News


Contrasto violenza: Opposizioni per ritiro pdl, Maggioranza va avanti

26.07.2021
16:37
(ACON) Trieste, 26 lug - Consiglio regionale ancora diviso sulla norma anti-violenza. I gruppi di Opposizione hanno chiesto il ritiro della proposta di legge sulla base di una lettera firmata da numerose associazioni che considerano il testo emendato in Commissione peggiorativo rispetto al precedente, ma la Maggioranza di centrodestra ha respinto sul nascere l'istanza, ritenendo "strumentali" - parole di Mara Piccin (FI), prima firmataria della pdl 127 - le argomentazioni della controparte politica.

È stata Ilaria Dal Zovo (M5S) a formulare la richiesta di ritiro del testo, modificato in commissione da numerosi emendamenti presentati dalla Lega: "Le associazioni che si battono contro la violenza di genere - ha detto Dal Zovo, prima firmataria della pdl 6 sullo stesso tema, esaminato assieme al testo di Piccin durante i lavori del Comitato ristretto con l'obiettivo di arrivare a una sintesi - parlano di aggiunte e cancellazioni che hanno stravolto il testo base".

Alla richiesta di ritiro si sono associati Mariagrazia Santoro (Pd) e Furio Honsell (Open Sinistra Fvg), ma Piccin ha spento sul nascere ogni trattativa definendo "strumentale la posizione delle associazioni, che arriva alla vigilia del dibattito in aula. Durante le audizioni in comitato ristretto nessuno parlò di norma peggiorativa".

La successiva discussione generale non ha fatto altro che precisare le due posizioni divergenti. "È una pdl che svilisce il lavoro del Comitato, rendendo inutile il contributo dei soggetti auditi - ha detto Simona Liguori dei Cittadini, che a sua volta nei mesi scorsi aveva presentato una pdl sul tema, poi bocciata in aula - . Ci eravamo illusi, poi la Lega ha tolto ogni riferimento all'identità di genere".

"Non è mai capitato che un testo uscito condiviso da un comitato ristretto venisse stravolto in questo modo", ha protestato Dal Zovo. E anche Santoro ha parlato di "problema di metodo: le associazioni hanno lavorato con gli uffici per un anno e mezzo, e le norme proposte da Piccin e Dal Zovo erano state ritenute simili, tanto che in comitato ristretto ci fu un voto unanime". Anche Honsell è "profondamente deluso da questo percorso legislativo… Gli emendamenti della Lega rendono il testo interpretabile nel modo più ampio, a scapito dell'efficacia. In sostanza è una violenza che viene fatta attraverso una legge antiviolenza, nei confronti di chi subisce violenza da secoli".

Massimo Moretuzzo (Patto per l'Autonomia) ha insistito sulla contraddizione tra voto unanime in Comitato ristretto e successivi emendamenti: "Come mai quello che valeva in comitato, dove c'erano anche leghisti come Moras e Spagnolo, non è stato più valido dopo? La posizione della Lega è legittima, ma non capisco perché non sia stata espressa in modo chiaro prima". "Non va bene - ha insistito Chiara Da Giau (Pd) - una definizione generica di violenza, che finisce per annacquare il significato della legge".

La posizione della Maggioranza è stata riassunta con chiarezza da Mauro Bordin, capogruppo della Lega: "A scanso di equivoci, qui dentro tutti siamo contrari a ogni forma di violenza - ha premesso - ma noi non intendiamo introdurre il concetto di identità di genere nell'ordinamento regionale: su questo, come sulla teoria gender, abbiamo convinzioni chiare e forti. E visto che l'unica cosa che cambia dopo i nostri emendamenti è il richiamo all'identità di genere, mi chiedo se stiamo discutendo sul contrasto alla violenza sulle donne o su quella definizione".

Concetti totalmente condivisi da Claudio Giacomelli: "L'identità di genere non va confusa con l'orientamento sessuale, e in una legge anti violenza l'unica cosa che conta è l'orientamento sessuale, non come uno percepisca se stesso, maschio o femmina". Il capogruppo di Fratelli d'Italia ha citato una dirigente di Arcilesbica, ex esponente di Rifondazione comunista, "della quale normalmente non condivido nulla, ma che è contraria al riconoscimento giuridico dell'identità di genere, assieme ad altre storiche associazioni femministe. La vede come un pericolo per i diritti faticosamente acquisiti dal mondo femminile".

Argomento ripreso dal leghista Antonio Calligaris: "Nel mondo anglosassone l'introduzione dell'identità di genere che si basa solo sull'identità percepita ha generato molti problemi per le donne, a partire dal caso di quei detenuti che percependosi donne chiesero il trasferimento nelle carceri femminili. Anche in Italia diverse associazioni femministe criticano il ddl Zan su questo aspetto".

Le modifiche del testo uscito dal Comitato ristretto sono rimaste al centro del dibattito anche nella seconda parte della discussione generale, durante la seduta pomeridiana. "Il Comitato si è riunito in tempi stretti - ha spiegato Maddalena Spagnolo (Lega) - ed è stato deciso di lasciare le valutazioni politiche alla commissione, dopo aver svolto un importante lavoro sull'unificazione dei due testi di legge". "E non c'è stato stravolgimento del testo - ha rimarcato il collega di gruppo Ivo Moras, presidente della III Commissione - solo perché sono state tolte le parole identità di genere. Piuttosto, è ideologico l'atteggiamento di chi vuole introdurre solo quel concetto". "Il vizio di base - ha osservato un altro consigliere leghista, Antonio Lippolis - è che i due pdl erano costruiti in modo molto diverso". A queste considerazioni hanno replicato i consiglieri delle Opposizioni. Roberto Cosolini (Pd) ha fatto notare "che già nell'articolo 1, che si legge in pochi secondi, si parlava di identità di genere e nessuno in Comitato ristretto aveva espresso riserve sulla definizione". "Non è stato il Pd, ma la Lega - ha attaccato il collega di partito Cristiano Shaurli - a far saltare un testo che era stato accettato da tutti".

Andrea Ussai (M5S) ha parlato di "approccio ideologico da parte della Lega" mentre il capogruppo pentastellato Cristian Sergo ha letto un articolo della legge 9 del 2014 "in cui si parla di vittime di discriminazione per identità di genere: quindi - ne ha concluso, replicando indirettamente a Bordin- il riconoscimento giuridico c'è già nell'ordinamento regionale, e da 7 anni". Il vicegovernatore Riccardo Riccardi ha spiegato la posizione della Giunta: "Non credo - ha detto - che sia uno scandalo avere idee diverse su certe tematiche, ma sulla difesa delle donne vittime di violenza dovremmo essere tutti d'accordo, e bisogna pertanto chiedersi se ci sia la possibilità di trovare almeno in parte una sintesi".

Chiudendo il dibattito, la relatrice Piccin si è detta convinta "che questo dibattito un anno fa o tra un anno sarebbe stato molto diverso: siamo fortemente condizionati dal dibattito nazionale su queste tematiche. In ogni caso - ha ribadito - il testo uscito dalla Commissione non stravolge nulla". ACON/FA-fc



Roberto Cosolini (Pd)
Ivo Moras (Lega)
Simona Liguori (Cittadini)
Claudio Giacomelli (FdI)