V Comm: federalismo fiscale, assessori Savino e Seganti (2)
(ACON) Trieste, 10 feb - DT - Delle compartecipazioni IRPEF ha
parlato l'assessore alle Finanze Sandra Savino. Proprio ieri - ha
dichiarato - abbiamo chiuso a Roma il tavolo con il ministero
dell'Economia, manca soltanto la firma Stato-Regione sul
documento d'intesa che giungerà entro qualche settimana.
E' stato uno sforzo notevole - ha sottolineato - perché è scarsa
la capacità di interloquire tra enti (Regioni-Stato e
Regioni-Regioni), quindi è difficile sviluppare un progetto
omogeneo sul federalismo fiscale tenendo anche presente che i
dati sulle dichiarazioni IRPEF sono fermi al 2007 (mancano quindi
dati e numeri aggiornati), che la stessa IRPEF comprende redditi
da pensione, da lavoro e da altri redditi che vanno scorporati, e
che a livello nazionale sono 122 gli enti che erogano pensioni.
A ogni modo, in questo tavolo abbiamo individuato il metodo per
quantificare gli importi che vanno al Friuli Venezia Giulia, ci
sarà un acconto (a fine 2010) e un saldo su una cifra che si
aggira sui 450 milioni di euro. E questa è una partita chiusa.
Sul fronte federalismo fiscale invece - ha aggiunto - è
un'occasione storica certo, ma dobbiamo essere chiari su cosa
vogliamo ottenere e in questo senso quanto ottenuto dal Trentino
Alto Adige ha poco a che fare con noi. Per numero di abitanti,
per bilancio, per compartecipazioni dallo Stato, pari a un
miliardo e 176 milioni di euro. Il nostro principio non deve
essere il riscosso, ma il per cento sul prodotto (e in questo
senso basterebbe soltanto una modifica allo Statuto con legge
ordinaria): ci sono categorie di lavoratori che usufruiscono di
servizi in regione, come gli statali, i cui sostituti d'imposta
non tornano in Friuli Venezia Giulia. Stiamo predisponendo delle
ipotesi da sottoporre al Governo, dovremo comunque pensare a
contropartite che dovranno essere valutate dalla Commissione
paritetica. Pertanto, stiamo pensando alla scuola (22 mila
addetti), ai giudici di pace, all'Agenzia delle entrate,
all'Ispettorato del lavoro, al catasto, alla Sovrintendenza.
Dobbiamo però quantificare i costi del trasferimento di tutte
queste funzioni.
In merito alla partecipazione al Fondo di perequazione per la
finanza pubblica, c'è la necessità di armonizzare i metodi di
contabilizzazione dei bilanci delle Regioni per avere parametri
omogenei su tutto il territorio nazionale e passare così dai
costi storici ai costi standard. Infine, ha concluso la Savino,
esiste una bozza sul federalismo demaniale, anche se non sono
ancora i chiari i passaggi di proprietà.
Per quanto concerne le Autonomie locali ne abbiamo fotografato la
situazione evidenziando punti di forza e di debolezza, ha poi
spiegato l'assessore competente Federica Seganti. Secondo i dati
del 2007, su 218 Comuni sono 91 quelli montani, 16 i parzialmente
montani, 111 i collinari e di pianura, 47 hanno meno di 1000
abitanti, 82 sono tra i 1000 e i 3000, 28 tra i 3 e i 5000.
Quindi, 157 Comuni hanno meno di 5 mila abitanti. Altro dato: i
municipi hanno sempre meno autonomia finanziaria e sempre più
dipendono dai finanziamenti regionali con una spesa
amministrativa, di gestione e controllo (che non produce quindi
servizi) in costante aumento. I dati del 2005, 2006 e 2007 dicono
che i Comuni sotto i mille abitanti assorbono il 55% delle
risorse esclusivamente per mantenersi, con un incremento del 10%
dal 2005 al 2007; sotto i tremila la percentuale è del 45% (con
un più 13%); tra 3 e i 5 mila abitanti la percentuale scende al
40% delle risorse (+10%), oltre i 5 mila non ci sono incrementi
di costi.
A pesare sui bilanci, ha spiegato la Seganti, sono soprattutto i
costi per i mutui, pertanto la capacità di gestione delle risorse
libera è estremamente bassa. Considerando che il 2010 e 2011
porteranno a una contrazione significativa delle entrate, i
Comuni più piccoli saranno bravi se copriranno le spese fisse,
non un euro per gli investimenti o per le spese impreviste. Per
questo l'obiettivo è l'adeguatezza organizzativa dei Comuni per
mantenere l'equilibrio finanziario.
Sono tre, quindi, gli obiettivi della riforma degli enti locali:
il mantenimento del ruolo istituzionale dei Comuni, specie quelli
piccoli, dove sindaco e consiglieri devono continuare a rimanere
il punto di riferimento per la comunità; la razionalizzazione
delle strutture amministrative (con l'unione dei Comuni e la
definizione di una pianta organica unica); il mantenimento e
possibilmente il miglioramento della qualità dei servizi ai
cittadini.
Occorre pertanto definire un modello unico di riforma, ma con
standard diversificati vista la conformazione geomorfologica e la
dimensione abitativa dei Comuni della nostra regione, perché la
montagna ha necessità organizzative diverse rispetto alla
pianura. Su questo processo, ha concluso la Seganti, continuerà
il coinvolgimento dei sindaci; entro marzo sarà pronto il disegno
di legge della Giunta, nel giro di un anno porteremo a compimento
la riforma.
(segue)