III Comm: rapporto alcoldipendenza (1)
(ACON) Trieste, 07 nov - DT - Presentato alla III Commissione
del Consiglio regionale, presieduta da Nevio Alzetta (DS-PD), il
rapporto sull'alcoldipendenza in regione.
Ci sono voluti quattro anni, ma questa è la sintesi del primo
rapporto sullo stato dell'alcoldipendenza nel triennio 2001-2004,
in Friuli Venezia Giulia, regione in cui nel 1979 a Udine nacque
l'alcologia italiana. Un lavoro di pazienza e cesello che ha
visto il contributo delle unità operative alcologiche dei
dipartimenti delle dipendenze delle sei Aziende sanitarie, dei
Sert, delle associazioni di volontariato (Alcolisti anonimi e
Arcat, Associazione regionale club alcolisti in trattamento) e
del privato sociale, oltre che dell'Agenzia regionale della
sanità e della Direzione regionale della salute.
Il primo dato che emerge è che aumentano i consumi di alcol in
Friuli Venezia Giulia, soprattutto tra i giovani e in particolar
modo tra le donne. Si beve meno vino, più birra e, sempre tra le
donne e i ragazzi, più superalcolici e bibite mediamente
alcoliche dal gusto fruttato (gli alcolpops). Altro dato - non
certo confortante - il bere per stare in compagnia o per
insaporire un buon piatto non va più di moda: fotocopiando i
modelli tipici del Nord Europa si beve (e lo fanno in gran parte
i giovani) per sballare, un trend che peraltro si osserva in
molte altre regioni italiane.
Se il nordest italiano è la parte del Paese nella quale si
registrano i maggiori consumi - e il Friuli Venezia Giulia si
colloca in questa graduatoria dopo Veneto, Trentino Alto Adige ed
Emilia Romagna - tenendo conto dell'abitudine a bere alcol fuori
dai pasti allora la nostra regione scala la classifica e
raggiunge il primo posto (con il 13,6% della popolazione). Ogni
giorno mediamente 197 pazienti occupano posti letto nei nostri
ospedali, per un costo quotidiano di 120mila euro.
E' il vino la bibita più apprezzata da persone con problemi
alcolcorrelati (55,3%), seguito da birra (25,3%), superalcolici
(9,4) e altre bevande(9%). Ma se gli uomini scelgono il vino nel
56,2% dei casi, le donne puntano sui superalcolici (12,4 rispetto
all'8,8% dei maschi).
Una buona notizia comunque c'è ed è il forte decremento, nel
triennio preso in esame, proprio del consumo del vino: meno 8,2%
(maschi meno 8,8 e femmine meno 11,3%). Tendenza inversa invece
per quanto riguarda la birra: più 3.3% (maschi più 1,5 e femmine
più 3,7). Stazionari i superalcolici, ma non per le donne, netta
diminuzione degli aperitivi, aumento invece del 5-7% di altre
sostanze alcoliche come gli alcolpops: queste bevande dal colore
accattivante e dal gusto dolce e fruttato sono particolarmente
gradite all'universo femminile e in genere ai giovani, poco
attratti dai gusti più amari e decisi di vino e birra. Altro dato
preoccupante: non c'è tossicodipendente che non associ sostanze
illecite all'alcol.
A fronte di ciò, esiste una fitta rete di servizi pubblici (17
ospedali e 6 servizi di alcologia) e privati (358 realtà
associative) che si muovono per contrastare il fenomeno. Se
l'impegno appare notevole, non lo è di meno il numero delle
persone che ne sono coinvolte: gli utenti nuovi dei servizi di
alcologia nel solo 2004 sono stati 2.256 (nel triennio si parla
di 13.636 persone di cui 11.259 uomini e 2.377 donne) con un
aumento dei casi di oltre l'8% all'anno mentre i privati hanno in
trattamento circa 5.000 persone.
Risulta evidente, poi, come il numero degli alcoldipendenti
cresca con l'aumentare dell'età: 144 gli utenti in cura nel
triennio sotto i 19 anni, 1.756 fino ai 29, 2.620 fini ai 39,
3.433 fino ai 49, 3.497 fino ai 59, 2.189 oltre i 60 anni. E poi,
ancora: sul totale di 13.636 utenti dei servizi di alcologia
delle Ass, il 65% di loro era nuovo (non aveva cioè mai fruito di
tali servizi) mentre il 35% erano utenti rientrati, persone
quindi che dopo aver iniziato un percorso di riabilitazione lo
avevano abbandonato per poi rientrarvi.
Come sono stati curati? I trattamenti più frequenti sono stati il
counseling (o consulenza) per il 26% dei casi, i trattamenti
ambulatoriali (25%) e quelli di gruppo (14%), l'inserimento in
gruppi di auto-aiuto (14%) e i ricoveri ospedalieri (9.5%). Di
minor impatto le altre attività socio-riabilitative (8%), le
psicoterapie individuali o familiari (1,5%) e l'inserimento in
comunità (0,5%).
Ma di alcol si può anche morire: in regione, in tre anni sono
decedute 5.964 persone. In particolare, nel solo 2003, a Trieste
e provincia il tasso di mortalità è di quasi il doppio - 553 casi
- rispetto a quello calcolato nelle altre Ass della regione (138
morti a Gorizia, 85 nell'Alto Friuli, 384 nel Medio Friuli, 100
nella Bassa Friulana e 290 a Pordenone e nel Friuli occidentale).
E a morire, a Trieste, sono soprattutto le donne ultraottantenni.
La solitudine di una città, così come l'isolamento di un paesino
di montagna (significativi, infatti, i dati dell'Alto Friuli)
possono portare all'uso eccessivo di alcol: anni di vita persi,
anni soprattutto di disabilità psicofisica e sociale.
Infine, l'allarme-incidenti stradali: in questo caso i problemi
alcolcorrelati costituiscono la prima causa di morte dei giovani
tra i 18 e i 25 anni. Nei fine settimana del 2004 si sono
verificati 6.488 incidenti e sono decedute 358 persone: almeno
100 hanno perso la vita per cause correlate all'uso di alcol e il
rischio di morte viene triplicato quando gli incidenti si
verificano sul territorio dell'Alto Friuli.
(immagini alle tv)
(segue)