PD: Menis, commissari straordinari, l'esercito dei 10mila
(ACON) Trieste, 15 mar - COM/AB - L'ultimo, in ordine di tempo,
si ritroverà per le mani la possibilità di decidere come
impiegare qualcosa come 50 milioni di euro e il potere di
scegliere il destino del Tagliamento. Ed è solo una goccia nel
fiume, anzi nell'oceano, degli arruolati in un esercito che
sembra non avere confini: quello dei commissari straordinari. Per
scoprire chi sono e cosa fanno tutti i suoi colleghi sparsi per
la Penisola, bisogna lavorare un po' di fantasia. Quanti siano,
esattamente, è difficile dirlo ma, in tutto il Paese, si parla di
oltre 10mila persone, un vero e proprio "braccio dello Stato".
La denuncia è di Paolo Menis, consigliere regionale del PD, che
aggiunge.
Per lo più nati per la gestione di emergenze ambientali e
naturali o specifiche calamità, dalla loro istituzione formale
avvenuta con la legge 400 del 1988, sono stati chiamati a fare
praticamente di tutto: risanare aziende in crisi, pianificare
opere pubbliche particolarmente controverse, organizzare grandi
eventi. Ma quanto costa questo esercito e soprattutto che cosa
produce è ancora più difficile da dire.
Se, infatti, la logica vorrebbe fossero, di fatto, dei tecnici,
dei soggetti attuatori più che decisori (per quello dovrebbero
esserci i politici) e soprattutto temporanei, la realtà è spesso
ben diversa. Addirittura spesso si arriva al paradosso di
nominare come commissario la persona che, in base al suo ruolo
originario, avrebbe dovuto occuparsi del problema con l'assurdo
risultato di incaricare qualcuno di intervenire per risolvere
emergenze che ha creato lui stesso.
L'emergenza, si sa, è un concetto difficile da definire e ancora
di più da dimenticare, specie se la sua presenza può far venir
meno molti dei vincoli e delle regole che spesso incontrano nel
gestire problemi complessi.
L'eccezionalità della situazione con cui vengono invocati spesso
giustifica il prolungamento degli incarichi originari e rende
piuttosto complesso far emergere con chiarezza i veri risultati
che il commissario sta portando a casa. Il ragionamento di fondo
è molto simile a quello fatto per la Protezione civile. Un Paese
che si abitua a ragionare in deroga alle regole che esso stesso
si è dato, ai suoi controlli e alle sue garanzie, è un Paese
malato. Con la differenza che in questo caso, non essendoci un
apparato di riferimento, ma tanti centri di potere diversi, è più
difficile avere un panorama completo del fenomeno.
A uscire ancora una volta sconfitti sono i cittadini e la dignità
della classe politica che dovrebbe governarli. I contribuenti,
prima di tutto, che si ritrovano a dover pagare i salatissimi
conti di questo esercito di supereroi che spesso fagocitano un
mare di risorse pubbliche. La Corte dei conti, che qualche hanno
fa aveva cercato di fare luce sulla questione, ha appurato che
normalmente un commissario guadagna, in media, dal 40% al 60% in
più rispetto a un normale stipendio. Un esempio per tutti, il
super commissario per la TAV, che ogni anno si porta a casa la
rispettabile somma di 146mila euro lordi.
Ma a perdere la partita della credibilità è anche, e soprattutto,
la classe politica, ridotta a fare i conti con la propria
incapacità, costretta a dover delegare ad altri quello che non è
più in grado di fare. Eletta e pagata profumatamente per decidere
che preferisce invece scaricare le proprie responsabilità alla
prima difficoltà, far scegliere qualcun altro in modo da non
dover sopportare le responsabilità che questo comporta, venendo
così meno al suo primo compito che è quello di ascoltare e fare
sintesi di interessi diversi e particolari per raggiungerne uno
comune e universale.
Un mondo, quello politico, che sfugge a se stesso, assuefatto a
vivere le regole del suo funzionamento come un ostacolo, il
confronto come un rallentamento, la critica come un attacco
personale. Un sistema compromesso, che di fronte all'inefficienza
e all'eccessiva lentezza di alcuni passaggi del suo funzionamento
non si attiva per modificarli, ma si preoccupa solo di superarli,
aggirando il problema senza risolverlo nella continua ricerca di
una via di fuga dai suoi compiti e dalle sue responsabilità.