CR: delibera referendum modifiche Costituzione, relatori (4)
(ACON) Trieste, 01 feb - RC - Sono stati Antonio Martini
(Margh) e Antonio Pedicini (FI), rispettivamente presidente e
vicepresidente della V Commissione che il 12 gennaio si espresse
con favore unanime, ad illustrare la delibera con la quale il
Consiglio regionale richiederà l'indizione del referendum
popolare nei confronti della legge Costituzionale "Modifiche alla
parte seconda della Costituzione" (nota come legge sulla
devolution) approvata in seconda votazione, da Camera e Senato, a
maggioranza assoluta, ma inferiore ai due terzi, dei componenti i
due rami del Parlamento. Proprio l'esito della votazione fa sì
che il referendum possa essere richiesto, tra l'altro, da 5
Consigli regionali.
La Costituzione italiana, entrata in vigore il primo gennaio
1948, è stata modificata in modo significativo nel 1999 e nel
2001 con le leggi costituzionali numero 1 e 2 di revisione del
Titolo V della parte II riguardante Regioni, Province e Comuni -
ha così detto Martini. L'attuale riforma riguarda il Parlamento,
la forma di Governo, le competenze legislative e amministrative,
le garanzie. Il progetto inserisce, poi, tre articoli aggiuntivi
(98 bis, 127 bis e 127 ter), altri articoli modificano leggi
costituzionali o riguardano le norme transitorie. Non è stata
toccata la parte I, riguardante i diritti fondamentali e i
diritti e doveri dei cittadini.
Si tratta di una riforma importante - ha aggiunto - per
l'ampiezza delle questioni toccate, considerato che si modificano
50 degli 80 articoli che compongono la parte II della
Costituzione. Non siamo tenuti a valutare la necessità o meno di
riformarla in tali punti, ma solo decidere se aderire
all'iniziativa assunta dal Consiglio regionale della Sardegna,
diretta a richiedere l'indizione del referendum popolare a cui
possono essere sottoposte le leggi di revisione costituzionale ai
sensi dell'articolo 138 della Costituzione stessa.
Altre 7 Regioni (Campania, Lazio, Lombardia, Valle d'Aosta,
Toscana, Marche, Umbria) hanno già promosso la richiesta di
referendum e hanno proceduto alla designazione di due delegati,
uno effettivo e uno supplente. Alcuni colleghi - ha reso noto
Martini - hanno quindi sostenuto che ormai l'adesione alla
richiesta di referendum costituzionale è inutile. Questa
considerazione, al contrario, non deve esimere il nostro
Consiglio dal dibattito e dall'approfondimento che richiede
l'attuale riforma della Costituzione, per la particolare
rilevanza politico-istituzionale dei temi trattati.
L'indizione del referendum popolare - ha spiegato - potrà
coinvolgere anche i cittadini in un confronto sui contenuti della
riforma che riguarda i rapporti fra i poteri dello Stato e, di
conseguenza, anche le relazioni fra il cittadino, le sue
rappresentanze e il potere. Auspico che la proposta di
deliberazione sia accolta dall'Aula all'unanimità poiché scevra
di connotazioni politiche e unicamente diretta a dare ai
cittadini la possibilità di esprimersi in merito a questioni
fondamentali riguardanti la "res publica".
Si è messa in discussione la Costituzione non tanto sotto il
profilo dei principi fondamentali a cui si ispira la comunità
nazionale, quanto l'architettura istituzionale che di quei
principi dovrebbe essere il corpo vivo - ha affermato Pedicini
parlando poi di crollo del "blocco occidentale", di timore per la
tenuta dell'unità nazionale e di conseguente idea di federalismo.
Federalismo opposto a Centralismo, come sintesi di
autodeterminazione e libertà sia pure in un contesto nazionale -
ha detto il consigliere. Non potrà liquidarsi il fenomeno dicendo
che è stato, o tuttora è, la fantasia perversa di una minoranza.
Risulta avvilente affrontare le tematiche sottese alla proposta
di referendum oggi posta all'attenzione dell'Assemblea regionale
con la strumentalità miseranda di questa, come di una qualsiasi,
occasione di zuffa politica. Annunciata con tanto chiasso e
minacciata come una rivincita su chissà quale sopruso, questa
iniziativa referendaria è stata architettata unitamente a quella
dei parlamentari nazionali e ad una raccolta di firme (di questa,
francamente, ho smarrito la notizia).
Fra le novità in questione, si evidenzia - ha concluso - la
soppressione dell'ultimo comma dell'art. 138 ove si impediva la
consultazione referendaria nel caso le modifiche introdotte
fossero state approvate, in seconda votazione, dai due terzi di
ciascuna Camera: la soppressione in parola non risponde tanto ad
un generico ossequio alla volontà popolare, quanto ad una
conferma dell'eccezionalità nell'uso della prerogativa
legislativa da parte del Parlamento tanto da non poter in nessun
caso impedire la manifestazione con concreti effetti soppressivi
di una diversa volontà degli elettori. Queste considerazioni,
unitamente alla necessità di sgombrare il campo da questioni
strumentali, ci hanno indotto ad aderire alla richiesta di
referendum.
(segue)