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CR: legge friulano, relatore minoranza Ciani (9)

23.10.2007
17:33
(ACON) Trieste, 23 ott - DT - Tre proposte e un disegno di legge, i lavori del comitato ristretto e, in Commissione, le audizioni della società civile (compresi i direttori scolastici e le organizzazioni sindacali). Per la legge di tutela della lingua friulana un iter tormentato, un percorso dibattuto per il provvedimento più controverso di questa fine legislatura, come sottolinea Paolo Ciani (AN) nella sua relazione di minoranza.

Una legge di cui il Friuli e la Regione non sentono l'esigenza, una legge di obblighi e di imposizioni, talmente dispendiosa da non riuscire a quantificarne i costi. Una legge che vuole relegare il Friuli dentro un recinto da riserva indiana soprattutto oggi che vi è l'esigenza opposta, quella dell'apertura al mondo intero.

Qualche modifica positiva rispetto al testo iniziale c'è stata: basti pensare, aggiunge Ciani, alla possibilità di derogare alla grafia ufficiale cogliendo le diverse espressioni locali anche se, annota il consigliere di AN, l'Arlef (Agenzia regionale per la lingua friulana), cioè l'unico soggetto che può proporne la modifica, già in un recente passato ha proibito qualsiasi forma di espressione locale.

Una legge, insomma, che mette in difficoltà soprattutto i Comuni: perché dovranno obbligatoriamente adeguarsi alla normativa regionale entro quattro anni, perché dovranno formulare tutti gli atti - delibere, ordinanze, bandi, gare - in italiano e in friulano, perché gli stessi vigili urbani così come le società che gestiscono i servizi per i Comuni dovranno adeguarsi. Risultato: bollette di luce, gas, acqua e rifiuti bilingui. E come se non bastasse, ci dovrà essere anche la traduzione simultanea nei consigli comunali, dovranno cambiare tutte le insegne pubbliche (municipio, biblioteca, anagrafe, ambulatorio) con l'Arlef, commenta ancora Ciani, che ha imposto una cartellonistica stradale in diversi comuni friulani che non corrisponde affatto alla reale e precisa denominazione dei luoghi o dei siti indicati.

Pertanto, AN non ci sta e dice no alle esasperazioni volute da talebani friulanisti che di fatto faranno del Friuli Venezia Giulia una regione bilingue, stile Alto Adige. Soprattutto, AN dice no a quegli oneri economici a carico dei Comuni che finiranno per essere coperti - dai cittadini - con gli aumenti di Ici e altre tasse locali.

E c'è poi il capitolo istruzione: sì a un insegnamento del friulano che rispetti la libera scelta dei genitori, no al metodo del silenzio-assenso. Indispensabile poi che la Regione favorisca in alternativa alle ore di insegnamento del friulano l'apprendimento di una lingua straniera. Viceversa, l'insegnamento veicolare del friulano (ovvero le materie insegnate in friulano, compresi l'italiano e le lingue straniere) rischia di isolare e ghettizzare gli studenti.

E poi, ancora, come si farà - e quanto costerà - a reperire tutti gli insegnanti previsti da questa legge, come si farà a gestire e a finanziare centinaia di migliaia di libri di testo con la grafia ufficiale? Quel che è certo è che già partita la corsa ad accaparrarsi i milioni di euro per fornire i libri di testo.

Il rischio, conclude Ciani, è che anziché eccellere e puntare sull'internazionalizzazione questa legge serva solo a rinchiudere in se stesso il Friuli Venezia Giulia allontanandolo dall'Europa e dal resto del mondo.

(segue)