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V Comm: federalismo fiscale, assessori Savino e Seganti (2)

10.02.2010
14:23
(ACON) Trieste, 10 feb - DT - Delle compartecipazioni IRPEF ha parlato l'assessore alle Finanze Sandra Savino. Proprio ieri - ha dichiarato - abbiamo chiuso a Roma il tavolo con il ministero dell'Economia, manca soltanto la firma Stato-Regione sul documento d'intesa che giungerà entro qualche settimana.

E' stato uno sforzo notevole - ha sottolineato - perché è scarsa la capacità di interloquire tra enti (Regioni-Stato e Regioni-Regioni), quindi è difficile sviluppare un progetto omogeneo sul federalismo fiscale tenendo anche presente che i dati sulle dichiarazioni IRPEF sono fermi al 2007 (mancano quindi dati e numeri aggiornati), che la stessa IRPEF comprende redditi da pensione, da lavoro e da altri redditi che vanno scorporati, e che a livello nazionale sono 122 gli enti che erogano pensioni.

A ogni modo, in questo tavolo abbiamo individuato il metodo per quantificare gli importi che vanno al Friuli Venezia Giulia, ci sarà un acconto (a fine 2010) e un saldo su una cifra che si aggira sui 450 milioni di euro. E questa è una partita chiusa.

Sul fronte federalismo fiscale invece - ha aggiunto - è un'occasione storica certo, ma dobbiamo essere chiari su cosa vogliamo ottenere e in questo senso quanto ottenuto dal Trentino Alto Adige ha poco a che fare con noi. Per numero di abitanti, per bilancio, per compartecipazioni dallo Stato, pari a un miliardo e 176 milioni di euro. Il nostro principio non deve essere il riscosso, ma il per cento sul prodotto (e in questo senso basterebbe soltanto una modifica allo Statuto con legge ordinaria): ci sono categorie di lavoratori che usufruiscono di servizi in regione, come gli statali, i cui sostituti d'imposta non tornano in Friuli Venezia Giulia. Stiamo predisponendo delle ipotesi da sottoporre al Governo, dovremo comunque pensare a contropartite che dovranno essere valutate dalla Commissione paritetica. Pertanto, stiamo pensando alla scuola (22 mila addetti), ai giudici di pace, all'Agenzia delle entrate, all'Ispettorato del lavoro, al catasto, alla Sovrintendenza. Dobbiamo però quantificare i costi del trasferimento di tutte queste funzioni.

In merito alla partecipazione al Fondo di perequazione per la finanza pubblica, c'è la necessità di armonizzare i metodi di contabilizzazione dei bilanci delle Regioni per avere parametri omogenei su tutto il territorio nazionale e passare così dai costi storici ai costi standard. Infine, ha concluso la Savino, esiste una bozza sul federalismo demaniale, anche se non sono ancora i chiari i passaggi di proprietà.

Per quanto concerne le Autonomie locali ne abbiamo fotografato la situazione evidenziando punti di forza e di debolezza, ha poi spiegato l'assessore competente Federica Seganti. Secondo i dati del 2007, su 218 Comuni sono 91 quelli montani, 16 i parzialmente montani, 111 i collinari e di pianura, 47 hanno meno di 1000 abitanti, 82 sono tra i 1000 e i 3000, 28 tra i 3 e i 5000. Quindi, 157 Comuni hanno meno di 5 mila abitanti. Altro dato: i municipi hanno sempre meno autonomia finanziaria e sempre più dipendono dai finanziamenti regionali con una spesa amministrativa, di gestione e controllo (che non produce quindi servizi) in costante aumento. I dati del 2005, 2006 e 2007 dicono che i Comuni sotto i mille abitanti assorbono il 55% delle risorse esclusivamente per mantenersi, con un incremento del 10% dal 2005 al 2007; sotto i tremila la percentuale è del 45% (con un più 13%); tra 3 e i 5 mila abitanti la percentuale scende al 40% delle risorse (+10%), oltre i 5 mila non ci sono incrementi di costi.

A pesare sui bilanci, ha spiegato la Seganti, sono soprattutto i costi per i mutui, pertanto la capacità di gestione delle risorse libera è estremamente bassa. Considerando che il 2010 e 2011 porteranno a una contrazione significativa delle entrate, i Comuni più piccoli saranno bravi se copriranno le spese fisse, non un euro per gli investimenti o per le spese impreviste. Per questo l'obiettivo è l'adeguatezza organizzativa dei Comuni per mantenere l'equilibrio finanziario.

Sono tre, quindi, gli obiettivi della riforma degli enti locali: il mantenimento del ruolo istituzionale dei Comuni, specie quelli piccoli, dove sindaco e consiglieri devono continuare a rimanere il punto di riferimento per la comunità; la razionalizzazione delle strutture amministrative (con l'unione dei Comuni e la definizione di una pianta organica unica); il mantenimento e possibilmente il miglioramento della qualità dei servizi ai cittadini.

Occorre pertanto definire un modello unico di riforma, ma con standard diversificati vista la conformazione geomorfologica e la dimensione abitativa dei Comuni della nostra regione, perché la montagna ha necessità organizzative diverse rispetto alla pianura. Su questo processo, ha concluso la Seganti, continuerà il coinvolgimento dei sindaci; entro marzo sarà pronto il disegno di legge della Giunta, nel giro di un anno porteremo a compimento la riforma.

(segue)