CR: legge friulano, relatore minoranza Ciani (9)
(ACON) Trieste, 23 ott - DT - Tre proposte e un disegno di
legge, i lavori del comitato ristretto e, in Commissione, le
audizioni della società civile (compresi i direttori scolastici e
le organizzazioni sindacali). Per la legge di tutela della lingua
friulana un iter tormentato, un percorso dibattuto per il
provvedimento più controverso di questa fine legislatura, come
sottolinea Paolo Ciani (AN) nella sua relazione di minoranza.
Una legge di cui il Friuli e la Regione non sentono l'esigenza,
una legge di obblighi e di imposizioni, talmente dispendiosa da
non riuscire a quantificarne i costi. Una legge che vuole
relegare il Friuli dentro un recinto da riserva indiana
soprattutto oggi che vi è l'esigenza opposta, quella
dell'apertura al mondo intero.
Qualche modifica positiva rispetto al testo iniziale c'è stata:
basti pensare, aggiunge Ciani, alla possibilità di derogare alla
grafia ufficiale cogliendo le diverse espressioni locali anche
se, annota il consigliere di AN, l'Arlef (Agenzia regionale per
la lingua friulana), cioè l'unico soggetto che può proporne la
modifica, già in un recente passato ha proibito qualsiasi forma
di espressione locale.
Una legge, insomma, che mette in difficoltà soprattutto i Comuni:
perché dovranno obbligatoriamente adeguarsi alla normativa
regionale entro quattro anni, perché dovranno formulare tutti gli
atti - delibere, ordinanze, bandi, gare - in italiano e in
friulano, perché gli stessi vigili urbani così come le società
che gestiscono i servizi per i Comuni dovranno adeguarsi.
Risultato: bollette di luce, gas, acqua e rifiuti bilingui. E
come se non bastasse, ci dovrà essere anche la traduzione
simultanea nei consigli comunali, dovranno cambiare tutte le
insegne pubbliche (municipio, biblioteca, anagrafe, ambulatorio)
con l'Arlef, commenta ancora Ciani, che ha imposto una
cartellonistica stradale in diversi comuni friulani che non
corrisponde affatto alla reale e precisa denominazione dei luoghi
o dei siti indicati.
Pertanto, AN non ci sta e dice no alle esasperazioni volute da
talebani friulanisti che di fatto faranno del Friuli Venezia
Giulia una regione bilingue, stile Alto Adige. Soprattutto, AN
dice no a quegli oneri economici a carico dei Comuni che
finiranno per essere coperti - dai cittadini - con gli aumenti di
Ici e altre tasse locali.
E c'è poi il capitolo istruzione: sì a un insegnamento del
friulano che rispetti la libera scelta dei genitori, no al metodo
del silenzio-assenso. Indispensabile poi che la Regione favorisca
in alternativa alle ore di insegnamento del friulano
l'apprendimento di una lingua straniera. Viceversa,
l'insegnamento veicolare del friulano (ovvero le materie
insegnate in friulano, compresi l'italiano e le lingue straniere)
rischia di isolare e ghettizzare gli studenti.
E poi, ancora, come si farà - e quanto costerà - a reperire tutti
gli insegnanti previsti da questa legge, come si farà a gestire e
a finanziare centinaia di migliaia di libri di testo con la
grafia ufficiale? Quel che è certo è che già partita la corsa ad
accaparrarsi i milioni di euro per fornire i libri di testo.
Il rischio, conclude Ciani, è che anziché eccellere e puntare
sull'internazionalizzazione questa legge serva solo a rinchiudere
in se stesso il Friuli Venezia Giulia allontanandolo dall'Europa
e dal resto del mondo.
(segue)