Contrasto violenza: Opposizioni per ritiro pdl, Maggioranza va avanti
(ACON) Trieste, 26 lug - Consiglio regionale ancora diviso
sulla norma anti-violenza. I gruppi di Opposizione hanno chiesto
il ritiro della proposta di legge sulla base di una lettera
firmata da numerose associazioni che considerano il testo
emendato in Commissione peggiorativo rispetto al precedente, ma
la Maggioranza di centrodestra ha respinto sul nascere l'istanza,
ritenendo "strumentali" - parole di Mara Piccin (FI), prima
firmataria della pdl 127 - le argomentazioni della controparte
politica.
È stata Ilaria Dal Zovo (M5S) a formulare la richiesta di ritiro
del testo, modificato in commissione da numerosi emendamenti
presentati dalla Lega: "Le associazioni che si battono contro la
violenza di genere - ha detto Dal Zovo, prima firmataria della
pdl 6 sullo stesso tema, esaminato assieme al testo di Piccin
durante i lavori del Comitato ristretto con l'obiettivo di
arrivare a una sintesi - parlano di aggiunte e cancellazioni che
hanno stravolto il testo base".
Alla richiesta di ritiro si sono associati Mariagrazia Santoro
(Pd) e Furio Honsell (Open Sinistra Fvg), ma Piccin ha spento sul
nascere ogni trattativa definendo "strumentale la posizione delle
associazioni, che arriva alla vigilia del dibattito in aula.
Durante le audizioni in comitato ristretto nessuno parlò di norma
peggiorativa".
La successiva discussione generale non ha fatto altro che
precisare le due posizioni divergenti. "È una pdl che svilisce
il lavoro del Comitato, rendendo inutile il contributo dei
soggetti auditi - ha detto Simona Liguori dei Cittadini, che a
sua volta nei mesi scorsi aveva presentato una pdl sul tema, poi
bocciata in aula - . Ci eravamo illusi, poi la Lega ha tolto
ogni riferimento all'identità di genere".
"Non è mai capitato che un testo uscito condiviso da un comitato
ristretto venisse stravolto in questo modo", ha protestato Dal
Zovo. E anche Santoro ha parlato di "problema di metodo: le
associazioni hanno lavorato con gli uffici per un anno e mezzo, e
le norme proposte da Piccin e Dal Zovo erano state ritenute
simili, tanto che in comitato ristretto ci fu un voto unanime".
Anche Honsell è "profondamente deluso da questo percorso
legislativo
Gli emendamenti della Lega rendono il testo
interpretabile nel modo più ampio, a scapito dell'efficacia. In
sostanza è una violenza che viene fatta attraverso una legge
antiviolenza, nei confronti di chi subisce violenza da secoli".
Massimo Moretuzzo (Patto per l'Autonomia) ha insistito sulla
contraddizione tra voto unanime in Comitato ristretto e
successivi emendamenti: "Come mai quello che valeva in comitato,
dove c'erano anche leghisti come Moras e Spagnolo, non è stato
più valido dopo? La posizione della Lega è legittima, ma non
capisco perché non sia stata espressa in modo chiaro prima". "Non
va bene - ha insistito Chiara Da Giau (Pd) - una definizione
generica di violenza, che finisce per annacquare il significato
della legge".
La posizione della Maggioranza è stata riassunta con chiarezza da
Mauro Bordin, capogruppo della Lega: "A scanso di equivoci, qui
dentro tutti siamo contrari a ogni forma di violenza - ha
premesso - ma noi non intendiamo introdurre il concetto di
identità di genere nell'ordinamento regionale: su questo, come
sulla teoria gender, abbiamo convinzioni chiare e forti. E visto
che l'unica cosa che cambia dopo i nostri emendamenti è il
richiamo all'identità di genere, mi chiedo se stiamo discutendo
sul contrasto alla violenza sulle donne o su quella definizione".
Concetti totalmente condivisi da Claudio Giacomelli: "L'identità
di genere non va confusa con l'orientamento sessuale, e in una
legge anti violenza l'unica cosa che conta è l'orientamento
sessuale, non come uno percepisca se stesso, maschio o femmina".
Il capogruppo di Fratelli d'Italia ha citato una dirigente di
Arcilesbica, ex esponente di Rifondazione comunista, "della quale
normalmente non condivido nulla, ma che è contraria al
riconoscimento giuridico dell'identità di genere, assieme ad
altre storiche associazioni femministe. La vede come un pericolo
per i diritti faticosamente acquisiti dal mondo femminile".
Argomento ripreso dal leghista Antonio Calligaris: "Nel mondo
anglosassone l'introduzione dell'identità di genere che si basa
solo sull'identità percepita ha generato molti problemi per le
donne, a partire dal caso di quei detenuti che percependosi donne
chiesero il trasferimento nelle carceri femminili. Anche in
Italia diverse associazioni femministe criticano il ddl Zan su
questo aspetto".
Le modifiche del testo uscito dal Comitato ristretto sono rimaste
al centro del dibattito anche nella seconda parte della
discussione generale, durante la seduta pomeridiana. "Il Comitato
si è riunito in tempi stretti - ha spiegato Maddalena Spagnolo
(Lega) - ed è stato deciso di lasciare le valutazioni politiche
alla commissione, dopo aver svolto un importante lavoro
sull'unificazione dei due testi di legge". "E non c'è stato
stravolgimento del testo - ha rimarcato il collega di gruppo Ivo
Moras, presidente della III Commissione - solo perché sono state
tolte le parole identità di genere. Piuttosto, è ideologico
l'atteggiamento di chi vuole introdurre solo quel concetto". "Il
vizio di base - ha osservato un altro consigliere leghista,
Antonio Lippolis - è che i due pdl erano costruiti in modo molto
diverso".
A queste considerazioni hanno replicato i consiglieri delle
Opposizioni. Roberto Cosolini (Pd) ha fatto notare "che già
nell'articolo 1, che si legge in pochi secondi, si parlava di
identità di genere e nessuno in Comitato ristretto aveva espresso
riserve sulla definizione". "Non è stato il Pd, ma la Lega - ha
attaccato il collega di partito Cristiano Shaurli - a far saltare
un testo che era stato accettato da tutti".
Andrea Ussai (M5S) ha parlato di "approccio ideologico da parte
della Lega" mentre il capogruppo pentastellato Cristian Sergo ha
letto un articolo della legge 9 del 2014 "in cui si parla di
vittime di discriminazione per identità di genere: quindi - ne ha
concluso, replicando indirettamente a Bordin- il riconoscimento
giuridico c'è già nell'ordinamento regionale, e da 7 anni".
Il vicegovernatore Riccardo Riccardi ha spiegato la posizione
della Giunta: "Non credo - ha detto - che sia uno scandalo avere
idee diverse su certe tematiche, ma sulla difesa delle donne
vittime di violenza dovremmo essere tutti d'accordo, e bisogna
pertanto chiedersi se ci sia la possibilità di trovare almeno in
parte una sintesi".
Chiudendo il dibattito, la relatrice Piccin si è detta convinta
"che questo dibattito un anno fa o tra un anno sarebbe stato
molto diverso: siamo fortemente condizionati dal dibattito
nazionale su queste tematiche. In ogni caso - ha ribadito - il
testo uscito dalla Commissione non stravolge nulla".
ACON/FA-fc