CAPORALATO. CONVEGNO ORA: PARLANO LE ISTITUZIONI NAZIONALI E REGIONALI
(ACON) Trieste, 7 dic - In occasione del convegno nazionale sul
caporalato organizzato dall'Osservatorio regionale antimafia Fvg
sono stati numerosi gli interventi di rilievo da parte di
autorità e rappresentanti delle istituzioni.
Nell'aula del Consiglio regionale c'è stata, in primis, la
lettura del saluto di Chiara Colosimo, presidente della
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e
sulle altre associazioni criminali, anche straniere. Ricordati
storia e radici del fenomeno, Colosimo ha ricordato che "nel Nord
Italia una maggiore diffusione si registra nei territori delle
province di Cuneo e Asti in Piemonte, il Pavese e il Mantovano in
Lombardia e la provincia di Pordenone del Friuli Venezia Giulia",
mentre a livello europeo tocca "l'agricoltura in Spagna, Grecia e
Francia, ma anche la macellazione delle carni in Germania, così
come l'edilizia, la logistica e l'editoria".
La dimensione transfrontaliera del fenomeno, ha continuato, "ha
favorito sinergie fra le mafie cosiddette tradizionali e le mafie
straniere, che si sono dimostrate particolarmente attive nel
reclutamento dei lavoratori stranieri direttamente nei loro Paesi
d'origine".
Si tratta di un problema che richiede, dunque, anche nel campo
della repressione penale, "una risposta sovranazionale". La legge
penale italiana, ha ancora fatto sapere, "sembra offrire una
risposta efficace in materia, soprattutto a seguito della riforma
del 2016, e dunque potrebbe essere utilizzata come modello per
formulare norme minime a livello europeo di definizione del reato
e delle relative sanzioni per armonizzare i sistemi giuridici
degli Stati membri".
Il presidente dell'Osservatorio regionale antimafia, Enrico
Sbriglia, ha quindi letto il saluto del vicepresidente della III
Commissione Affari esteri e difesa Roberto Menia, che ha
richiamato il ruolo evidente delle "organizzazioni criminali
transnazionali che gestiscono e organizzano spostamento di
milioni di esseri umani". "Non bastano provvedimenti di sicurezza
interna e alle frontiere: serve un grande sforzo - ha commentato
il senatore - che consenta di fermare in partenza l'ondata
immigratoria attraverso il raggiungimento di condizioni che
consentano a chi parte di sviluppare un presente e futuro nella
loro terra d'origine".
L'onorevole Walter Rizzetto, presidente della XI Commissione
Lavoro pubblico e privato, nel suo focus sul caporalato si è
concentrato sul dovere di agire dello Stato in prevenzione, "non
solo di reprimere attraverso sanzioni, che è giusto". Bisogna,
secondo il parlamentare intervenuto in collegamento, "valorizzare
la rete del lavoro agricolo di qualità e incentivare l'aumento
della professionalità dei lavori attraverso la formazione".
Rizzetto ha annunciato poi che "il provvedimento arrivato in
Commissione contiene una norma per l'istituzione del sistema
informativo per la lotta del caporalato in agricoltura:
cercheremo di estenderlo in altri ambiti".
Nel suo video, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca
Ciriani, ha invece ricordato la centralità dell'impegno antimafia
del Governo e parlato del caporalato come di "una piaga, un
fenomeno molto diffuso che deve essere stroncato" e la cui
esistenza è legata "al controllo della rotta balcanica, visto che
molta immigrazione clandestina che arriva nelle nostre terre
sfugge al controllo delle istituzioni e della legalità".
Guardando al futuro, il ministro ha detto: "La nostra economia,
l'economia del Nord-Est e quella friulana in particolare, è
fortemente sana e immune da infiltrazioni mafiose o malavitose,
ma bisogna continuare a vigilare per fermare chi vuole introdurre
sistemi infami come il caporalato in Fvg. Lo dobbiamo alle
aziende della regione, soprattutto agricole, che sono oneste".
Pietro Signoriello, prefetto di Trieste, ha offerto uno spaccato
dell'attualità partendo dalla norma sul caporalato. "Il reato c'è
se è dimostrata la condizione di sfruttamento di ogni singolo
lavoratore, in quanto il bene giuridico tutelato è la dignità
della singola persona umana - ha spiegato -. Questo vuol dire che
non è affatto facile riscontrare e dimostrare la condotta che
integra la fattispecie". Il Friuli Venezia Giulia, secondo i
dati, "non ha una posizione di rilievo: salvo un procedimento
giudiziario in provincia di Gorizia, nelle altre province c'è
moltissima attività di prevenzione e contrasto, moltissimi
controlli, ma non fenomeni di caporalato ex 603 bis". Le
irregolarità registrate coinvolgono principalmente persone
provenienti da Pakistan, India, Bangladesh e riguardano il
settore agricolo, l'edilizia, la logistica, il delivery.
"In regione abbiamo un'immigrazione meno stanziale, più di
transito, che per un verso espone maggiormente al rischio dello
sfruttamento del lavoratore, per l'altro rende anche più
difficile la misura del contrasto", ha aggiunto Signoriello, che
poi ha concluso: "Non esistono evidenze di collegamenti tra
questi contesti lavorativi e forme strutturate di criminalità
organizzata. Questa è una società sana: la guardia è stata alta,
ma permarrà alta".
Ha infine richiamato l'attività dell'amministrazione regionale
Alessia Rosolen, assessore al Lavoro: "A livello nazionale
lavoriamo per la lotta alla distorsione del mercato lavoro, su
quello irregolare, sul caporalato, su quello sommerso e su tutte
le forme di sfruttamento". Il dato emerso su cui va aperto il
dibattito, secondo Rosolen, è la necessità di "costruire reti di
legalità e di sicurezza: uno riguarda ciò che avviene prima che
il fenomeno si realizzi, l'altro la via d'uscita da tenere aperta
a chi viene toccato da queste irregolarità. Sono due spazi di
azione diversa su cui dobbiamo agire. La direzione Lavoro lo fa
in modo coordinata con forze dell'ordine, Inail, Inps e
ispettorato del lavoro".
ACON/MT