ECONOMIA. ZANIN A CONVEGNO RILANCIAFRIULI: AIUTARE LE IMPRESE
(ACON) Udine, 3 nov - Ripensare il modello Friuli, perché i
dati dell'ultimo decennio segnalano una decisa contrazione in
termini di reddito, export e base produttiva. E perché la
crescita economica di quest'anno rischia di essere effimera,
alimentata solo dai tanti soldi pubblici in circolazione "mentre
dovrebbe accendersi il turbo dell'economia privata".
È questa l'analisi proposta stasera ai rappresentanti del mondo
politico dall'economista Fulvio Mattioni nel corso
dell'incontro-dibattito organizzato da RilanciaFriuli a Palazzo
Belgrado, già sede della Provincia di Udine, e moderato dalla
giornalista Giacomina Pellizzari.
Mattioni ha centrato la sua relazione sui numeri della crisi, ma
anche sul confronto tra l'area friulana e Trieste, che vede il
capoluogo regionale in controtendenza: "La componente friulana mi
sembra particolarmente debole - ha spiegato l'economista - : nel
2019-20 il territorio dell'ex provincia di Udine ha tenuto bene,
ma si è portato dietro la forte decrescita del periodo 2008-19,
con una flessione del 13,2 per cento. Trieste invece, nello
stesso periodo, è cresciuta del 7,1. Questa economia sempre più
nana - ha concluso Mattioni - provoca il calo dei residenti e la
fuga dei giovani più qualificati. L'unica risposta è tornare a
far crescere l'economia, imitando il modello Trieste che una sua
identità l'ha tracciata".
Una proposta, quest'ultima, che non convince Piero Mauro Zanin.
"Credo che sarebbe sbagliato - ha detto il presidente del
Consiglio regionale - rincorrere Trieste che ha una vocazione
diversa, fondata sui servizi e sul turismo, mentre il Friuli si
basa da sempre sulla manifattura. Oggi il manifatturiero è in
crisi rispetto ai servizi, ma è anche vero che l'ex provincia di
Pordenone ha dimostrato da questo punto di vista una maggiore
capacità di resilienza".
Il problema dunque è più vasto, e coinvolge l'intera classe
dirigente, in particolare "la funzione che i sindacati, le
associazioni di categoria, svolgono rispetto ai propri associati:
le nostre imprese infatti sono quasi sempre piccole e non hanno
il software necessario per stare sulla frontiera della produzione
industriale. Serve un supporto, uno sforzo per aiutarle a stare
sul mercato che evidentemente a Pordenone c'è stato".
Il presidente dell'Assemblea legislativa ha poi ricordato il
lavoro svolto dalla Regione sulla prima casa, per rilanciare
l'edilizia, e sulla famiglia, per frenare il calo demografico,
così come la recente ridefinizione dei patti finanziari con lo
Stato che negli ultimi anni avevano drenato troppe risorse dal
bilancio regionale. Ricordando però che "la politica può creare
opportunità, ma è poi il tessuto economico che deve raccoglierle".
Ferruccio Saro, già senatore e assessore regionale all'Industria,
ha condiviso molte delle valutazioni di Zanin: "Il motivo della
crisi è il forte ridimensionamento del settore industriale, che
non dipende solo dalla politica ma anche dal mondo sindacale in
senso vasto, da Confindustria e Confartigianato ad esempio, che
hanno avuto difficoltà a rappresentare gli interessi delle
imprese".
Accanto a questo, Saro individua nel mancato ricambio
generazionale un altro dei limiti dell'economia friulana: "Chi ha
costruito il Friuli industriale nel dopoguerra ha finito il suo
ciclo, e gli eredi in molti casi hanno ridimensionato le
aziende". L'ex senatore ha poi definito "drammatico"
l'invecchiamento della popolazione: "In Italia nasceranno
quest'anno 400mila bambini, in Francia 1 milione: con questo
trend di natalità il sistema non può reggere".
È tornata sul confronto Friuli-Trieste invece Mariagrazia
Santoro. "Nel 2013 - ha ricordato la consigliera del Pd -
sembrava che la concorrenza di Capodistria negasse un futuro al
porto di Trieste, e invece il cambio di governance, unito a un
grande progetto industriale, ha consentito il rilancio. E la
città contemporaneamente si è ridisegnata, è diventata pedonale e
da vivere, creando un contesto favorevole agli investimenti".
"In Friuli - è l'analisi dell'esponente dem - manca oggi questo
disegno: non possiamo accontentarci di diventare retroporto e
piattaforma logistica di Trieste, dobbiamo essere luogo di
produzione industriale. E terra dell'innovazione, come intuì Illy
nel 2003 creando la fiera Innovaction a Udine".
Pur invitando "a non drammatizzare i dati" e osservando che "il
ridotto del calo del Pil ci dice che sono cresciute le
disuguaglianze", il consigliere Furio Honsell è convinto che il
problema dell'area friulana sia la frammentazione: "Siamo
sparpagliati, non siamo riusciti a diventare una città
metropolitana. E poi Innovaction non è stato più fatto dopo Illy,
mentre Friuli Innovazione è stato delegato all'Area di ricerca -
ha osservato l'esponente di Open Sinistra Fvg - . Diciamo che il
Friuli si è un po' seduto e i giovani se ne vanno perché
preferiscono un contesto più dinamico".
"I numeri della crisi non mi sorprendono - ha detto Massimo
Moretuzzo, capogruppo regionale del Patto per l'autonomia, a
conclusione del dibattito - ma ora siamo in una fase cruciale:
dobbiamo gestire risorse finanziarie importanti e serve una
visione di medio-lungo periodo". Moretuzzo suggerisce di partire
dalle indicazioni dell'Unione Europea, ovvero innovazione e
transizione ecologica, ma lo preoccupa "la capacità di impiegare
i fondi da parte del sistema delle autonomie locali.
Concretamente, i Comuni che hanno solo uno o due dipendenti non
sono in grado di fare progetti e spendere i soldi in cassa. Credo
invece che una Regione a statuto speciale debba dare risposte più
efficaci e tempestive rispetto allo Stato".
Il consigliere ha parlato anche della possibilità di "consentire
alle aziende di finanziare i tirocini" e del paradosso
dell'edilizia, "con le imprese che non riescono a trovare la
manodopera necessaria per stare al passo del boom di richieste".
ACON/FA