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CR: delibera referendum modifiche Costituzione, relatori (4)

01.02.2006
12:54
(ACON) Trieste, 01 feb - RC - Sono stati Antonio Martini (Margh) e Antonio Pedicini (FI), rispettivamente presidente e vicepresidente della V Commissione che il 12 gennaio si espresse con favore unanime, ad illustrare la delibera con la quale il Consiglio regionale richiederà l'indizione del referendum popolare nei confronti della legge Costituzionale "Modifiche alla parte seconda della Costituzione" (nota come legge sulla devolution) approvata in seconda votazione, da Camera e Senato, a maggioranza assoluta, ma inferiore ai due terzi, dei componenti i due rami del Parlamento. Proprio l'esito della votazione fa sì che il referendum possa essere richiesto, tra l'altro, da 5 Consigli regionali.

La Costituzione italiana, entrata in vigore il primo gennaio 1948, è stata modificata in modo significativo nel 1999 e nel 2001 con le leggi costituzionali numero 1 e 2 di revisione del Titolo V della parte II riguardante Regioni, Province e Comuni - ha così detto Martini. L'attuale riforma riguarda il Parlamento, la forma di Governo, le competenze legislative e amministrative, le garanzie. Il progetto inserisce, poi, tre articoli aggiuntivi (98 bis, 127 bis e 127 ter), altri articoli modificano leggi costituzionali o riguardano le norme transitorie. Non è stata toccata la parte I, riguardante i diritti fondamentali e i diritti e doveri dei cittadini.

Si tratta di una riforma importante - ha aggiunto - per l'ampiezza delle questioni toccate, considerato che si modificano 50 degli 80 articoli che compongono la parte II della Costituzione. Non siamo tenuti a valutare la necessità o meno di riformarla in tali punti, ma solo decidere se aderire all'iniziativa assunta dal Consiglio regionale della Sardegna, diretta a richiedere l'indizione del referendum popolare a cui possono essere sottoposte le leggi di revisione costituzionale ai sensi dell'articolo 138 della Costituzione stessa.

Altre 7 Regioni (Campania, Lazio, Lombardia, Valle d'Aosta, Toscana, Marche, Umbria) hanno già promosso la richiesta di referendum e hanno proceduto alla designazione di due delegati, uno effettivo e uno supplente. Alcuni colleghi - ha reso noto Martini - hanno quindi sostenuto che ormai l'adesione alla richiesta di referendum costituzionale è inutile. Questa considerazione, al contrario, non deve esimere il nostro Consiglio dal dibattito e dall'approfondimento che richiede l'attuale riforma della Costituzione, per la particolare rilevanza politico-istituzionale dei temi trattati.

L'indizione del referendum popolare - ha spiegato - potrà coinvolgere anche i cittadini in un confronto sui contenuti della riforma che riguarda i rapporti fra i poteri dello Stato e, di conseguenza, anche le relazioni fra il cittadino, le sue rappresentanze e il potere. Auspico che la proposta di deliberazione sia accolta dall'Aula all'unanimità poiché scevra di connotazioni politiche e unicamente diretta a dare ai cittadini la possibilità di esprimersi in merito a questioni fondamentali riguardanti la "res publica".

Si è messa in discussione la Costituzione non tanto sotto il profilo dei principi fondamentali a cui si ispira la comunità nazionale, quanto l'architettura istituzionale che di quei principi dovrebbe essere il corpo vivo - ha affermato Pedicini parlando poi di crollo del "blocco occidentale", di timore per la tenuta dell'unità nazionale e di conseguente idea di federalismo.

Federalismo opposto a Centralismo, come sintesi di autodeterminazione e libertà sia pure in un contesto nazionale - ha detto il consigliere. Non potrà liquidarsi il fenomeno dicendo che è stato, o tuttora è, la fantasia perversa di una minoranza. Risulta avvilente affrontare le tematiche sottese alla proposta di referendum oggi posta all'attenzione dell'Assemblea regionale con la strumentalità miseranda di questa, come di una qualsiasi, occasione di zuffa politica. Annunciata con tanto chiasso e minacciata come una rivincita su chissà quale sopruso, questa iniziativa referendaria è stata architettata unitamente a quella dei parlamentari nazionali e ad una raccolta di firme (di questa, francamente, ho smarrito la notizia).

Fra le novità in questione, si evidenzia - ha concluso - la soppressione dell'ultimo comma dell'art. 138 ove si impediva la consultazione referendaria nel caso le modifiche introdotte fossero state approvate, in seconda votazione, dai due terzi di ciascuna Camera: la soppressione in parola non risponde tanto ad un generico ossequio alla volontà popolare, quanto ad una conferma dell'eccezionalità nell'uso della prerogativa legislativa da parte del Parlamento tanto da non poter in nessun caso impedire la manifestazione con concreti effetti soppressivi di una diversa volontà degli elettori. Queste considerazioni, unitamente alla necessità di sgombrare il campo da questioni strumentali, ci hanno indotto ad aderire alla richiesta di referendum.

(segue)