Tutore minori Francesco Milanese su questione aborto
(ACON) Trieste, 26 nov - COM/AB - "Vi è una strumentalità
ideologica ed elettorale sulla questione dell'aborto, così
duramente emersa alle attenzioni della cronaca, che non ci
consente di guardare con la necessaria attenzione a una questione
in sé drammatica: pare che l'aborto nel nostro Paese sia un tabù
di cui non si possa parlare, o di cui farsi belli verso un certo
elettorato".
Lo afferma, in una nota, il Tutore dei minori della Regione
Friuli Venezia Giulia Francesco Milanese che aggiunge:
"Prima di aprire un dibattito sul tema, sarebbe opportuno
realizzare quella Relazione al Parlamento sullo stato di
applicazione della legge 194 che manca da quasi un decennio. Come
si può parlare di un fenomeno che non si conosce? I dati che
vengono divulgati sono sempre incompleti e parziali. Ad esempio
non si riesce a capire, ovvero a incrociare il dato sull'età
dell'interruzione di gravidanza (IVG) e quello sul ritardo della
maternità. È vero che nel nostro paese si partorisce in media a
30 anni e l'IVG si fa in media prima? Se così fosse allora l'IVG
sarebbe un metodo anticoncezionale e ciò sarebbe contrario alla
legge".
"Questo dato - aggiunge Milanese - emerge in modo evidente se si
analizzano i dati relativi all'IVG nell'area minorile. Si tratta
di dati abbastanza vecchi, ma gli unici disponibili, e si possono
tranquillamente verificare perché pubblicati dal Centro nazionale
di documentazione per l'infanzia e l'adolescenza. Tra il '94 e il
'99, in media sono 3.800 le infradiciottenni che hanno vissuto
questa esperienza, mediamente intorno ai 16 anni e mezzo. Per gli
anni successivi le tabelle parlano di donne con meno di 20 anni e
ciò non aiuta a leggere il fenomeno che riguarda le minorenni. Il
dato più sconvolgente, però, emerge dal rapporto di abortività
per le donne tra i 14 ed i 17 anni: ogni 100 parti nel 1994 vi
erano 101 IVG, nel 1995 il rapporto era 117,1 e nel 1996 era
addirittura di 135,9 IVG ogni 100 parti. Tutto ciò a fronte di un
dato che rapportato all'intera età feconda si è mantenuto oramai
costante intorno a 25/26 IVG ogni 100 parti".
"Questo numero assoluto - così ancora Milanese nella nota -
dimostra che le adolescenti utilizzano l'aborto come metodo
anticoncezionale. Se a ciò aggiungiamo il fatto che troppo spesso
questo intervento è disposto dal giudice in assenza del consenso
dei genitori o addirittura segretamente da questi, ne vien fuori
un quadro preoccupante. Il mio ragionamento non riguarda il
giudizio etico o morale sull'aborto in sé (sul quale la mia
posizione valoriale è ben nota, ma che in questo caso tengo a
distinguere dalle necessità che mi vengono dal mio ruolo
istituzionale), ma si sviluppa su un piano educativo e sociale.
Da un lato è necessario garantire alle minorenni il ricorso a
questa pratica quando essa sia liberamente scelta, ma pare di
tutta evidenza che tale libertà è abbastanza relativa se così
massicciamente si ricorre al giudice in quanto non si ritiene di
poter coinvolgere la famiglia nel sostegno educativo, morale,
affettivo alla scelta della ragazza".
"Questo aspetto mi pare lasci intravedere ancora più drammatica
la solitudine di queste ragazze, costrette a una scelta su una
questione di enorme portata senza un adeguato contesto di
preparazione. Trovo infatti assurdo che per quante indagini si
facciano sulla vita degli adolescenti pochissimo si sappia della
loro sessualità e del modo in cui essi la vivono. Se ne parla
solo in termini di allarme sociale solo per condannarne eccessi o
per correggere aspetti patologici".
"L'altra sera, nel corso di un programma televisivo, l'on.
Agnoletto e l'on. Moroni parlavano della necessità di fare
informazione sessuale nelle scuole sull'uso del preservativo per
prevenire la diffusione dell'AIDS. Certo il tema va trattato, ma
perché non riusciamo a comprendere che i ragazzi hanno bisogno di
una società adulta che sappia accompagnarli verso un esercizio
adeguato e responsabile della propria affettività e della propria
sessualità? Questo loro diritto, a mio modo di vedere dovrebbe
essere precedente a quello sull'accesso all'aborto o agli
anticoncezionali visti come presidi sanitari. O forse - conclude
Milanese - ci spaventa troppo l'idea che i nostri figli, come è
giusto che sia, vivano le loro pulsioni e scoprano il corpo e il
sesso? Potremmo ascoltarli di più e scoprirci dentro anche un po'
di amore?"