AN: Ritossa e Ciani su legge lingua friulana (2)
(ACON) Trieste, 05 set - COM/AB - "In Friuli - continua la nota
dei consiglieri Ritossa e Ciani - all'inizio le cose erano andate
in modo diverso per il ruolo svolto dalla Società Filologica
Friulana, che ha sempre promosso la tutela del friulano, offrendo
anche indicazioni per la progressiva standardizzazione della
lingua, però in modo naturale e senza imposizioni, nel pieno
rispetto della varietà delle effettive parlate locali. Per la sua
moderazione la Filologica è spesso stata il bersaglio delle
critiche dei gruppi friulanisti, che hanno cominciato a prendere
vigore dopo l'istituzione della Regione (1963), per i quali l'uso
pubblico del friulano doveva diventare lo strumento di un
programma politico più vasto, in una prospettiva decisamente
autonomista. Questa politicizzazione della questione linguistica
è andata avanti per oltre trent'anni, tra lunghe pause e
improvvise accelerazioni, e ha trovato un primo risultato nella
legge "per la tutela e la promozione della lingua e della cultura
friulane", la 15/1996 già citata, voluta dalla Giunta regionale
presieduta da Sergio Cecotti, alla testa di una coalizione tra
centro-sinistra e Lega Nord.
Le attuali proposte sull'insegnamento del friulano sono la
derivazione diretta della 15/1996, di cui del resto hanno
l'identica matrice politica. La 15/1996 introduce novità
importanti: sancisce l'università di Udine "sede primaria" per lo
studio della lingua, della storia e delle tradizioni friulane
(art. 7); indica varie associazioni come beneficiarie
privilegiate dei finanziamenti: accanto alla gloriosa Filologica,
per esempio, i Colonos di Villacaccia di Lestizza, la Clape di
culture Patrie dal Friul, la Glesie Furlane di ViIllanova di S.
Daniele, (art. 8). Soprattutto con la legge 15 la nostra Regione,
prima ancora della Sardegna, è intervenuta direttamente in campo
linguistico, riconoscendo le regole proposte nel 1986 dal
linguista catalano Xavier Lamuela come "grafia ufficiale" del
friulano (art. 13); allo stesso tempo vietava ogni finanziamento,
anche indiretto, ad associazioni e autori che usassero forme
diverse (art. 14).
Come in Sardegna, anche da noi l'intervento dell'autorità
regionale in materia linguistica ha suscitato vivaci polemiche,
almeno all'inizio; poi si è assistito a un progressivo adeguarsi
alle norme della legge 15 per beneficiare dei cospicui
finanziamenti messi a disposizione: magari presentando alla
Regione un testo nella grafia ufficiale e facendo invece
circolare quello scritto secondo l'uso locale (è successo nel
Goriziano).
Dopo dieci anni, in ogni modo, gli effetti della 15/1996 sono
evidenti. L'università di Udine è diventata un centro importante,
anche al livello internazionale, di studi linguistici,
soprattutto sul plurilinguismo; sono state compiute iniziative di
grande rilievo, come il "Grande dizionario bilingue
italiano-friulano". Ma si è assistito anche alla nascita di una
miriade di associazioni di assai scarso contenuto scientifico,
talvolta su posizioni estremistiche, attive tanto sulla carta
stampata che su internet, ma sempre rigorosamente in friulano
"ufficiale". In particolare circola ormai un numero notevole di
siti Internet che dichiarano di beneficiare del finanziamento
regionale, offrendo anche la versione friulano di noti sistemi
operativi come Mozilla-Firefox e Office. Particolarmente fiorente
il campo della traduzioni: Shakspeare, la recentissima "Odissea"
(2007: dopo otto anni di lavoro), e anche un telefilm della serie
Star Trek, dove i perfidi Romulani sono doppiati in triestino.
Questo però è un capolavoro e forse non è "ufficiale". Assai più
inquietante, su un sito friulanista, l'offerta di tradurre testi
in friulano per la modica cifra di 14 euro ogni cento parole,
rivolta in particolare agli enti pubblici. Così il cerchio si
chiude: si passa a pagamento dall'italiano al friulano per
beneficiare della legge che tutela il friulano.
E' questo l'indotto che sta dietro alla proposta d'introdurre
nelle scuole l'insegnamento del friulano: che magari sarà fatta
in buona fede, ma prospetta anche ulteriori cinque milioni di
euro da gestire da parte dei soliti enti e associazioni. La legge
482 ha portato con sé conseguenze che contraddicono alla sua
impostazione primaria: per una parte d'Italia essa rischia di
sostituire all'identità di Stato-nazione-lingua solo una minore
identità di Regione-(piccola) nazione-lingua. I casi della
Sardegna e del Friuli Venezia Giulia appaiono paralleli: invece
di tutelare sollevano polemiche, creano divisioni, rafforzano
posizioni estreme".
"Ecco perché - conclude la nota dei consiglieri Ritossa e Ciani -
un'amministrazione pubblica non può intervenire con leggi e
finanziamenti per attribuire a una comunicazione propria
dell'ambito familiare le funzioni di una lingua pubblica e di
"uso colto". Questo, al di là di ogni artificiosa distinzione tra
lingua e dialetto, è un processo storico che può durare secoli e,
come tutte le vicende umane, non presenta un esito certo, ma può
creare a taluni solo qualche prurito interessato".
(fine)