FINE VITA. CABIBBO (FI): NON È COMPETENZA REGIONALE, STOP A FORZATURE
(ACON) Trieste, 9 apr - "Rispetto alla proposta di legge
discussa oggi in Commissione, finalizzata a dettare norme sui
tempi e sulle modalità di erogazione del suicidio medicalmente
assistito, c'è un dato preliminare ed ineliminabile:
l'incompetenza della Regione a legiferare in materia, come
peraltro già affermato chiaramente dall'Avvocatura generale dello
Stato. I proponenti continuano a combattere una battaglia
inutile, solo ideologica e scelgono sistematicamente di ignorare
questo aspetto semplicemente dirimente".
Lo dice, in una nota, il consigliere regionale e capogruppo di
Forza Italia, Andrea Cabibbo, a margine della discussione in III
Commissione sulla proposta di legge regionale di iniziativa
popolare in tema di suicidio medicalmente assistito.
"La sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale - fa presente
Cabibbo - non riconosce alcun diritto al suicidio, ma solamente
depenalizza (in presenza di alcuni precisi requisiti e quindi in
ipotesi eccezionali) la condotta di chi aiuta medicalmente a
suicidarsi, ribadendo la centralità del diritto alla vita e
l'irrinunciabilità della sua tutela penale, anche dinnanzi alla
richiesta di morte del suo titolare".
"Legiferare su questi temi, dunque - prosegue il consigliere -,
significa intervenire sulla titolarità e sull'esercizio di
diritti fondamentali, soggetti in realtà a competenza legislativa
esclusiva dello Stato, trattandosi di norme che incidono su
aspetti essenziali dell'integrità della persona e
dell'autodeterminazione terapeutica, che devono essere trattati
in modo omogeneo in tutto il Paese".
"Questa proposta di legge - sottolinea il forzista - va oltre i
principi dettati dalla Corte Costituzionale perché parte dal
presupposto (errato) che esista un vero e proprio diritto
soggettivo a cui, quindi, dovrebbe corrispondere un obbligo per
il Servizio sanitario di dare seguito alla volontà del paziente,
senza peraltro nessuna disciplina sull'obiezione di coscienza
che, in tali casi, deve essere garantita ai medici, come impone
la Costituzione agli articoli 19, 21 e 33".
"Allo stesso tempo, non c'è alcun riferimento a cosa debba
intendersi per trattamento di sostegno vitale, né la Regione
potrebbe legiferare su tale punto per non rischiare di frazionare
la disciplina creando inammissibili disparità su base
territoriale. Nessun richiamo esplicito - continua il consigliere
della Maggioranza - nemmeno alle cure palliative, considerate un
imprescindibile pre-requisito dalla Corte Costituzionale. Questa
mancanza disattende gravemente il dovere costituzionale di
solidarietà, elemento aggregante di una comunità umana".
"Alla luce di queste considerazioni - incalza il capogruppo di
Forza Italia -, noi chiediamo alle istituzioni di porsi sempre
dalla parte della vita, anche difficile, anche complicata e
contro la morte facile e l'annullamento della dignità umana.
Scegliendo con convinzione la cura, non l'abbandono. Con
l'obiettivo di eliminare la sofferenza, ma non accelerare il
processo crepuscolare del sofferente cui, invece, la sanità
pubblica ha il dovere di garantire ogni supporto, anche
psicologico".
"La scelta tra cura e abbandono è un bivio a cui le istituzioni
non possono sfuggire e che si presenta ogni volta che si approva
una legge o che si costituisce un servizio pubblico. Se il
Servizio sanitario affermasse che di fronte a un'invalidità o una
malattia incurabile è un bene procurarsi la morte, direbbe ad
alta voce che la vita fragile non ha senso, che va abbandonata,
che va scartata. Ognuno giudichi - conclude Cabibbo - se ritenga
più umano e ragionevole ricevere per sé e per i propri cari,
anche dalle istituzioni pubbliche cura o abbandono".
ACON/COM/mv