenti. Esempio
virtuoso di ripartenza, ricostruzione e riscatto che ha
anticipato di qualche anno un altro leggendario emblema di
rinascita a seguito di un evento catastrofico, la ricostruzione
del Friuli post terremoto".
"Vajont è figlio della tragedia e ci insegna che, nonostante il
trauma dovuto al dramma, il valore identitario che tine unita la
popolazione è ciò che ci consente di ricostruire. Un insegnamento
quanto mai attuale oggi, alla luce delle ingenti risorse
finanziarie del Piano nazionale di ripartenza e resilienza che,
in sintonia con il Green Deal europeo, ci devono guidare nelle
scelte di ricostruzione europea, italiana e per la nostra
regione, con particolare attenzione ad ambiente e natura, al
cambiamento climatico, alla prevenzione dai rischi idrogeologici.
Ma anche ad investire sui piccoli centri - scrive in chiusura
Zanon - che costituiscono il grande patrimonio dell'Italia nella
sua ricchissima diversità culturale, identitaria, linguistica. Da
un lato perseguire l'evoluzione e il progresso tecnologico,
dall'altro preservare l'ambiente valorizzando le peculiarità
locali e la vivibilità dei nostri territori".
ACON/COM/rcm