CRPO: assemblea annuale e 60° voto alle donne (2)
(ACON) Trieste, 12 mag - MPB - Lo sfondo dei ricordi personali
del periodo dalla fine delle guerra alle votazioni del '46 per il
saluto del rettore dell'Università di Trieste Domenico Romeo che,
ricordando la nascita, pochi mesi fa, del Comitato pari
opportunità in Università, ha sottolineato quanto la questione
stia coinvolgendo l'ateneo anche grazie alla collaborazione con
la Regione.
L'intento del Comitato - ha spiegato la presidente Flavia Dimora
- è di far crescere nell'università, come in tutte le
istituzioni, la cultura delle pari opportunità, una cultura che
riguarda certamente le discriminazioni di genere, ma anche altre
campi, dall'appartenenza religiosa a quella etnica e politica,
oltre che situazioni soggettive, come per esempio un handicap.
Le discriminazioni di genere sono diverse da altre forme di
discriminazione e se si pensa che le donne siano una delle tante
minoranze si prende una pericola deriva - ha avvertito Dimora
ricordando che il voto di sessant'anni fa non fu il primo in
assoluto. C'erano state le amministrative del '45 e c'erano state
le esperienze delle Zone Libere della Carnia e di Nimis ove ci fu
il tentativo di prendere decisioni anche con il contributo
delle donne. Certamente, il 1946 è una data simbolica e
fondamentale per lo sviluppo della questione femminile in Italia
- ha sottolineato ancora ricordando che le donne avevano cercato
già una affermazione in tal senso, all'inizio del XX secolo,
nello statuto Albertino riuscendo a entrare in liste elettorali.
Fu la Corte di Cassazione le 1906 a respingere l'interpretazione
a favore del voto delle donne, con argomentazioni tutte di
carattere sociologico: poca cultura, limitata capacità di
esprimersi politicamente, poca idea politica.
E sono le stesse argomentazioni usate per giustificare la
mancanza della presenza delle donne nei luoghi decisionali e
rappresentativi - ha insistito la presidente del Comitato citando
la testimonianza in una intervista a Noi Donne di Nadia Spano,
che votò nel '46. Quel voto fu definito un riconoscimento unanime
per il lavoro e il merito acquisito dalle donne nella Resistenza,
motivazione accolta dalle stesse donne, quando invece si sarebbe
dovuto affermare il diritto naturale, ovvero il diritto in sé.
Marco Dogo, del Dipartimento di storia e Storia dell'arte che è
fra i patrocinatori dell'iniziativa, ha ricordato il master di
primo livello in studi di genere. Asse portante di queste
collaborazioni è stato l'insegnamento di storia delle donne e di
genere e spicca come un elemento di attrazione: fra le sue
ragioni c'è sicuramente il vantaggio metodologico offerto di una
prospettiva che consente letture non convenzionali della storia
contemporanea e dello sviluppo dello Stato.
Dalla prima richiesta di voto femminile nel 1871, alle prime
esperienze in Nuova Zelanda e poi in Australia e Finlandia
all'inizio del '900; al modo in cui in Italia le donne
parteciparono al referendum tra monarchia e repubblica (89% le
votanti, più numerose nei paesi che nelle città e al Sud più che
al Nord); dalla funzione svolta dall'associazionismo femminile -
l'UDI (Unione Donne Italiane) e il CIF (Centro Italiano
Femminile) - alla presenza femminile nei partiti, al primo voto
delle donne a Trieste, tre anni più tardi. Il lungo percorso
storico è stato ricostruito attraverso le relazioni di Elisabetta
Vezzosi dell'Università di Trieste, di Simona Urso
dell'università di Padova e di Ariella Verrocchio dell'istituto
regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli
Venezia Giulia, con alcune testimonianze di protagoniste:
Filomena Delli Castelli eletta all'Assemblea Costituente, Augusta
De Piero Barbina già vicepresidente del Consiglio regionale del
Friuli Venezia Giulia e Paolina Lamberti Mattioli già assessore
della nostra regione.
Al termine del convegno nel programma una tavola rotonda con
donne attualmente impegnate in politica e studiose del settore e,
a seguire, l'assemblea delle Associazioni con l'illustrazione del
programma di attività della Commissione e il dibattito.
(fine)