PD: Menis, riforma scolastica meramente economica
(ACON) Trieste, 19 mar - COM/AB - Mancano ormai meno di dieci
giorni alla scadenza dei termini per le iscrizioni alle scuole
superiori e ancora regna il caos sull'applicazione della riforma
Gelmini. Anche nella nostra Regione la situazione è molto grave -
commenta Paolo Menis, consigliere del PD e membro della
Commissione istruzione - con le scuole che stanno cercando di
correre ai ripari riorganizzando i loro indirizzi secondo le
indicazioni del ministero, ma non è solo questo il punto critico
di una pseudo-riforma che rischia di riportare indietro tutto il
sistema scolastico.
Sono almeno tre i gravi errori presenti nel disegno di riforma
che espongono il sistema a un pericoloso arretramento con pesanti
impatti anche dal punto di vista sociale.
Il primo errore riguarda la ridefinizione degli indirizzi. Se è
condivisibile che l'attuale situazione, con quasi 500 diverse
sperimentazioni, fosse frutto di una deformazione dell'autonomia
scolastica una riduzione così drastica - resteranno, infatti,
solo 6 licei - rischia di portare più danni che benefici. Questo
comporterà - spiega Menis - una forte caratterizzazione e
differenziazione dei percorsi didattici che rischia di rendere,
di fatto, molto difficile il passaggio tra un indirizzo e
l'altro. La questione non è di poco conto se si considera che un
ragazzino è chiamato a una scelta del genere a soli 13 anni.
Meglio sarebbe prevedere un biennio comune a tutti gli indirizzi
così da rendere possibile, almeno all'inizio, questo tipo di
scambio, percorso comunque complicato, ma di certo preferibile
all'abbandono scolastico. Detto in un altro modo, la realtà che
si configura è quella tradizionale dei tre comparti stagni: i
licei con formazione umanistica per le professioni liberali, la
formazione tecnica con alcuni fondamenti scientifici per i quadri
intermedi, gli istituti professionali con poca cultura generale e
scientifica orientati al lavoro esecutivo. Mentre è accertato, e
richiesto anche dalla Confindustria, che sempre più in un Paese
manifatturiero come l'Italia, sono necessarie per tutti
competenze di base e trasversali alte e complesse per potersi
misurare con il lavoro che cambia, con la riqualificazione,
l'aggiornamento permanente.
Altro punto critico è il cambio del rapporto alunni/classe,
destinato a passare da 0,2 a 0,4 nei prossimi tre anni. Sui
giornali si sbandiera la linea del rigore a suon di cinque in
condotta, ma all'atto pratico gli interventi messi in campo vanno
proprio nella direzione opposta, quella di creare classi più
numerose, più difficili da controllare e con meno tempo educativo
da dare agli studenti.
In qualche modo collegata al problema delle classi numerose è
l'altra lacuna della riforma, quella degli interventi
sull'edilizia scolastica. Dopo i tanti proclami che seguono le
diverse tragedie, siamo ancora in attesa di veder approvata
l'Anagrafe dell'edilizia scolastica, che dovrebbe mappare lo
stato di salute degli edifici scolastici e programmare i relativi
interventi. Invece, nel silenzio generale, la sua predisposizione
è stata rinviata per l'ennesima volta con il recente decreto
mille proroghe licenziato dal Governo. Questa era una priorità
bi-partisan, veramente a favore delle famiglie, che una riforma
che pretenda di definirsi tale non doveva ignorare.
In definitiva - conclude Menis - anche questa riforma appare
l'ennesimo intervento settoriale, motivato più da fattori di
natura economica che da un serio percorso di analisi delle
criticità del settore, seguito da un confronto con le parti
interessate e una successiva individuazione delle priorità su cui
investire. A mancare sembra che sia proprio l'idea di come si fa
e come si gestisce una riforma.