Tutore: orfanotrofi chiusi, ma aumento di minori con disagio
(ACON) Trieste, 03 gen - COM/RC - Anno nuovo, vita nuova.
Almeno per i bambini e le bambine ospiti delle case famiglia:
così si chiamano, infatti, le strutture di accoglienza che
prendono il posto degli orfanotrofi, che la legge n.149 del 2001
manda in pensione entro dicembre 2006. Intervistato durante la
trasmissione "L'ultimo orfano" in onda su Rai3 Scienza, il Tutore
pubblico dei minori del Friuli Venezia Giulia, Francesco
Milanese, ha parlato dello stato dei lavori della legge e ha
affermato che, accanto alla chiusura degli istituti, si registra
purtroppo anche l'aumento dei minori in situazione di disagio.
Restano ancora attivi alcuni Istituti di carattere assistenziale
impostati in modo pesante, dove i minori dormono in camerate e
mangiano in mense molto grandi - ha affermato il Tutore. Tutto
questo non aiuta i bambini allontanati dalle famiglie perché si
trovano in condizioni di privazione o di incapacità dei loro
genitori, per disagio psicologico e qualche volta anche per
problemi di abuso. Se l'istituzione è totalizzante non c'è
recupero del minore, anzi il bambino può avere momenti di
regressione e svilimento.
In una casa famiglia - ha continuato Milanese - dove invece di 25
minori ne vengono inseriti al massimo 8, esiste una rete di
relazioni con persone qualificate che all'interno della comunità,
oltre a svolgere il ruolo di assistenza, interagiscono con il
bambino in modo costruttivo e finalizzato allo sviluppo e alla
crescita della soggettività di ogni piccolo ospite. I gruppi
appartamento, le comunità famiglia, l'affido familiare
corrispondono in pieno e nel modo migliore al benessere
psicofisico del minore. La legge 149 prevede la chiusura degli
orfanotrofi entro dicembre 2006, ma i minori che hanno bisogno di
essere accuditi ci sono sempre e sono in aumento. Si tratta di
modificare la tipologia di struttura pronta ad ospitare il minore
che ha la necessità di essere aiutato, e la struttura di tipo
familiare è una tipologia di intervento che corrisponde in modo
più pieno alle sue necessità.
Il collocamento presso una comunità di tipo familiare è un
intervento di tipo compensativo alla carente situazione familiare
del fanciullo, deve essere rincuorante. Si tratta di una
soluzione preferibile ai precedenti modelli di istituto - ha
concluso il Tutore - in quanto caratterizzata da un forte
carattere familiare: il numero dei minori presenti è inferiore a
quello che si poteva trovare nelle precedenti strutture
spersonalizzanti, ciò permette o dovrebbe permettere
l'instaurarsi di relazioni approfondite da un punto di vista
personale e familiare tra i minori stessi e tra loro e gli
educatori. Va comunque osservato che con la chiusura degli
istituti, la comunità di tipo familiare non deve diventare una
semplice alternativa: infatti, pur avendo un carattere di
familiarità maggiore, non sarà mai una famiglia ed è per questo
che l'inserimento in una comunità di tipo familiare si ha solo
dove non sia possibile, come previsto dall'articolo 2 comma 4
della 149, l'affidamento in una famiglia.