Consiglio regionale: restauro tomba artista friulana Tina Modotti
(ACON) Trieste, 14 ott - MPB - "Perché non muore il fuoco".
Nell'ultimo verso della poesia che Pablo Neruda dedicò a Tina
Modotti all'indomani della sua morte, avvenuta il 5 gennaio 1942
a Città del Messico, il senso delle iniziative che a 110 anni
dalla sua nascita, a Udine il 17 agosto 1896, sono state promosse
e sostenute dal Consiglio regionale per ricordare e far meglio
conoscere la personalità, la straordinaria esperienza artistica e
la non comune vicenda umana di questa friulana, cittadina del
mondo, appartenente al quel circuito internazionale della cultura
che fra le due guerre entrava nelle avanguardie, e che finalmente
è riscoperta e sempre più largamente considerata come una maestra
della fotografia del Novecento, ma anche come una eccezionale
personalità di donna, animata da forte passione politica e dai
valori della solidarietà, della libertà, della democrazia che ha
vissuto in prima persona, testimoniandoli attraversando molti
confini, dal Messico e dagli Stati Uniti all'Europa. Una vita, la
sua, in cui arte, affetti, scelte civili si proiettano in una
inesauribile ricerca di libertà e che si è intrecciata con gli
ideali e le esperienze di innumerevoli altri artisti,
intellettuali, esuli politici, militanti con cui è stata in
relazione o ha condiviso pezzi di vita, o che, anche
indirettamente, l'hanno conosciuta e ammirata, dal pittore e
poeta Roubaix de l'Abrie Richey al celebre fotografo Edward
Weston, da Diego Rivera, David Alfaro Siqueiros, Clemente
Orotzco, Frida Kahlo alla fotografa Lotte Jacobi, a Robert Capa e
Gerda Taro, a Hemingway, Malraux, Antonio Machado, Rafael Alberti
che, ritornato in Spagna dopo 39 anni di esilio, scrive nel 1978
la poesia "Presenza di Tina Modotti".
Iniziative, quelle del Consiglio regionale, che vanno dalla
mostra "Una fragil vida" di fotografie e documenti inerenti la
sua vita e la sua lezione professionale, allestita a Trieste
nella sede dell'Assemblea, al DVD "Que vive Tina", e che si
inseriscono in quell'impegno e in quell'attenzione che il
Consiglio in questa legislatura sta dedicando alle figure di
spicco del panorama culturale regionale, con particolare
attenzione a quelle non più presenti - come confermano le mostre
dedicate a Marcello Mascherini, e prima a Cesare Mocchiutti e ad
Antonio Coceani - spesso più conosciute e apprezzate proprio
fuori dai confini regionali. Interventi che nel caso della
Modotti hanno riguardato anche il restauro della sua tomba, un
luogo simbolo per i molti estimatori di Tina in tutto il mondo.
La poesia di Pablo Neruda unisce idealmente la città natale con
quella della sepoltura. Infatti, le quartine conclusive - quelle
che alludono al Friuli (Nelle vecchie cucine della tua patria,
nelle strade/ polverose, qualcosa si mormora e passa,/ qualcosa
torna alla fiamma del tuo adorato popolo,/ qualcosa si desta e
canta.// Sono i tuoi, sorella: quelli che oggi pronunciano il tuo
nome,/ quelli che da tutte le parti, dall'acqua, dalla terra, col
tuo nome altri nomi tacciamo e diciamo./ Perché non muore il
fuoco.) - sono incise su una stele situata accanto alla casa di
Tina in via Pracchiuso e che richiama, anche nella raffigurazione
del profilo della Modotti, la lapide della sua tomba nel Pantheon
de Dolores di Città del Messico. (Là sono incisi i primi versi:
"Tina Modotti, sorella, tu non dormi, no non dormi:/ forse il tuo
cuore sente crescere la rosa/ di ieri, l'ultima rosa di ieri, la
nuova rosa./ Riposa dolcemente sorella.// La nuova rosa è tua, la
nuova terra è tua:/ ti sei messa una nuova veste di semente
profonda/ e il tuo soave silenzio si colma di radici./ Non
dormirai invano, sorella.// Puro è il tuo dolce nome, pura la tua
fragile vita:/ di ape, ombra, fuoco, neve, silenzio, spuma
d'acciaio, linea, polline, si è fatta la tua ferrea,/ la tua
delicata struttura.")
La tomba in pietra fu ideata nel 1942 dall'architetto Hannes
Meyer, disegnata dall'incisore Leopoldo Mendez e scolpita dallo
scultore Martin Pineda, ma il tempo non l'ha risparmiata da un
degrado che stava compromettendo irreparabilmente il monumento.
(segue)