CR: legge sloveno, dibattito (6)
(ACON) Trieste, 27 set - DT - Per Cristiano Degano (Margh-DS)
il provvedimento è figlio della legge 38, una legge attesa da
tantissimi anni e votata dal Parlamento nel febbraio del 2001 e
che riguarda l'intera popolazione del Friuli Venezia Giulia, sia
i cittadini di lingua italiana che quelli della comunità slovena.
Ed è interesse di tutti favorire - e il provvedimento oggi in
Aula lo fa - una serena convivenza chiudendo una questione aperta
da anni. Ed è un passo, inoltre, verso quella auspicata
normalizzazione dei rapporti che smentisce, anche, il pericolo -
assolutamente infondato - di bilinguismo sul modello Alto Adige.
La legge è equilibrata, garantisce diritti e non privilegi,
tutela gli sloveni senza prevaricazioni. Dispiace che ci sia
ancora chi evoca strumentalmente questa legge agitando scenari
antistorici: se lo fa è solo per mantenere rendite di posizioni
politiche.
Igor Dolenc (DS-PD) ha ricordato alcuni dati (del 1996) relativi
alla presenza della comunità slovena nella provincia di Udine,
ramificata in 32 Comuni, che contava 24 mila persone, pari al
12,19% della popolazione. Poi Dolenc ha esortato ad andare oltre
all'appartenenza etnica, che ha marcato drammaticamente la vita
politica di questa regione, che ha segnato una memoria divisa
persino nella sensibilità dei dolori e dei soprusi degli uni
verso gli altri. La tutela, ha poi dichiarato, è l'aspettativa di
un diritto che non può e non deve essere oggetto di trattative e
scambi politici. E' un diritto e basta. Questa legge trae frutto
da un saggio uso della memoria, delle tradizioni, delle culture,
da una legislazione che prende spunto dai diritti di cittadinanza
e dal diritto alla diversità, anche linguistica. Il tema della
convivenza e della tolleranza è il tema dell'Europa unita.
Questo ddl è come se andasse a coprire un vuoto normativo, è
stato il commento di Piero Camber (FI). Invece gli sloveni,
grazie alle leggi nazionali del '99 e del 2001, sono
perfettamente inseriti nella comunità regionale. Basti pensare
all'uso della lingua, che è già riconosciuta tanto a Trieste che
a Gorizia, dove i rispettivi Comuni hanno attivato uno sportello
linguistico. Nomi e cognomi, poi, possono ritornare alle loro
origini con estrema facilità. Nulla di originale, tutto già
previsto e in vigore dalle leggi nazionali. E allora la novità di
questa legge sta nella possibilità di accedere a ulteriori
finanziamenti, che andranno, ha affermato Camber, alle
organizzazioni slovene di riferimento: vale a dire due appena.
Rispetto al rappresentante sloveno nel Corecom non risulta che ci
sia nessuno per la minoranza friulana o per quella germanofona.
Alessandra Guerra (LN) ha esordito ricordando il viaggio della
Commissione competente in Catalogna. Se è vero che la lingua
serve a comunicare un mondo, che è elemento di scambio, di
tolleranza e di integrazione, da quel viaggio abbiamo scoperto
che governi regionali e nazionali hanno fatto diventare la
politica linguistica anche un'opportunità economica. Abbiamo una
grande occasione davanti a noi, dobbiamo afferrarla tutti insieme
per diventare "Il" laboratorio europeo, linguistico ed economico.
Coniugare globalizzazione e identità estrema si può fare. Perciò
siamo soddisfatti che l'Aula si stia occupando tanto della legge
sullo sloveno che di quella sul friulano, vorremmo però che
alcuni emendamenti specifici sulla Val Resia venissero accettati:
solo così voteremo a favore della legge.
Fa piacere questo bipolarismo selettivo, ha aggiunto nel suo
intervento Carlo Monai (Citt): fa piacere, ha ripetuto, che vi
sia convergenza tra centrosinistra e Lega su questioni che
riguardano i diritti dei cittadini. Ben venga una legge che
valorizzi lo sloveno, ma al suo fianco è altrettanto giusto
considerare anche particolarità che animano il territorio del
confine. Apprezzo quindi la soluzione, un buon compromesso, della
Giunta in cui si fa riferimento alle particolari parlate e che
prevede negli emendamenti finanziamenti ai Comuni che meglio
possono valorizzare questi stessi territori.
(segue)