Corecom: media e politica, gli interventi al convegno (2)
(ACON) Trieste, 03 dic - MPB - In un tempo di "bulimia
mediatica", secondo la definizione del presidente del Corecom
Franco Del Campo, in cui si vorrebbe prolungare all'infinito la
visibilità pubblica, parlare di comunicazione significa - ha
affermato Giuseppe Battelli, preside della facoltà di Scienze
della formazione - coniugare ricerca e didattica con le
problematiche e le aspettative della società attuale e incidere
nella formazione delle classi dirigenti del territorio. Perché
c'è il rischio che l'informazione si trasformi in propaganda e
che questa, più o meno velata, venga data per implicita e
scontata: quindi occorre offrire ai giovani anche strumenti
critici.
La riflessione ha visto susseguirsi gli interventi di Andrea
Romano, editorialista de la Stampa e docente di storia
contemporanea, che ha parlato del rapporto comunicazione e
politica nel mondo anglosassone, di tre politici - il senatore
forzista Roberto Antonione, il deputato di AN Roberto Menia e
l'onorevole del Partito democratico Gianni Cuperlo - e del
presidente di SWG Roberto Weber, moderati da Sergio Baraldi,
direttore del quotidiano "Il Piccolo", per il quale esiste una
crisi della politica, poiché essa si è indebolita, ma non per
causa dei media. Negli ultimi dieci anni il sistema politico è
crollato sotto i colpi della corruzione e questo non è imputabile
ai media - ha detto Barlandi indicando che c'è una politica
debole che cerca di recuperare potere influenzando giornali e tv.
Occorre una azione collettiva di responsabilità e i giornali
hanno un ruolo importante nella crescita politica degli italiani,
ha affermato Weber, mentre Menia, secondo il quale la politica
non è secondaria rispetto a quello che dicono i media, ha
sottolineato che se la stampa deve essere di garanzia rispetto ai
poteri forti occorre chiedesi quanto di essi sia emanazione. La
politica si indebolisce quando non sa dare risposte, quando si
mescola alla comunicazione, ha concluso il deputato di Alleanza
Nazionale considerando la televisione meno contaminante proprio
per la velocità del passaggio dei messaggi, mentre i giornali
possono far riflettere.
In sintonia con lui Cuperlo che, ricordando il caso del gruppo
editoriale Caracciolo che con il quotidiano la Repubblica
contribuì a sostenere nel 2001 Rutelli rispetto ad Amato alla
guida del Governo, ha sottolineato come il rapporto media e
politica non sempre sia filtrato attraverso l'ufficialità.
Entrambe però devono essere finalizzate alla lettura del tempo e
se la politica riversa sulla comunicazione le responsabilità
imbocca una scorciatoia che non paga.
Per Antonione, infine, la politica oggi è tutto fuorché forte e
vive una debolezza ormai strutturale e scaricare le
responsabilità sulla comunicazione è la cosa più sbagliata che si
possa fare. Non voglio assolvere il mondo dell'informazione, ma
occorre aprire una riflessione generale perché nella nostra
società prevalgono gli interessi particolari. Quanto alla
situazione italiana, da tutti considerata anomala per la presenza
nel sistema della comunicazione di una grande azienda privata,
per Antonione il vero pericolo è quando non si sa veramente chi
sta dietro all'informazione. Ciò che serve è la trasparenza.
(fine)