VAJONT 60 ANNI. PELLEGRINO (AVS): LA NATURA DOMINA IL PROFITTO
(ACON) Trieste, 9 ott - "'Diga funesta per negligenza e sete
d'oro altrui persi la vita che insepolta resta'. Questo è
scolpito sulla lapide posta presso la diga del Vajont che svetta
ancora come uno scudo grigio incastrato nella vallata e che
ricorda la tragedia del Vajont accaduta 60 anni fa con i suoi
quasi duemila morti."
Così, in una nota, la consigliera regionale di Alleanza Verdi e
Sinistra, Serena Pellegrino, presente durante la commemorazione
del 60esimo anniversario dalla tragedia del Vajont.
"Oggi finalmente è stata istituita la giornata delle vittime
delle catastrofi ambientali e industriali, ma non è sufficiente,
è necessario - continua - cancellare il delirio di onnipotenza di
coloro che hanno interessi economici e politici come coloro che
decisero di costruire una diga in una valle non idonea sotto il
profilo geologico".
"All'epoca - ricorda l'esponente di Opposizione - si cercò di
nascondere la responsabilità di quanto accaduto definendola
fatalità e disastro naturale. Non si poteva offendere il progetto
della diga più alta del mondo, un'opera di ingegneria vanto
dell'Italia nel nascente boom economico".
Pellegrino pone l'attenzione sul futuro del nostro paese: "la
diga del Vajont rimarrà per tutti un monumento di monito al
delirio di onnipotenza dell'uomo sulla natura, del profitto
perseguito senza scrupoli. Non è più ammissibile la violenza
sulla natura che produce più vittime innocenti che profitto. Le
parole dei presidenti di Regione Friuli Venezia Giulia e Veneto e
del presidente della Repubblica sono state forti e condivisibili
ma a questi pensieri devono seguire i fatti perché questa
tragedia, finora, non è servita al nostro paese".
"Vajont - prosegue la consigliera di Avs - ci stimola a dare al
nostro Paese e al nostro pianeta un futuro che non dimentichi mai
il rispetto della natura e che abbia l'onestà di riconoscere gli
errori e i crimini commessi nel nome di uno sviluppo
esclusivamente economico e della cupidigia di pochi".
"La nostra visione antropocentrica - conclude Pellegrino - è
unita ad un vero e proprio delirio di onnipotenza e crediamo
ancora di poter dominare le forze della natura, ci illudiamo che
la tecnologia possa consentirci di violentare la terra senza
conseguenze ma ormai la storia, e tutti gli eventi che si sono
susseguiti in questi sei decenni, ci insegna che un'opera può
anche essere perfetta se finalizzata a se stessa, ma devastante
nella dinamica delle leggi ecosistemiche perché queste non
perdonano".
ACON/COM/li