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CR: pdl ERDISU, i relatori di minoranza (7)

20.04.2005
15:57
(ACON) Trieste, 20 apr - MPB - Per il relatore di minoranza Roberto Molinaro (UDC) numerosi sono i motivi di contrarietà al testo unificato in materia di diritto allo studio approvato dalla competente Commissione, non avendo il lavoro di approfondimento e di sintesi del Comitato ristretto appositamente costituito, né la quarantina di emendamenti approvati dalla stessa Commissione, migliorato significativamente il testo legislativo.

Tre le fondamentali occasioni mancate, per Molinaro, secondo il quale innanzitutto non si è voluto cogliere uno dei nuovi principi dell'organizzazione dei servizi alla persona, immaginando erroneamente che questo fosse una privatizzazione del servizio stesso e la sussidiarietà sociale (od orizzontale), costituzionalmente promossa e tutelata è stata totalmente ignorata e le previsioni relative all'apporto e alla considerazione dei collegi (ar.32) sono peggiorative rispetto alla legge in vigore.

Ma anche la sussidiarietà istituzionale (o verticale) è disattesa: miope, per il consigliere, la difesa della superiorità gerarchica del pubblico che non ha consentito di cogliere la necessità di radicare nei diversi territori le azioni a favore dello studio universitario coinvolgendo nelle decisioni programmatorie e attuative i sindaci dei comuni ove hanno sede le attività universitarie, esclusi anche dalla partecipazione al momento programmatorio generale rappresentato dalla Conferenza regionale e dai Consigli di amministrazione degli enti preposti.

Critico anche sull'istituzione della Conferenza regionale per il diritto e le opportunità allo studio universitario (art.6) che costituisce il punto di incontro tra quanti volevano un unico ente a livello regionale e quanti difendevano il permanere di due enti: in sostanza, per Molinaro si è ben lontani dall'anticipare un ERDISU unico.

A fronte di una situazione che cambierà poco o nulla nella condizione degli studenti che frequentano le sedi di livello universitario in Friuli Venezia Giulia - conclude Molinaro - emerge forte il sospetto che la vera finalità del progetto di legge sia la norma transitoria (art.40) ovvero l'avvicendamento dei Consigli di amministrazione degli Enti regionali per il diritto allo studio di Trieste e Udine.

Il relatore di minoranza Pietro Camber (FI) si chiede ripetutamente dove sia la riforma. E sottolinea che questa legge non accontenta nessuno. Spariscono gli ERDISU e nascono gli ERDOSU, ma gli enti restano sempre due; e anche nella prospettiva di un'unica università regionale, invece di mantenere il precedente organo di coordinamento formato dai due consigli d'amministrazione viene istituita una Conferenza regionale dalla quale sono esclusi gli enti locali, che avrebbero rappresentato una vera riforma.

Camber inoltre insiste su aspetti riguardanti il presidente (cui, non è richiesta neppure una laurea breve), il vicepresidente, i componenti del Consiglio di amministrazione (non accessibile ai consiglieri regionali ma agli assessori e ai dipendenti sì); il direttore sarà imposto senza sentire il Consiglio di amministrazione.

Solo nel capo V dedicato agli interventi si affacciano le reali richieste, ma anche qui la norma - avverte Camber - da cogente è divenuta facoltà, mentre rimane senza applicazione anche il principio della sussidiarietà: i collegi universitari operanti da oltre 20 anni, ed ospitanti circa 750 studenti, vengono trattati alla pari dei fornitori di servizi. Persino le norme transitorie, se non verranno corrette in Aula, sono palesemente illegittime per il consigliere che, ricordando come siano praticamente cadute tutte le proposte avanzate nelle audizioni con tutti gli operatori del settore, esprime contrarietà per il testo e parla di neocentralismo regionale.

Per il terzo relatore di minoranza Paolo Ciani (AN) gli interventi per il diritto alo studio non devono riguardare solo le provvidenze per gli studenti, ma anche l'insieme globale delle attività e dei servizi che favoriscono gli studi universitari, e ciò in base ai nuovi principi che informano le politiche regionali, orientati verso una concezione del diritto allo studio non ridotta a una serie di servizi materiali sussidiari alla didattica ma aperta alla creazione di condizioni idonee per un apprendimento specialistico e per formare competenze e professionalità qualificate.

Per dare attuazione alle politiche del diritto allo studio universitario è, per Ciani, necessario che la Regione e le Università confrontino, concertino e coordinino la loro azione sviluppando la sussidiarietà con altri soggetti pubblici e privati. Proprio per questo la riforma del sistema regionale di organizzazione del diritto allo studio universitario può costituire un significativo laboratorio della sussidiarietà. Per quanto riguarda gli interventi rivolti agli studenti, la riforma deve liberare più risorse da destinare a quelli meritevoli, ma privi di mezzi e offrire servizi qualitativamente migliori e più ampi di prima.

Sulla base di queste condizioni Ciani ha ricordato il voto contrario di AN in Commissione dichiarando che la coalizione di Intesa Democratica anche con questa legge non fa altro che allontanarsi dalle esigenze degli studenti in riferimento al diritto allo studio, muovendosi nel contempo solo per creare nuovi Consigli di amministrazione entro cui spartirsi le varie poltrone e relegando i principali attori, cioè gli studenti, al ruolo di comparse.

(segue)