CR: pdl ERDISU, i relatori di minoranza (7)
(ACON) Trieste, 20 apr - MPB - Per il relatore di minoranza
Roberto Molinaro (UDC) numerosi sono i motivi di contrarietà al
testo unificato in materia di diritto allo studio approvato dalla
competente Commissione, non avendo il lavoro di approfondimento e
di sintesi del Comitato ristretto appositamente costituito, né la
quarantina di emendamenti approvati dalla stessa Commissione,
migliorato significativamente il testo legislativo.
Tre le fondamentali occasioni mancate, per Molinaro, secondo il
quale innanzitutto non si è voluto cogliere uno dei nuovi
principi dell'organizzazione dei servizi alla persona,
immaginando erroneamente che questo fosse una privatizzazione del
servizio stesso e la sussidiarietà sociale (od orizzontale),
costituzionalmente promossa e tutelata è stata totalmente
ignorata e le previsioni relative all'apporto e alla
considerazione dei collegi (ar.32) sono peggiorative rispetto
alla legge in vigore.
Ma anche la sussidiarietà istituzionale (o verticale) è
disattesa: miope, per il consigliere, la difesa della superiorità
gerarchica del pubblico che non ha consentito di cogliere la
necessità di radicare nei diversi territori le azioni a favore
dello studio universitario coinvolgendo nelle decisioni
programmatorie e attuative i sindaci dei comuni ove hanno sede le
attività universitarie, esclusi anche dalla partecipazione al
momento programmatorio generale rappresentato dalla Conferenza
regionale e dai Consigli di amministrazione degli enti preposti.
Critico anche sull'istituzione della Conferenza regionale per il
diritto e le opportunità allo studio universitario (art.6) che
costituisce il punto di incontro tra quanti volevano un unico
ente a livello regionale e quanti difendevano il permanere di due
enti: in sostanza, per Molinaro si è ben lontani dall'anticipare
un ERDISU unico.
A fronte di una situazione che cambierà poco o nulla nella
condizione degli studenti che frequentano le sedi di livello
universitario in Friuli Venezia Giulia - conclude Molinaro -
emerge forte il sospetto che la vera finalità del progetto di
legge sia la norma transitoria (art.40) ovvero l'avvicendamento
dei Consigli di amministrazione degli Enti regionali per il
diritto allo studio di Trieste e Udine.
Il relatore di minoranza Pietro Camber (FI) si chiede
ripetutamente dove sia la riforma. E sottolinea che questa legge
non accontenta nessuno. Spariscono gli ERDISU e nascono gli
ERDOSU, ma gli enti restano sempre due; e anche nella prospettiva
di un'unica università regionale, invece di mantenere il
precedente organo di coordinamento formato dai due consigli
d'amministrazione viene istituita una Conferenza regionale dalla
quale sono esclusi gli enti locali, che avrebbero rappresentato
una vera riforma.
Camber inoltre insiste su aspetti riguardanti il presidente (cui,
non è richiesta neppure una laurea breve), il vicepresidente, i
componenti del Consiglio di amministrazione (non accessibile ai
consiglieri regionali ma agli assessori e ai dipendenti sì); il
direttore sarà imposto senza sentire il Consiglio di
amministrazione.
Solo nel capo V dedicato agli interventi si affacciano le reali
richieste, ma anche qui la norma - avverte Camber - da cogente è
divenuta facoltà, mentre rimane senza applicazione anche il
principio della sussidiarietà: i collegi universitari operanti da
oltre 20 anni, ed ospitanti circa 750 studenti, vengono trattati
alla pari dei fornitori di servizi. Persino le norme transitorie,
se non verranno corrette in Aula, sono palesemente illegittime
per il consigliere che, ricordando come siano praticamente cadute
tutte le proposte avanzate nelle audizioni con tutti gli
operatori del settore, esprime contrarietà per il testo e parla
di neocentralismo regionale.
Per il terzo relatore di minoranza Paolo Ciani (AN) gli
interventi per il diritto alo studio non devono riguardare solo
le provvidenze per gli studenti, ma anche l'insieme globale delle
attività e dei servizi che favoriscono gli studi universitari, e
ciò in base ai nuovi principi che informano le politiche
regionali, orientati verso una concezione del diritto allo studio
non ridotta a una serie di servizi materiali sussidiari alla
didattica ma aperta alla creazione di condizioni idonee per un
apprendimento specialistico e per formare competenze e
professionalità qualificate.
Per dare attuazione alle politiche del diritto allo studio
universitario è, per Ciani, necessario che la Regione e le
Università confrontino, concertino e coordinino la loro azione
sviluppando la sussidiarietà con altri soggetti pubblici e
privati. Proprio per questo la riforma del sistema regionale di
organizzazione del diritto allo studio universitario può
costituire un significativo laboratorio della sussidiarietà. Per
quanto riguarda gli interventi rivolti agli studenti, la riforma
deve liberare più risorse da destinare a quelli meritevoli, ma
privi di mezzi e offrire servizi qualitativamente migliori e più
ampi di prima.
Sulla base di queste condizioni Ciani ha ricordato il voto
contrario di AN in Commissione dichiarando che la coalizione di
Intesa Democratica anche con questa legge non fa altro che
allontanarsi dalle esigenze degli studenti in riferimento al
diritto allo studio, muovendosi nel contempo solo per creare
nuovi Consigli di amministrazione entro cui spartirsi le varie
poltrone e relegando i principali attori, cioè gli studenti, al
ruolo di comparse.
(segue)