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Consiglio regionale: restauro tomba artista friulana Tina Modotti

14.10.2006
10:59
(ACON) Trieste, 14 ott - MPB - "Perché non muore il fuoco". Nell'ultimo verso della poesia che Pablo Neruda dedicò a Tina Modotti all'indomani della sua morte, avvenuta il 5 gennaio 1942 a Città del Messico, il senso delle iniziative che a 110 anni dalla sua nascita, a Udine il 17 agosto 1896, sono state promosse e sostenute dal Consiglio regionale per ricordare e far meglio conoscere la personalità, la straordinaria esperienza artistica e la non comune vicenda umana di questa friulana, cittadina del mondo, appartenente al quel circuito internazionale della cultura che fra le due guerre entrava nelle avanguardie, e che finalmente è riscoperta e sempre più largamente considerata come una maestra della fotografia del Novecento, ma anche come una eccezionale personalità di donna, animata da forte passione politica e dai valori della solidarietà, della libertà, della democrazia che ha vissuto in prima persona, testimoniandoli attraversando molti confini, dal Messico e dagli Stati Uniti all'Europa. Una vita, la sua, in cui arte, affetti, scelte civili si proiettano in una inesauribile ricerca di libertà e che si è intrecciata con gli ideali e le esperienze di innumerevoli altri artisti, intellettuali, esuli politici, militanti con cui è stata in relazione o ha condiviso pezzi di vita, o che, anche indirettamente, l'hanno conosciuta e ammirata, dal pittore e poeta Roubaix de l'Abrie Richey al celebre fotografo Edward Weston, da Diego Rivera, David Alfaro Siqueiros, Clemente Orotzco, Frida Kahlo alla fotografa Lotte Jacobi, a Robert Capa e Gerda Taro, a Hemingway, Malraux, Antonio Machado, Rafael Alberti che, ritornato in Spagna dopo 39 anni di esilio, scrive nel 1978 la poesia "Presenza di Tina Modotti".

Iniziative, quelle del Consiglio regionale, che vanno dalla mostra "Una fragil vida" di fotografie e documenti inerenti la sua vita e la sua lezione professionale, allestita a Trieste nella sede dell'Assemblea, al DVD "Que vive Tina", e che si inseriscono in quell'impegno e in quell'attenzione che il Consiglio in questa legislatura sta dedicando alle figure di spicco del panorama culturale regionale, con particolare attenzione a quelle non più presenti - come confermano le mostre dedicate a Marcello Mascherini, e prima a Cesare Mocchiutti e ad Antonio Coceani - spesso più conosciute e apprezzate proprio fuori dai confini regionali. Interventi che nel caso della Modotti hanno riguardato anche il restauro della sua tomba, un luogo simbolo per i molti estimatori di Tina in tutto il mondo.

La poesia di Pablo Neruda unisce idealmente la città natale con quella della sepoltura. Infatti, le quartine conclusive - quelle che alludono al Friuli (Nelle vecchie cucine della tua patria, nelle strade/ polverose, qualcosa si mormora e passa,/ qualcosa torna alla fiamma del tuo adorato popolo,/ qualcosa si desta e canta.// Sono i tuoi, sorella: quelli che oggi pronunciano il tuo nome,/ quelli che da tutte le parti, dall'acqua, dalla terra, col tuo nome altri nomi tacciamo e diciamo./ Perché non muore il fuoco.) - sono incise su una stele situata accanto alla casa di Tina in via Pracchiuso e che richiama, anche nella raffigurazione del profilo della Modotti, la lapide della sua tomba nel Pantheon de Dolores di Città del Messico. (Là sono incisi i primi versi: "Tina Modotti, sorella, tu non dormi, no non dormi:/ forse il tuo cuore sente crescere la rosa/ di ieri, l'ultima rosa di ieri, la nuova rosa./ Riposa dolcemente sorella.// La nuova rosa è tua, la nuova terra è tua:/ ti sei messa una nuova veste di semente profonda/ e il tuo soave silenzio si colma di radici./ Non dormirai invano, sorella.// Puro è il tuo dolce nome, pura la tua fragile vita:/ di ape, ombra, fuoco, neve, silenzio, spuma d'acciaio, linea, polline, si è fatta la tua ferrea,/ la tua delicata struttura.")

La tomba in pietra fu ideata nel 1942 dall'architetto Hannes Meyer, disegnata dall'incisore Leopoldo Mendez e scolpita dallo scultore Martin Pineda, ma il tempo non l'ha risparmiata da un degrado che stava compromettendo irreparabilmente il monumento.

(segue)